A cura di Daniele Landi e Lorenzo D’Alessio
La drammatica emergenza legata al COVID-19 ha reso necessaria, a livello socio-politico ed economico, l’adozione di alcune misure draconiane.
In Italia, il lock-down delle attività economiche non essenziali, unito al generale divieto di spostamenti non giustificati da “comprovate esigenze”, sta incidendo pesantemente sulla continuità di molte aziende.
Inevitabilmente, infatti, la momentanea paralisi delle attività genera per gli imprenditori un blocco delle entrate e questo minus di liquidità, in innumerevoli casi, si trasforma in difficoltà ad onorare gli impegni contrattuali già assunti.
I rischi, sul piano civilistico, sono noti: penali, obblighi risarcitori, escussione di garanzie, risoluzione dei contratti e, in generale, tutti gli effetti sfavorevoli (anche in termini di soccombenza e di spese processuali) di un addebito di responsabilità da mancato o ritardato adempimento delle obbligazioni.
Il debitore, in linea generale, non è responsabile qualora provi, ai sensi dell’articolo 1218 c.c., che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile, ad esempio di forza maggiore.
Che l’epidemia da COVID-19, classificata come pandemia dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, sia qualificabile come accadimento fortuito e sovrastante la volontà umana non è in discussione.
Le misure adottate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, dal canto loro, potrebbero integrare gli estremi di un factum principis,in quanto restrittive se non inibitorie della capacità delle imprese di operare, ed essere considerate cause di esonero da responsabilità del debitore.
In tal senso sembrano peraltro orientate anche alcune disposizioni contenute nel D.L. 17 marzo 2020, n. 18 (cosiddetto “Decreto Cura Italia”) in materia di ritardi o inadempimenti contrattuali derivanti dall’attuazione delle misure di contenimento.
In particolare, l’articolo 91 del Decreto Cura Italia ha integrato l’articolo 3 del D.L. n. 6 del 23 febbraio 2020 (convertito con modificazioni dalla legge 5 marzo 2020, n. 13), aggiungendo il comma 6-bis, con il quale è stato previsto che il rispetto delle misure emergenziali di contenimento dell’epidemia COVID-19 è sempre valutato ai fini dell’esclusione della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti.
In ambito comunitario e internazionale, tuttavia, non esiste una univoca definizione normativa di forza maggiore, pertanto anche nell’attuale contesto è opportuna una certa prudenza prima di considerare applicabile certamente e ad ogni fattispecie l’esimente del COVID-19.
Sarà semmai il contratto (o la Legge che lo governa) la fonte primaria cui riferirsi per stabilire, di volta in volta, se ed in che limiti la causa di forza maggiore operi, avuto riguardo anche alla concreta incidenza che gli eventi hanno avuto sulla prestazione e sull’adempimento delle obbligazioni contrattuali, al rispetto o meno degli ulteriori obblighi stabiliti dal contratto ed al livello di diligenza che la parte inadempiente ha assunto una volta iniziata l’emergenza.
Ulteriori profili di questa tematica sono affrontati nella Newsletter di PwC TLS “Emergenza COVID-19 e inadempimento contrattuale” del 6 marzo 2020 (reperibile su https://blog.pwc-tls.it/it/2020/03/06/emergenza-covid-19-e-inadempimento-contrattuale/), cui potrà farsi riferimento.
Ciò chiarito, nei contratti internazionali – in particolare di somministrazione – è usuale la previsione che la parte interessata debba, inter alia, documentare alla controparte la ricorrenza di una causa di forza maggiore.
Ad agevolare proprio l’assolvimento di questo onere probatorio, in tempi di COVID-19, è intervenuta il 25 marzo 2020 la Circolare n. 0088612 del Ministero dello Sviluppo Economico (MISE).
Essa ha assegnato a tutte le Camere di Commercio italiane il potere di rilasciare un’attestazione in lingua inglese dante atto che la singola impresa ha dichiarato il proprio impedimento ad adempiere uno o più obblighi contrattuali per effetto della causa epidemiologica.
