A cura di Claudio Costantino e Gabriella Galioto
Il diffondersi del Covid-19 ha imposto l’adozione di misure di contenimento del virus e di tutela della salute pubblica, finalizzate altresì a mitigare gli effetti dirompenti che l’epidemia sta producendo sul sistema socio-economico del Paese.
Con l’ultimo dei provvedimenti d’urgenza (preceduti da una serie di D.P.C.M. che hanno messo a dura prova la gerarchia delle fonti del diritto), il D.L. 17 marzo 2020, n. 18, pubblicato nella G.U.R.I. n. 70, recante “misure di potenziamento del servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19” (“DL Cura Italia”), il Governo ha adottato, inter alia, una serie di disposizioni volte a regolamentare, nel periodo di crisi, i procedimenti amministrativi pendenti presso le pubbliche amministrazioni (“P.A.”).
In particolare, l’articolo 103, comma 1, DL Cura Italia, ha disposto che, ai fini del computo dei termini ordinatori, perentori, propedeutici, endoprocedimentali, finali ed esecutivi, relativi allo svolgimento dei procedimenti amministrativi, sia su istanza di parte che d’ufficio, non si tiene conto del periodo intercorrente tra il 23 febbraio 2020 ed il 15 aprile 2020, stabilendo altresì che, per il tempo corrispondente, i termini di formazione della volontà delle P.A. sono prorogati o differiti.
Di certo, la norma trova applicazione in relazione ai procedimenti amministrativi stricto sensu intesi, ovvero quelli di cui alla Legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi). Tuttavia, per come è stato scritto il citato articolo 103, non è chiaro se la sospensione coinvolga anche i diversi termini che scandiscono una procedura di gara – quale procedimento amministrativo (rectius, procedura ad evidenza pubblica) – ed i relativi subprocedimenti: dai termini dilatori minimi previsti per la presentazione delle offerte, al soccorso istruttorio, alla verifica dell’anomalia dell’offerta, alla comprova del possesso dei requisiti, al termine minimo da rispettare prima di stipulare il contratto con l’aggiudicatario, etc.
La norma esaminata, infatti, non ha espressamente contemplato le procedure di gara – finalizzate alla formazione della volontà negoziale della P.A. – tra le deroghe indicate nei commi 3 e 4 dell’articolo 103, DL Cura Italia, ingenerando conseguentemente una serie di dubbi in ordine all’intervenuta o meno sospensione ope legis dei diversi termini che scandiscono le procedure ad evidenza pubblica (comprese, paradossalmente, le procedure negoziate previste dall’articolo 72, comma 2 e dall’articolo 75, DL Cura Italia, annoverabili tra i procedimenti amministrativi).
L’“emergenziale” fretta con cui è stata adottata la norma si riflette, altresì, sulla relazione illustrativa al DL Cura Italia del 17 marzo 2020, che non fornisce alcuna indicazione sulla relativa interpretazione, ma si limita a giustificarne l’introduzione “al fine di evitare che la P.A., nel periodo di riorganizzazione dell’attività lavorativa in ragione dello stato emergenziale, incorra in eventuali ritardi o nel formarsi del silenzio significativo”.
La conseguenza di quanto sopra è l’incertezza amministrativa, tant’è vero che, dall’analisi di oltre duecento avvisi di rettifica pubblicati la scorsa settimana nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, finalizzati, inter alia, alla modifica dei termini di ricezione delle offerte, numerose stazioni appaltanti hanno proceduto alla sospensione o alla proroga delle attività di gara, sia motu proprio – fondando la propria manifestazione di volontà sulla base delle misure restrittive di cui all’articolo 103, DL Cura Italia – sia recependo le istanze e le richieste avanzate dagli operatori economici.
Tante altre stazioni appaltanti, di contro, colte di sorpresa dalla non chiara disposizione normativa, stanno proseguendo le attività di gara senza sospendere e/o prorogare alcun termine.
