A cura di Fabrizio Cascinelli, Giovanni Stefanin e Mario Zanin
Periodico di approfondimento del diritto dei mercati finanziari
Il nuovo Codice di Corporate Governance
Abstract
Il 31 gennaio u.s., il Comitato per la Corporate Governance ha approvato il “nuovo” Codice di Corporate Governance (già “Codice di Autodisciplina”), il quale, salvo alcune eccezioni, sarà applicabile – alle società quotate che decidono di aderirvi – a partire dal primo esercizio successivo al 31 dicembre 2020.
L’aggiornamento del Codice è il frutto di un approfondito confronto con le società quotate e di un’attenta analisi delle evoluzioni internazionali in materia di governo societario, nonché tiene conto degli esiti del monitoraggio sull’applicazione del Codice condotta dal Comitato.
Introduzione
Il Codice di Corporate Governance (“Codice”) si rivolge a tutte le società con azioni quotate sul Mercato Telematico Azionario (“MTA”) gestito da Borsa Italiana (“Società”).
L’adesione al Codice è volontaria ed è esplicitata nella relazione sul governo societario e gli assetti proprietari.
Ciascun articolo del nuovo Codice è suddiviso in princìpi (che definiscono gli obiettivi di una buona governance) e in raccomandazioni (che indicano i comportamenti adeguati a realizzare gli obiettivi indicati nei princìpi), a differenza della versione precedente che per ogni articolo prevedeva principi, criteri applicativi e commento.
Con riferimento alle tempistiche di applicazione, le società che adottano il Codice lo applicano a partire dal primo esercizio che inizia successivamente al 31 dicembre 2020, informandone il mercato nella relazione sul governo societario, da pubblicarsi nel corso del 2022; le società “grandi”, invece, applicheranno le raccomandazioni relative alla presenza di amministratori indipendenti nell’organo di amministrazione a partire dal primo rinnovo dell’organo di amministrazione successivo al 31 dicembre 2020.
Si segnala, sin d’ora, che le società dovranno applicare la quota di un terzo per il genere meno rappresentato negli organi di amministrazione e negli organi di controllo a partire dal primo rinnovo successivo alla cessazione degli effetti di disposizioni legislative che impongano una quota pari o superiore a quella raccomandata dal Codice.
Le società che adottano il Codice continuano a soggiacere alla regola del “comply or explain” nell’applicazione delle raccomandazioni; ciò significa che qualora la società non intenda applicare una o più raccomandazioni, deve motivare e riferire le ragioni del discostamento.
Alla regola di non vincolatività dei contenuti, si accompagna un ulteriore principio: quello della “prevalenza della sostanza sulla forma”. In altri termini, ogni società che aderisce al Codice deve fornire, nella relazione sul governo societario, informazioni accurate ed esaustive sulle modalità di applicazione delle relative previsioni, illustrando ogni eventuale scostamento e spiegando in che modo la best practice raccomandata sia stata disattesa, descrivendo, in particolare, i motivi dello scostamento e l’eventuale comportamento adottato in alternativa alla best practice e spiegando, infine, come tale scelta realizzi l’obiettivo sotteso ai princìpi del Codice e contribuisca, in ogni caso, al buon governo societario.
I principi a cui si ispira il nuovo Codice di Corporate Governance.
Semplificazione
Le novità sostanziali del nuovo Codice di Corporate Governance seguono quattro direttrici fondamentali: “sostenibilità”, “engagement”, “proporzionalità” e “semplificazione”.
Anzitutto, la semplificazione è uno dei principi che hanno ispirato il processo di rinnovazione in esame.
La semplificazione ha interessato soprattutto la struttura del Codice, attraverso l’eliminazione dei “commenti”, che ha conferito al nuovo Codice una lettura più agile e sintetica, e la riduzione del numero degli articoli (ridotti da 10 a 6 e suddivisi in principi e raccomandazioni), correlata ad una sintesi del loro contenuto.
Ad oggi, dunque, la struttura del nuovo Codice di Corporate Governance risulta notevolmente razionalizzata e semplificata.
A fronte (e come bilanciamento) dell’eliminazione dei “commenti”, per facilitare la comprensione del Codice, è stata inserita una sezione di definizioni ed è in previsione la pubblicazione di una raccolta di chiarimenti, denominati Q&A, a beneficio dei destinatari, da aggiornare periodicamente.
Per rendere il Codice direttamente fruibile da tutti i tipi di modello societario (comprese le società di diritto estero quotate in Italia), si rileva che il nuovo Codice – diversamente dal precedente – non dedica specifici passaggi al tipo di modello di governance concretamente adottato dalle società (tradizionale; “one-tier” che include per le società italiane il modello monistico; “two-tier” che include per le società italiane il modello dualistico); ciò purché la scelta del modello presupponga, in ogni caso, l’attribuzione di funzioni degli organi sociali come descritta nelle “definizioni” del Codice stesso.
Proporzionalità e flessibilità
Oltre all’illustrato principio di “semplificazione”, il nuovo Codice si è ispirato ai principi di “flessibilità” e di “proporzionalità”, i quali hanno permesso di differenziare l’applicazione di alcune raccomandazioni in relazione: i) alla dimensione e ii) agli assetti proprietari della società.
In tal modo, attraverso raccomandazioni proporzionate alle caratteristiche e dimensioni delle singole società, si evita un’applicazione omologata delle disposizioni e si favorisce l’accesso alla quotazione delle società medio-piccole e di quelle a forte concentrazione proprietaria.
A tale ratio risponde una novità di rilievo introdotta nel Codice: al fine di assicurare la sua applicazione proporzionale, alcune raccomandazioni sono graduate in ragione della dimensione e degli assetti proprietari delle singole società, prevedendo:
- un insieme di raccomandazioni rivolte alle sole società di maggiori dimensioni (c.d. “società grandi” ossia società con capitalizzazione superiore a 1 miliardo di euro per tre anni solari consecutivi);
- modalità semplificate per l’applicazione di alcune raccomandazioni da parte delle società diverse da quelle “grandi”;
- l’adeguamento di alcune raccomandazioni alle società a proprietà concentrata (c.d. “società a proprietà concentrata”, ossia società nelle quali uno o più soci dispongono, direttamente o indirettamente, della maggioranza dei voti esercitabili in assemblea ordinaria).