L’utilità di una simile disposizione, visto l’elevato numero di breach contrattuali atteso nell’odierna congiuntura, si coglie immediatamente in tutta la sua portata.
Nei giorni successivi all’emanazione della Circolare del MISE, le Camere di Commercio hanno iniziato a diffondere sui propri siti lo schema di dichiarazione che le imprese dovranno utilizzare per le suindicate finalità.
Si tratta di una dichiarazione sostituiva di atto notorio che l’impresa rilascia, ai sensi dall’art. 47 del D.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445, sotto la propria responsabilità e nella consapevolezza che la dichiarazione mendace, la falsità negli atti e l’uso di atti falsi sono condotte penalmente sanzionabili.
Con tale dichiarazione l’impresa richiedente, facendo riferimento alle restrizioni disposte dall’Autorità di Governo e allo stato di emergenza in atto, afferma di non aver potuto assolvere nei tempi agli obblighi contrattuali precedentemente assunti per motivi imprevedibili ed indipendenti dalla propria volontà e capacità aziendale.
Nella correlata attestazione, l’ente camerale: (i) conferma l’intervenuta dichiarazione da parte del Governo italiano dello stato di emergenza sanitaria ed elenca le principali misure restrittive da Esso adottate per far fronte alla diffusione del contagio, (ii) specifica che tali eventi hanno causato distorsioni commerciali, limitato il movimento interno della forza lavoro e causato chiusure o riorganizzazioni di fabbriche ed, infine, (iii) dà atto che la società richiedente ha dichiarato che tali restrizioni le hanno impedito di adempiere agli obblighi contrattuali precedentemente assunti, indipendentemente dalla propria capacità.
Resta tuttavia inteso, come specificato nel modello di attestazione, che “non è nella responsabilità della Camera di Commercio verificare fatti ed eventi relativi alla dichiarazione della Società”.
Pur nella sua valenza di mera certificazione “di contesto”, il documento camerale è comunque destinato a costituire un valido supporto per le imprese italiane operanti con l’estero.
Anzitutto sotto il profilo formale, per l’“imprimatur”ad esso conferito da Enti autonomi di diritto pubblico quali sono le Camere di Commercio, già competenti per il rilascio di certificazioni ordinarie ai fini delle transazioni commerciali delle imprese italiane con l’estero (e.g. attestati di libera vendita di merci nelle operazioni di export; Certificati di Origine delle merci destinate alla circolazione nei paesi extracomunitari).
In secondo luogo, per il risparmio di tempo e mezzi che il certificato camerale sembra assicurare rispetto alla varietà di documenti che per gli stessi fini l’impresa inadempiente si troverebbe a dover reperire in una situazione ordinaria (e.g. comunicati sullo stato di emergenza resi da enti pubblici, associazioni di imprese, Autorità di settore o la prova della sospensione dell’attività delle imprese verticalmente integrate nel processo produttivo fornitrici di beni e servizi essenziali all’esecuzione della prestazione).
Ma soprattutto, l’attestazione camerale può rappresentare quell’evidenza che i contratti internazionali richiedono affinché il debitore possa andare esente da responsabilità malgrado l’inadempimento.
Data la sua autorevolezza, questo tipo di prova potrebbe sortire anche un effetto deterrente, scoraggiando le controparti estere, in una fase di crisi che coinvolge il mondo intero, dall’iniziare contenziosi nei confronti delle imprese italiane.
In un eventuale giudizio, infatti, il debitore addurrebbe come scusante del proprio inadempimento il rispetto delle misure emergenziali imposte dal Governo italiano, domandando in forza del certificato camerale di essere dichiarato non responsabile verso la controparte del risarcimento dei danni subiti o del pagamento di penali previste dal contratto.
Certo, in tal caso il creditore avrebbe ancora la chance di dimostrare, sino al termine della fase istruttoria, che la sopravvenuta impossibilità della prestazione sia in realtà dipesa da cause imputabili all’impresa inadempiente.
Una prova, tuttavia, che in tempi di COVID-19 si prospetta quantomeno ardua…
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