Così, dopo lo “Sblocca-Cantieri” (D.L. 18 aprile 2019, n. 32, convertito con Legge 14 giugno 2019, n. 55) ed il successivo “Blocca-Cantieri” (Covid-19), si rischia di paralizzare oltremodo l’azione amministrativa mediante una norma che si prefigge di compensare eventuali ritardi della P.A., con un effetto forse eccessivo, tenuto conto che ormai da tempo (i.e., dal 16 ottobre 2018), le gare pubbliche devono essere celebrate tramite l’utilizzo di sistemi telematici (cfr. articolo 58, D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, “Codice Appalti”).
Dunque, nel silenzio della legge ed in assenza di specifiche indicazioni da parte delle autorità competenti nel chiarire se sussista un obbligo o una facoltà da parte delle P.A. di sospendere i termini dei procedimenti relativi alle pubbliche competizioni, le stazioni appaltanti si trovano a dover bilanciare l’esigenza di garantire lo svolgimento delle gare pubbliche ed, al tempo stesso, di applicare in modo perentorio l’articolo 103, DL Cura Italia.
E gli operatori economici? Ovviamente navigano a vista, cercando di comprendere cosa deciderà la stazione appaltante di turno in relazione alla gara a cui hanno intenzione di partecipare, con l’aggravante di preparare la documentazione a corredo e la relativa offerta in modalità smart working.
A questo punto, da una ragionata applicazione pratica dell’articolo 103, DL Cura Italia, si dovrebbe:
- in relazione alle gare da indire, prevedere termini più ampi rispetto a quelli minimi previsti dal Codice Appalti;
- per le gare in corso, ricorrere alla sospensione dei termini di gara (che riprenderebbero a decorrere dal 15 aprile 2020), oppure disporre una proroga, stabilendo nuovi termini per l’espletamento di eventuali sopralluoghi, per la trasmissione di richieste di chiarimento e dei relativi riscontri, oltreché per la presentazione delle domande di partecipazione e/o di ricevimento delle offerte;
- in relazione alla stipula dei contratti relativi a gare aggiudicate, procedere alla stipula del contratto, verificando che le relative prestazioni risultino in concreto eseguibili nel periodo di vigenza delle misure restrittive sinora adottate per arginare la diffusione del Covid-19;
- per i contratti in corso di esecuzione, valutare se ricorrere alla sospensione parziale o temporanea delle attività, ai sensi dell’articolo 107, commi 1 e 4, Codice Appalti, oppure se procedere, su istanza dell’esecutore, ad una proroga del termine di esecuzione del contratto, ai sensi dell’articolo 107, comma 5, Codice Appalti, ove fosse possibile riprogrammare i lavori, senza sospenderli.
Proprio con riferimento ai contratti in corso di esecuzione, sono emerse numerose criticità in ordine alla possibilità di proseguire l’esecuzione delle prestazioni contrattuali, soprattutto nell’ambito degli appalti di lavori, garantendo contestualmente condizioni di salubrità e sicurezza degli ambienti di lavoro e delle modalità lavorative.
A questo proposito, in data 19 marzo 2020, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha pubblicato il protocollo di regolamentazione per il contenimento della diffusione del Covid–19 nei cantieri edili, procedendo ad una tipizzazione pattizia dell’articolo 91, comma 1, DL Cura Italia, secondo cui il rispetto delle misure di contenimento è sempre valutato ai fini dell’esclusione, ex articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti.
Di certo, l’ambiguità normativa che sta dividendo le stazioni appaltanti, tra sostenitori dell’obbligo e della facoltà di sospensione dei termini per lo svolgimento degli appalti pubblici, potrebbe dar luogo a contenziosi da parte di chi, invocando la sussistenza di un obbligo di sospensione a fronte di quanto disposto dall’articolo 103, DL Cura Italia, ritenga illegittima la scelta delle P.A. di proseguire lo svolgimento della procedura di gara.
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