Il risultato, nel complesso, è un sistema più proporzionale, personalizzato, semplificato e flessibile, che supera un’applicazione acritica delle raccomandazioni alle diverse società e, al contrario, tiene conto degli assetti differenziati di queste ultime.
Sostenibilità ed engagement
In aggiunta agli illustrati principi di “semplificazione”, “proporzionalità” e “flessibilità”, l’aggiornamento degli articoli del nuovo Codice si è ispirato anche ai principi di “sostenibilità” e di “engagement”, a cui corrispondono, rispettivamente, gli obiettivi di (i) guidare le società nell’adozione di strategie per la sostenibilità dell’attività d’impresa e di (ii) stimolare le società a rafforzare il dialogo con il mercato.
I principi di sostenibilità e di engagement si declinano nelle varie raccomandazioni del Codice (che si seguito si illustreranno) ed emergono sin dal primo articolo (“Ruolo dell’organo di amministrazione”), il quale introduce – appunto – i due nuovi temi citati:
- il perseguimento del successo sostenibile dell’impresa (che può essere visto come un’evoluzione e un ampliamento rispetto al precedente “obiettivo di creazione di valore per gli azionisti in un orizzonte di medio-lungo periodo”);
- l’incentivo al dialogo con gli azionisti e gli altri stakeholder rilevanti per la società.
Per quanto riguarda il tema della “sostenibilità” – benché, come anticipato, anche la precedente versione del Codice menzionasse il perseguimento della “sostenibilità nel medio-lungo periodo” – il nuovo Codice fa della stessa sostenibilità un obiettivo primario, che permea tutta l’edizione aggiornata: tale principio, infatti, è oggi parte integrante della definizione delle strategie d’impresa da parte dell’organo di amministrazione.
In virtù di ciò, il nuovo Codice estende l’orizzonte degli obiettivi e raccomanda alle società di prestare attenzione ai fattori in grado di generare “valore nel lungo periodo”, considerando non soltanto il beneficio degli azionisti, ma anche “gli interessi degli altri stakeholder”, nella più ampia accezione del termine.
Per quanto riguarda il tema dell’“engagement”, la novità è rappresentata dal rafforzamento della politica di “engagement”, in virtù della quale si raccomanda alle società quotate di sviluppare il dialogo assiduo e trasparente con il mercato e di adottare politiche collettive ed inclusive, complementari a quelle degli investitori istituzionali.
Fermo quanto argomentato in ordine ai quattro principi ispiratori del nuovo Codice di Corporate Governance, di seguito si illustrano gli articoli del nuovo Codice, segnalando le principali modifiche apportate dall’ultimo aggiornamento, in ossequio a detti principi.
Ruolo dell’organo di amministrazione (Articolo 1)
Se è vero che i principi di “sostenibilità”, “engagement”, “proporzionalità” e “semplificazione” influenzano, in generale, tutto l’assetto degli organi sociali, occorre precisare che il loro veicolo è l’organo di amministrazione: è infatti in relazione alle funzioni di quest’ultimo che la rinnovata versione de Codice ha apportato rilevanti modifiche.
Il nuovo Codice, in modo più incisivo rispetto alla edizione precedente, raccomanda espressamente all’organo di amministrazione di guidare la società “perseguendone il successo sostenibile”. Tale successo sostenibile viene descritto, nelle definizioni del Codice, come l’“obiettivo che guida l’azione dell’organo di amministrazione e che si sostanzia nella creazione di valore nel lungo termine a beneficio degli azionisti, tenendo conto degli interessi degli altri stakeholder rilevanti per la società”.
Il principio di sostenibilità – benché già presente in modo più generico e meno incisivo – diviene ora una linea guida sia con riferimento alle scelte strategiche, che al monitoraggio dei rischi a livello ambientale, sociale e di governance. Si cerca così di favorire l’integrazione delle tematiche di Environment, Social and Governance (“ESG”)nei processi di decisione strategica delle società, al fine di aumentare il livello di trasparenza, immagine e affidabilità nei confronti dei mercati finanziari.
A tal fine, il nuovo Codice ha confermato i compiti dell’organo di amministrazione previsti nella versione precedente del Codice, rendendoli più confacenti con il principio di sostenibilità nel lungo periodo.
In questo senso, si segnalano le funzioni in capo all’organo di amministrazione di:
- esaminare e approvare il piano industriale, “anche in base all’analisi dei temi rilevanti per la generazione di valore nel lungo termine”, avvalendosi dell’eventuale supporto di un comitato, del quale l’organo di amministrazione stesso ne determina composizione e funzioni;
- definire la natura e il livello di rischio compatibile con gli obiettivi strategici della società, includendo nelle proprie valutazioni tutti gli elementi che possono assumere rilievo “nell’ottica del successo sostenibile della società”.
Si nota, dunque, il superamento del concetto di sostenibilità nel medio-lungo periodo, che ha fatto spazio ad un concetto più ampio e lungimirante di “successo sostenibile della società” per la generazione di “valore nel lungo termine”.
Al principio di “engagement” è invece strettamente connesso il rafforzamento del compito conferito all’organo amministrativo di promuovere, nelle forme più opportune, il dialogo con gli azionisti e gli altri stakeholder, attraverso l’adozione di politiche di “engagement” complementari a quelle degli investitori istituzionali. Ciò, in linea con le politiche di stewardship, già consolidate anche a livello europeo.
A tal fine, il Codice raccomanda alle società di adottare (su proposta del presidente, formulata d’intesa con il CEO) una “politica per la gestione del dialogo con la generalità degli azionisti”, tenendo conto delle “politiche di engagement adottate dagli investitori istituzionali e dai gestori di attivi”.
In altri termini, le società sono invitate ad adottare una nuova procedura interna che definisca le modalità e lo svolgimento del dialogo, sia in termini di contenuti, sia di soggetti coinvolti.
Garante di tale dialogo è il Presidente dell’organo amministrativo, al quale il Codice raccomanda di accertare che l’organo stesso sia “in ogni caso informato”, entro la prima riunione utile, sullo “sviluppo e sui contenuti significativi” del dialogo con gli azionisti. Tutte le materie oggetto del dialogo con gli azionisti e i flussi informativi dovranno essere riferiti al Consiglio in composizione collegiale, il quale, dunque, non è più informato limitatamente alle situazioni speciali – come avveniva in passato – ma diventa interlocutore costante di questo scambio informativo.
Tra le ulteriori novità introdotte dal Codice in relazione al ruolo dell’organo di amministrazione e connesse con il principio di engagement, spicca per importanza la possibilità, per l’organo di amministrazione, di proporre all’assemblea dei soci l’introduzione del voto maggiorato, fornendo “nella relazione illustrativa all’assemblea adeguate motivazioni sulle finalità della scelta” e indicando “gli effetti attesi sulla struttura proprietaria e di controllo della società e sulle sue strategie future, dando conto del processo decisionale seguito e di eventuali opinioni contrarie espresse in consiglio”.
Composizione degli organi sociali (Articolo 2)
Rimanendo nell’ambito dell’organo di amministrazione, il Codice delinea la sua composizione e i nuovi requisiti richiesti ai singoli amministratori, che – come sempre – è previsto siano dotati di professionalità e di competenze adeguate rispetto ai compiti loro affidati.
Il Codice ribadisce ed enfatizza il peso da attribuire agli amministratori non esecutivi nell’assunzione delle delibere consiliari e rinnova l’invito affinché una componente significativa di tale categoria sia indipendente.
La regola generale, presente anche nelle versioni precedenti del Codice, prevede che il numero minimo raccomandato di amministratori indipendenti sia due, specificando, rispetto al passato, che devono essere diversi dal presidente.
Una novità di rilievo riguarda la presenza di amministratori indipendenti in base dimensioni della società (principio di proporzionalità). Se in passato il Codice di Autodisciplina prevedeva genericamente che negli emittenti “appartenenti all’indice FTSE-Mib” almeno un terzo del consiglio di amministrazione fosse costituito da amministratori indipendenti, oggi il nuovo Codice raccomanda – più precisamente – che nelle società “grandi a proprietà concentrata” gli amministratori indipendenti costituiscano almeno un terzo dell’organo di amministrazione e che nelle altre società “grandi” (non “a proprietà concentrata”) l’organo di amministrazione sia composto per almeno la metà da amministratori indipendenti.
Infine, solo per le società “grandi” è prevista la riunione degli amministratori indipendenti “almeno una volta l’anno”.
Il nuovo Codice non richiama più, invece, la verifica del collegio sindacale circa l’applicazione dei criteri e delle procedure di accertamento adottati dal Consiglio per valutare l’indipendenza dei propri membri.
Per quanto riguarda il Presidente dell’organo di amministrazione, qualora sia indipendente, il Codice introduce una novità: egli non può ricoprire il ruolo di presidente del comitato remunerazioni o del comitato di controllo e rischi. Inoltre, i comitati di cui questi è parte devono essere composti in ogni caso da una maggioranza di amministratori indipendenti.
Con riferimento alla composizione degli organi sociali, il Codice – oltre a ribadire la “parità di trattamento e opportunità tra i generi all’interno della organizzazione aziendale” – prevede nuovi criteri di diversità di genere. In tal senso, rispetto al passato, la previsione secondo cui almeno un terzo dell’organo di amministrazione deve essere costituito da componenti del genere meno rappresentato viene estesa anche all’organo di controllo, ove autonomo, a cui sono attribuite le funzioni di “audit committee”.
Con riferimento a quest’ultimo, il Codice raccomanda che il medesimo abbia una composizione “adeguata ad assicurare l’indipendenza e la professionalità della propria funzione”.
Funzionamento dell’organo di amministrazione e ruolo del Presidente (Articolo 3)
La nuova versione del Codice formalizza ed incentiva l’adozione – da parte dell’organo di amministrazione – di un regolamento che definisca le regole di funzionamento dell’organo stesso e dei suoi comitati, incluse le modalità di verbalizzazione delle riunioni e le procedure per la gestione dell’informativa agli amministratori. Nella versione previgente, invece, era previsto genericamente che il Consiglio di amministrazione proponesse all’approvazione dell’assemblea un regolamento indicante le procedure da seguire al fine di consentire l’ordinato e funzionale svolgimento delle riunioni assembleari.
La nuova versione del Codice dedica inoltre raccomandazioni specifiche al ruolo del Presidente ed introduce alcune novità sul tema.
In tal senso, è ribadita la nomina di un amministratore indipendente quale “lead independent director”, ma, diversamente dal passato, è stato parzialmente modificato uno dei tre casi in cui ciò è previsto. Rimangono infatti invariati i primi due casi: (a) se il Presidente del Consiglio di Amministrazione è il principale responsabile della gestione dell’impresa (chief executive officer) e (b) se la carica di presidente è ricoperta dalla persona che controlla l’emittente; per quanto riguarda il terzo caso, invece – ossia quello in cui lo richieda la maggioranza degli amministratori – il riferimento non è più agli “emittenti appartenenti all’indice FTSE-Mib”, ma alle “grandi società”, in coerenza con il principio di proporzionalità,.
Tale “lead independent director”, nel nuovo Codice, “coordina le riunioni dei soli amministratori indipendenti”.
Per quanto riguarda i Comitati istituiti dall’organo di amministrazione al proprio interno, il nuovo Codice formalizza le loro funzioni, precisando che essi possano avere funzioni di “nomine, remunerazioni e controllo e rischi” ed introduce alcune novità rispetto al passato.
Con riferimento alla loro composizione, in generale, si raccomanda che siano costituiti da amministratori non esecutivi in maggioranza indipendenti, e che siano presieduti da un amministratore indipendente; a ciò fa eccezione unicamente il comitato nomine, che, ai sensi del Codice, dovrebbe essere interamente costituito da amministratori indipendenti.
Infine, il nuovo Codice introduce specifiche raccomandazioni in merito alla figura del Segretario dell’organo amministrativo, il cui legame con il presidente è rafforzato, così come la sua indipendenza e imparzialità.
Egli, infatti, dovrebbe essere nominato e revocato dal consiglio su proposta del Presidente e le sue attribuzioni e competenze professionali, definite nel regolamento consiliare, si sostanziano soprattutto in un’attività di supporto al presidente e di assistenza e consulenza all’organo di amministrazione, con imparzialità di giudizio, su ogni aspetto rilevante per il corretto funzionamento del sistema di governo societario.
Nomina degli amministratori e autovalutazione dell’organo di amministrazione (Articolo 4)
Il nuovo Codice integra le funzioni del comitato nomine e ne rafforza la cooperazione con l’organo di amministrazione: ciòal fine di garantire che il processo di nomina e successione degli amministratori sia “trasparente” e funzionale a realizzare la composizione ottimale dell’organo amministrativo.
Il comitato nomine, composto come sempre da amministratori indipendenti, nella precedente versione del Codice rivestiva una funzione consultiva in merito alla composizione del consiglio di amministrazione e aveva il compito di proporre al consiglio di candidati alla carica di amministratore.
Il nuovo Codice invece, formalizza il suo compito di coadiuvare l’organo di amministrazione nelle seguenti attività:
- autovalutazione dell’organo di amministrazione e dei suoi comitati (prima prevista nei commenti e oggi espressamente formalizzata all’interno dell’art. 4), la quale deve essere usualmente condotta almeno ogni tre anni, in vista del rinnovo dell’organo di amministrazione, ma nelle società grandi, diverse da quelle a proprietà concentrata, deve essere condotta con cadenza annuale, valutando l’opportunità di avvalersi, almeno ogni tre anni, di un consulente indipendente;
- definizione della composizione ottimale dell’organo di amministrazione e dei suoi comitati;
- individuazione dei candidati alla carica di amministratore in caso di cooptazione;
- eventuale presentazione di una lista da parte dell’organo di amministrazione uscente, da attuarsi secondo modalità che ne assicurino una formazione e una presentazione trasparente;
- predisposizione, aggiornamento e attuazione dell’eventuale piano per la successione del chief executive officer e degli altri amministratori esecutivi.
Il Codice rafforza inoltre le raccomandazioni in tema di orientamenti sulla composizione dell’organo di amministrazione. In tal senso, e sempre nell’ottica del principio di proporzionalità, per le società diverse da quelle “a proprietà concentrata” viene richiesto all’organo di amministrazione di:
- esprimere, in vista di ogni suo rinnovo, un orientamento sulla sua composizione quantitativa e qualitativa ritenuta ottimale, tenendo conto degli esiti dell’autovalutazione;
- richiedere a chi presenta una lista che contiene un numero di candidati superiore alla metà dei componenti da eleggere di fornire adeguata informativa, nella documentazione presentata per il deposito della lista, circa la rispondenza della lista all’orientamento espresso dall’organo di amministrazione e di indicare il proprio candidato alla carica di presidente dell’organo di amministrazione, la cui nomina avviene secondo le modalità individuate nello statuto.
Una ulteriore novità sul tema prevede che l’orientamento dell’organo di amministrazione uscente sia pubblicato sul sito internet della società con congruo anticipo rispetto alla pubblicazione dell’avviso di convocazione dell’assemblea relativa al suo rinnovo. Tale orientamento individua, inoltre, i profili manageriali e professionali e le competenze ritenute necessarie, anche alla luce delle caratteristiche settoriali della società, considerando i criteri di diversità e gli orientamenti espressi sul numero massimo degli incarichi compatibile con l’incarico di amministratore nelle società grandi (principio di proporzionalità).
Infine, sempre in coerenza con il principio di proporzionalità, sono state introdotte specifiche funzioni in capo all’organo di amministrazione e al comitato nomine delle “società grandi”, relative alla predisposizione di piani di successione. In particolare, in queste ultime, l’organo di amministrazione deve:
- definire, con il supporto del comitato nomine, un piano per la successione del chief executive officer e degli amministratori esecutivi che individui almeno le procedure da seguire in caso di cessazione anticipata dall’incarico;
- accertare l’esistenza di adeguate procedure per la successione del top management.
Remunerazione (Articolo 5)
Anche la disciplina della remunerazione degli amministratori, dei componenti dell’organo di controllo e del top management è influenzata – nella nuova versione del Codice – dal concetto di “sviluppo sostenibile”. I fattori ESG, dunque, rappresentano oggi uno strumento di valutazione importante anche ai fini della remunerazione degli amministratori e dei componenti delle società quotate.
Il nuovo Codice evidenzia l’importanza di creare adeguati meccanismi di incentivazione e sottolinea la necessità di legare una significativa parte della remunerazione a obiettivi di lungo termine, che tengano conto della sostenibilità dell’impresa, in un orizzonte di lungo periodo (e non più medio-lungo).
Anche la politica per la remunerazione diventa dunque “funzionale al perseguimento del successo sostenibile della società” e deve tendere a trattenere, motivare e premiare i membri più competenti e motivati.
Inoltre, la rinnovata politica di remunerazione prevede che l’organo di amministrazione (coadiuvato dal Comitato di remunerazioni, in relazione ai cui compiti non si registrano cambiamenti rilevanti rispetto alle versioni precedenti del Codice) debba tenere conto delle pratiche di remunerazione dei settori di riferimento, anche esteri e, sulla spinta delle best practices, operare attraverso una procedura sostenibile e trasparente, al fine di assicurare che questa sia coerente con i principi e i criteri stabiliti e con i risultati prefissati. In tal modo, si cerca di facilitare l’allineamento degli interessi di tutte le parti coinvolte.
Per quanto riguarda la composizione del Comitato remunerazioni, il nuovo Codice precisa che esso sia composto da soli amministratori non esecutivi, in maggioranza indipendenti (in passato, era previsto che esso fosse composto da amministratori indipendenti e, solo in alternativa, da amministratori non esecutivi, in maggioranza indipendenti).
Infine, con riferimento ai piani di remunerazione basati su azioni per gli amministratori esecutivi e top management, il Codice raccomanda che il periodo complessivo di vesting sia di almeno 5 anni (e non più 3).
Sistema di controllo interno e di gestione dei rischi (Articolo 6)
Anche il sistema di controllo interno e di gestione dei rischi deve mirare al conseguimentodel “successo sostenibile”; in quest’ottica, sono state introdotte alcune novità rispetto alla versione precedente, di seguito illustrate.
Permangono le raccomandazioni relative alla composizione del Comitato controllo e rischi, che deve essere integralmente costituito da soggetti in possesso dei requisiti di indipendenza previsti per gli amministratori; la valutazione in merito è effettuata dall’organo di amministrazione o dall’organo di controllo all’atto della nomina e, poi, al verificarsi di circostanze rilevanti, e comunque almeno una volta all’anno. I componenti del comitato, inoltre, dovrebbero possedere, nel complesso, un’adeguata competenza nel settore di attività in cui opera la società, funzionale a valutare i relativi rischi; almeno un componente del comitato, infine, deve possedere un’adeguata conoscenza ed esperienza in materia contabile e finanziaria o di gestione dei rischi.
Il Codice raccomanda all’organo di amministrazione, con il supporto del comitato controllo e rischi, di valutare l’opportunità di adottare misure per garantire l’efficacia e l’imparzialità di giudizio delle altre funzioni, verificando che siano dotate di “adeguate professionalità e risorse”.
L’organizzazione del sistema di controllo interno e di gestione dei rischi coinvolge – oltre all’organo di amministrazione, al comitato controllo e rischi, al responsabile dell’internal audit, alle altre funzioni aziendali coinvolte nei controlli e all’organo di controllo, come precedentemente previsto – il chief executive officer, incaricato dell’istituzione e del mantenimento del sistema di controllo interno e di gestione dei rischi.
Mentre nella versione precedente del Codice era previsto che gli emittenti valutassero l’opportunità di attribuire al collegio sindacale le funzioni di organismo di vigilanza ex D. lgs. 231/2001, viene ora esplicitamente raccomandato che l’organo di amministrazione (con il supporto del comitato controllo e rischi) attribuisca all’organo di controllo o a un organismo appositamente costituito le funzioni di vigilanza ex art. 6, comma 1, lett. b) del Decreto Legislativo n. 231/2001. Nel caso l’organismo non coincida con l’organo di controllo, l’organo di amministrazione deve valutare l’opportunità di nominare all’interno dell’organismo almeno un amministratore non esecutivo e/o un membro dell’organo di controllo e/o il titolare di funzioni legali o di controllo della società, al fine di assicurare il coordinamento tra i diversi soggetti coinvolti nel sistema di controllo interno e di gestione dei rischi.
Viene ribadito altresì l’invito a descrivere, nella relazione sul governo societario, le principali caratteristiche del sistema di controllo interno e di gestione dei rischi e le modalità di coordinamento tra i soggetti coinvolti, con la novità di indicare i modelli e le best practice nazionali e internazionali di riferimento, esprimendo la propria valutazione complessiva sull’adeguatezza del sistema stesso e indicando le scelte effettuate in merito alla composizione dell’organismo di vigilanza.
Infine, il nuovo Codice dedica molta attenzione all’adeguatezza e alla tempestività dei flussi informativi, funzionali ad una gestione trasparente e condivisa tra tutti gli organi societari. Ciò, come detto, in un’ottica di potenziamento della politica di “engagement” e nell’ottica del perseguimento di un successo sostenibile nel lungo termine. In questo senso, il Codice incentiva la creazione di processi informativi chiari e adeguati.
Ne discende che proprio al comitato controllo rischi è demandata la funzione di valutare l’idoneità dell’informazione periodica, finanziaria e non finanziaria, a rappresentare correttamente il modello di business, le strategie della società, l’impatto della sua attività e le performance conseguite.
Inoltre, il Codice raccomanda un tempestivo scambio delle informazioni rilevanti per l’espletamento dei rispettivi compiti da parte dell’organo di controllo e del comitato controllo e rischi.
Anche nel nuovo Codice è previsto che se il componente dell’organo di controllo è portatore, per conto proprio o di terzi, di un interesse in una determinata operazione, questi deve dare tempestiva ed esauriente informazione agli altri componenti dell’organo di controllo e al presidente dell’organo amministrativo, circa la natura, termini, origine e portata di tale interesse. Del pari invariata rimane la raccomandazione che invita il Presidente dell’organo di controllo, o altro componente da lui designato, a partecipare ai lavori del comitato controllo e rischi.
Da ultimo, nella nuova versione del Codice, i riferimenti singoli e specifici ai sindaci, ai rapporti con gli azionisti e ai sistemi di amministrazione e controllo dualistico e monistico sono stati incorporati negli altri articoli del Codice.
Conclusioni
Da quanto descritto emerge come il nuovo Codice di Autodisciplina proponga una soluzione di governance più moderna che – incorporando lo spirito tradizionale di trasparenza e di controllo, tipico dei Codici di Autodisciplina europei – considera in ogni suo passaggio le caratteristiche e i mutamenti della realtà socio-economica italiana, contraddistinta da imprese di diverse dimensioni, molte delle quali a conduzione familiare e a proprietà concentrata.
Il risultato è un insieme di disposizioni, che, nel loro complesso, consentono una personalizzazione dei singoli modelli di governance, da adottare secondo le caratteristiche delle singole società, in un’ottica di proporzionalità e sostenibilità.
In tale contesto, appare dunque opportuno che le società interessate provvedano quanto prima ad adeguarsi tempestivamente ai nuovi principi ispiratori del Codice e che si evolvano nella direzione da questo raccomandata: soprattutto per quanto concerne il tema della sostenibilità e, in tale ambito, l’integrazione delle tematiche di Environment, Social and Governance nei processi decisionali e strategici delle società.
La nuova Relazione sulla politica in materia di remunerazione e sui compensi corrisposti
Abstract
La SHRD II, direttiva UE del 17 maggio 2017 le cui disposizioni attuative sono applicabili dal 10 giugno 2019, è volta in primo luogo a migliorare l’incoraggiamento dell’impegno a lungo termine degli azionisti attraverso norme volte a migliorare la governance delle aziende quotate e la trasparenza nei confronti degli azionisti.
Agli azionisti, infatti, è riconosciuto un ruolo più ampio ed incisivo nella definizione delle politiche di remunerazione del management (c.d. “Say on pay”), al fine di scoraggiare scelte gestionali orientate al breve termine, favorendo invece obiettivi di creazione di valore nel medio e lungo periodo.
Tra le novità in materia di remunerazioni, con particolare riferimento alla Relazione sulla politica in materia di remunerazione e sui compensi corrisposti, sono previsti il voto vincolante dell’assemblea per l’approvazione della politica di remunerazione (voto ex ante) e il voto consultivo per l’approvazione della sezione sui compensi corrisposti (voto ex post), in relazione all’obbligo previsto per la società di dare atto delle modalità con cui si è tenuto conto del voto espresso l’anno precedente sulla seconda sezione della relazione.
In Italia la SHRD II è stata recepita a livello di normativa primaria con il decreto legislativo 49/2019 che ha introdotto le necessarie modifiche al TUF, in particolare all’art. 123-ter, prevedendo la nuova disciplina in materia di “Relazione sulla politica in materia di remunerazione e compensi corrisposti”, da applicarsi a tutti gli esercizi finanziari in occasione delle assemblee di approvazione dei bilanci relativi agli esercizi finanziari aventi inizio a partire dal 1° gennaio 2019.
Il quadro regolamentare in tema di politiche di remunerazione: gli obiettivi della Direttiva e l’attuazione in Italia
La Direttiva (UE) 2017/828 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 maggio 2017 (“SHRD II” o la “Direttiva”), che modifica la direttiva 2007/36/CE (“SHRD”), ha introdotto significative novità in materia di governance delle società con azioni ammesse alla negoziazione in un mercato regolamentato degli Stati Membri (anche “società quotate”), attraverso un maggiore e più consapevole coinvolgimento degli azionisti nel governo societario, nonché l’agevolazione dell’esercizio dei diritti degli stessi azionisti. La Direttiva è volta, da un lato, ad incoraggiare l’impegno a lungo termine degli azionisti e, dall’altro, ad aumentare la trasparenza nei confronti degli azionisti stessi.
A tal scopo, la SHRD II detta regole precise in tema di (i) agevolazione della comunicazione tra la società e i suoi azionisti, (ii) trasparenza richiesta agli investitori istituzionali (assicurazioni e fondi pensione) e ai gestori di attivi (gestori collettivi ed individuali) sulla propria politica di impegno e strategia di investimento nelle società partecipate, nonché ai consulenti in materia di voto sull’elaborazione delle proprie ricerche e raccomandazioni, (iii) trasparenza e coinvolgimento dei soci in materia di remunerazione degli amministratori, (iv) presìdi informativi e procedurali per il compimento di operazioni rilevanti con parti correlate.
A livello nazionale alcune delle disposizioni della SHRD II, in materia di remunerazioni, sono state attuate nella normativa di rango primario dal Decreto legislativo 10 maggio 2019, n. 49 (“Decreto”), il quale ha apportato integrazioni e modifiche al Codice civile, al decreto legislativo del 24 febbraio 1998, n. 58 (TUF), al decreto legislativo del 13 dicembre 2005, n. 252 sulle forme pensionistiche complementari e al decreto legislativo del 7 settembre 2005, n. 209 (“Codice delle Assicurazioni Private” o “CAP”).
Il regime di trasparenza delle remunerazioni: l’attuazione della Direttiva in Italia
Tra le altre novità della Direttiva, di significativo impatto risulta la disciplina specifica in materia di remunerazione degli amministratori che, al fine di aumentare la trasparenza nei confronti degli stakeholders, prevede un maggior coinvolgimento dei soci sul tema.
La Direttiva, infatti, prevede la pubblicazione da parte delle società quotate sia di una politica di remunerazione sia di una relazione sui compensi individualmente corrisposti nell’esercizio di riferimento (remuneration report).
In Italia, il Decreto ha recepito tali novità modificando l’articolo 123-ter TUF, ora rubricato “Relazione sulla politica in materia di remunerazione e sui compensi corrisposti” (precedentemente, la rubrica recitava “Relazione sulla remunerazione”).
La norma continua a prevedere che le società quotate mettano a disposizione del pubblico, presso la sede sociale, sul proprio sito Internet e con le altre modalità stabilite dalla Consob, una relazione sulla politica di remunerazione e sui compensi corrisposti (la “Relazione”), specificando ora che deve essere redatta in modo chiaro e comprensibile al fine di garantire adeguata trasparenza nei confronti degli azionisti e di tutti gli altri stakeholders.
Come precedentemente previsto, la Relazione, divisa in due sezioni, deve dare atto nella prima sezione dei contenuti della politica di remunerazione, con riferimento non solo ai componenti degli organi di amministrazione, ai direttori generali e ai dirigenti con responsabilità strategiche, ma anche ai componenti degli organi di controllo (elemento di novità aggiunto in attuazione della Direttiva). In tal senso, vengono inclusi anche i componenti degli organi di controllo in coerenza con la definizione di “amministratore” contenuta all’art. 2, lett. (i), della Direttiva, che include anche i componenti dell’organo di vigilanza. Infine, le società sottopongono la politica di remunerazione al voto dei soci per approvazione, il quale, in base al nuovo testo dell’art. 123-TUF in attuazione della Direttiva, si prevede abbia efficacia vincolante.
La seconda sezione della Relazione deve fornire un’adeguata rappresentazione di ciascuna delle voci che compongono la remunerazione, evidenziandone la coerenza con l’intera politica di remunerazione relativa all’esercizio di riferimento, fornendo indicazioni su base individuale e nominativa per i componenti degli organi di amministrazione e di controllo, i direttori generali e in forma aggregata per i dirigenti con responsabilità strategiche.
Inoltre, in attuazione della SHRD II, le società dovranno illustrare nella seconda sezione della Relazione, oltre come noto ai compensi corrisposti, anche le modalità con cui la società abbia tenuto conto del voto espresso dagli azionisti l’anno precedente in merito alla seconda sezione della Relazione. Si prevede, infatti, che anche la seconda sezione della Relazione sia oggetto di approvazione da parte dell’assemblea degli azionisti, con deliberazione avente voto di natura non vincolante.
In tal modo, la Relazione diventa un ausilio importante per la lettura nel concreto della politica in materia di remunerazione, la quale, di per sé stessa, deve contribuire alla strategia aziendale, agli interessi a lungo termine e alla sostenibilità della società e deve illustrare come le scelte in materia di remunerazione siano un valido supporto nel raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità nel lungo periodo.
In particolare, le nuove disposizioni prevedono che le società quotate possano attribuire compensi solo in forza e in conformità con la politica di remunerazione approvata dai soci.
In confronto alla disciplina applicabile al settore bancario e assicurativo, che prevede l’inclusione nella policy sulla remunerazione anche di altri soggetti c.d. risk-takers, l’ambito di applicazione dell’articolo 123-ter del TUF risulta differente.
Secondo Consob, qualora le banche e le assicurazioni quotate volessero, con un unico documento, assolvere alla disciplina di cui all’art. 123-ter del TUF e alle discipline specifiche di settore, potrebbero includere nella relazione sulla remunerazione in oggetto anche informazioni, in forma aggregata, sui soggetti risk-takers non ricompresi nell’ambito di applicazione dell’art.123-ter TUF.
Infine, quale ulteriore metodo di monitoraggio, ai sensi del comma 8 bis dell’art. 123 ter TUF, introdotto in attuazione della Direttiva, il revisore legale o la società di revisione legale ha il compito di verificare l’avvenuta predisposizione della relazione sui compensi corrisposti.
Trasparenza e caratteristiche della Relazione sulla politica in materia di remunerazione e sui compensi corrisposti – Schema di proposta
L’art. 123-ter TUF modificato a seguito delle novità introdotte da SHRD II, ha conferito alla Consob il potere di definire le informazioni da includere nelle due sezioni della Relazione.
Pertanto, in data 31 ottobre 2019, la Consob ha avviato la consultazione “Modifiche al regolamento sulle operazioni con parti correlate, al regolamento mercati e al regolamento emittenti in materia di trasparenza delle remunerazioni, dei gestori degli attivi e dei consulenti in materia di voto in recepimento della direttiva (ue) 2017/828”, proponendo, in materia di remunerazioni, la modifica dell’art. 84-quater del regolamento Consob adottato con delibera n. 11971 del 14 maggio 1999 (“Regolamento Emittenti”). La consultazione si è conclusa il 1° dicembre 2019; ad oggi, le modifiche regolamentari non sono ancora state definite da Consob.
Il documento di consultazione specifica nel dettaglio i contenuti della Relazione che ciascun emittente deve pubblicare. In attuazione delle prescrizioni previste dalla Direttiva, è stato inserito un comma nell’art. 84-quater del Regolamento Emittenti, il quale riporta le prescrizioni riguardanti il contenuto della politica in materia di remunerazione, indicate dalla stessa Direttiva.
Il documento di consultazione propone importanti novità sugli aspetti di forma e di sostanza della Relazione. In particolare, le modifiche proposte al Regolamento Emittenti e negli schemi di disclosure sono complessivamente volte a riportare le previsioni della Direttiva in materia di contenuto della politica, in considerazione dell’alto livello di tecnicismo e di dettaglio della materia.
In primis, Consob richiede all’emittente di pubblicare la Relazione sul proprio sito internet per un periodo di almeno dieci anni, allineando il periodo di pubblicazione della Relazione a quanto disposto dall’articolo 9-ter della Direttiva.
Inoltre, Consob propone di integrare l’art. 84-quater del Regolamento Emittenti, con un nuovo comma 2-bis, con specifiche indicazioni circa il contenuto della politica in materia di remunerazione, in conformità con l’art. 9-bis par. 6 della Direttiva. Si richiede che la Relazione contenga esaustive informazioni in merito ai seguenti temi:
a) allineamento della politica di remunerazione alla strategia aziendale, al perseguimento degli interessi a lungo termine e alla sostenibilità della società quotata;
b) identificazione delle componenti della remunerazione che possono essere riconosciute, stabilendo criteri chiari, esaustivi e differenziati nel caso di attribuzione di remunerazione variabile, in modo che siano basati su obiettivi di perfomance sia finanziari sia non finanziari;
c) individuazione, da parte della società, degli elementi della politica di remunerazione ai quali è possibile derogare, in presenza di circostanze eccezionali indicate nell’art. 123-ter TUF, comma 3bis.
Inoltre, il documento di consultazione propone modifiche anche all’Allegato 3 del Regolamento Emittenti, contenente lo schema di disclosure (schema n. 7-bis) per la sezione I della Relazione (Politica in materia di remunerazione”), richiedendo agli emittenti che tale schema venga integrato con specifiche informazioni, in conformità con la Direttiva, tra cui:
- informazioni relative al processo di adozione, revisione ed attuazione della politica di remunerazione e alle misure per evitare e gestire i conflitti di interesse;
- specificazioni in materia di remunerazione variabile, tra cui la precisa indicazione di obiettivi di perfomance di natura finanziari e non finanziaria;
- indicazione di meccanismi di correzione ex-post (c.d. malus e clawback);
- elementi relativi ai contratti di lavoro alla base dei compensi (durata dei contratti, periodo di preavviso) applicabili in caso di cessazione della carica o di risoluzione del rapporto di lavoro.
Si propone, inoltre, che sia data disclosure nell’ambito della Sezione II della Relazione (schema n. 7-bis), “Compensi corrisposti”, all’Allegato 3 del Regolamento Emittenti), delle seguenti informazioni: (a) eventuali applicazioni di deroghe alla politica in materia di remunerazione in circostanze eccezionali; (b) indicazione degli obiettivi di performance raggiunti in confronti a quelli previsti ex-ante; (c) eventuale applicazione di meccanismi di correzione ex-post (c.d. malus e clawback); (d) il confronto tra la variazione annuale delle remunerazioni, dei risultati della società e della remunerazione dei dipendenti; (e) le informazioni di confronto per gli ultimi cinque anni esercizi, tra la variazione annuale del compenso di a amministratori e dei dipendenti diversi dagli amministratori; (f) le modalità con cui si è tenuto conto del voto espresso dall’assemblea sulla seconda sezione della relazione dell’esercizio precedente.
Considerazioni conclusive
Sono numerose le novità legislative previste dalla SHRD II e che sono state introdotte nel nostro ordinamento tramite il Decreto; si rimane, tuttavia, in attesa delle ulteriori novità che verranno introdotte da Consob.
Le società quotate dovranno confrontarsi con i nuovi obiettivi e prescrizioni previsti dalla Direttiva in tema di remunerazioni, i quali potranno richiedere una rivalutazione delle politiche di remunerazione attualmente vigenti, anche in previsione del voto vincolante dell’assemblea.
Inoltre, in riferimento alla seconda sezione della Relazione sui compensi corrisposti, alcuni dei nuovi elementi informativi richiedono analisi di dati complessi e di non facile ricostruzione quali, ad esempio, le informazioni da rendere sugli obiettivi raggiunti in confronto a quelli previsti, oppure le informazioni sulla variazione annuale degli ultimi cinque esercizi del compenso degli amministratori e dei dipendenti diversi dagli amministratori.
Inoltre, si sottolinea come i tempi adeguamento per le società quotate alle prescrizioni sopra citate risultino non poco stringenti: la regolamentazione secondaria di Consob – a seguito delle modifiche che risulteranno dal documento di consultazione del 31 ottobre 2019 – dovrebbe applicarsi in occasione delle assemblee di approvazione dei bilanci relativi agli esercizi finanziari iniziati a partire dal 1° gennaio 2019.
Il nuovo regime, pertanto, dovrebbe trovare applicazione tenendo in considerazione le tempistiche tecniche di convocazione delle assemblee e approvazione dei bilanci: come noto, infatti, la relazione sulla remunerazione dovrebbe essere pubblicata almeno 21 giorni prima dell’assemblea ordinaria di approvazione del bilancio (cfr. artt. 2364, 2364-bis c.c.) e dovrebbe essere approvata non più tardi di un mese prima dell’assemblea.
È indubbio, pertanto, che le società quotate dovranno essere in grado di adeguarsi in modo celere alle novità richieste da SHRD II.
Il recente intervento di Consob sulle modalità di rendicontazione ex post dei costi e oneri connessi alla prestazione di servizi di investimento e servizi accessori: primo commento e stato dell’arte
Abstract
In data 21 febbraio 2020, proprio in prossimità dell’inizio dell’emergenza sanitaria nazionale, Consob aveva avviato una consultazione con il mercato concernente la “Raccomandazione sulle modalità di rendicontazione ex post dei costi e degli oneri connessi alla prestazione di servizi di investimento e accessori”. La consultazione, che si è conclusa il successivo 7 marzo, riguarda uno dei temi senz’altro più innovativi e discussi di MiFID II e, nell’ambito della stessa Raccomandazione, Consob aveva peraltro indicato di aspettarsi “che gli intermediari tengano conto delle suddette raccomandazioni a far tempo dalla rendicontazione su costi e oneri sostenuti nell’anno 2019”.
Ad oggi – anche in considerazione della situazione in cui versa il nostro Paese – la Raccomandazione non è stata emanata.
Background normativo
Nel contesto della prestazione dei servizi di investimento ed accessori, la disciplina dell’informativa alla clientela costituisce uno dei profili di maggiori novità della Direttiva 2014/65/UE (“Direttiva MiFID II”), finalizzata ad assicurare un incremento nella consapevolezza, da parte degli investitori, in relazione a tutti i costi e oneri che saranno tenuti a sostenere nel contesto di ogni servizio di investimento.
In particolare, le previsioni di cui all’art. 24, comma 4, della Direttiva MiFID II (con riferimento alle informazioni che le imprese di investimento sono tenute a comunicare) sono state dettagliate dall’art. 50, Regolamento Delegato (UE) 2017/565 (il “Regolamento Delegato”) che pone una maggiore attenzione sui requisiti dell’informativa (i) tempestiva; (ii) presentata in forma aggregata (sia come importo in denaro che come percentuale); (iii) presentata in forma analitica; (iv) fornita con cadenza periodica ed, in ultimo, (v) in forma comprensibile.
A tal proposito, rilevante è l’Allegato 2 del Regolamento Delegato, che in modo dettagliato illustra le voci di tutti i costi e gli oneri connessi addebitati al cliente per il servizio o i servizi di investimento e/o servizi accessori che dovrebbero essere inseriti nell’importo da comunicare con relativi esempi.
Sul punto, l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati – ESMA – è intervenuta più volte, con le disposizioni di terzo livello, aggiornando le proprie Questions and Answers, con particolare riferimento alla Sezione 9 dedicata alle informazioni sui costi e oneri “Information on costs and charges” – “Questions & Answers on MiFID II and MiFIR investor protection topics” (“Q&A ESMA”).
A tal proposito, ESMA ha chiarito una serie di punti dettando indirizzi al fine di innalzare il livello di disclosure fino all’ultimo aggiornamento in tema di costi ex post e delle informazioni da fornire al cliente con riferimento al servizio di gestione del portafoglio (del 4 dicembre 2019).
Completa il quadro regolamentare nazionale, il Regolamento Consob n. 20307/2018 (il “Regolamento Intermediari”). Più nello specifico, l’art. 36, commi 1 e 2, lett. d), e 3, richiama le norme di dettaglio del Regolamento Delegato direttamente applicabili tale per cui la disciplina in materia di costi e oneri è rivolta agli intermediari, come definiti dall’art. 35, comma 1, lett. b), del Regolamento Intermediari, nonché ai consulenti finanziari autonomi e alle società di consulenza finanziaria di cui agli artt. 18-bis e 18-ter del TUF tenendo conto delle disposizioni previste dall’art. 50 del Regolamento Delegato.
Infine, con il richiamo di attenzione n. 2 del 28 febbraio 2019 della Consob (il “Richiamo di Attenzione”) – quale “diretto antecedente” della Raccomandazione – l’Autorità aveva già avuto modo di intervenire rammentando che le informazioni sui costi e gli oneri debbano essere fornite secondo modalità tali da garantire ai clienti un’informativa corretta, chiara e non fuorviante, nonché a favorire la confrontabilità tra servizi e prodotti finanziari, avuto particolare riguardo alla clientela retail. In aggiunta, la Consob ha precisato che è necessario che li trasmettano il prima possibile a decorrere dalla maturazione del periodo di riferimento (come specificato anche dalle Q&A ESMA) e che per potere ottemperare a tali obblighi, qualora le informazioni sugli strumenti finanziari non siano pubblicamente disponibili, i distributori dovrebbero mettersi nelle condizioni di ottenere i dati necessari dai produttori, laddove non siano essi stessi i manufacturer.
Dunque, la Raccomandazione si innesta su tutto quanto già normativamente esistente in materia, in ambito nazionale ed europeo, e sui tre livelli normativi (andando anche oltre per certi aspetti e determinando importanti discussioni, vecchie e nuove).
In ultimo, è noto che la disciplina MiFID rientri tra le tematiche più discusse e oggetto di continue revisioni negli ultimi anni, in particolare per la delicatezza delle tematiche che coinvolgono la clientela retail e dunque la loro protezione.
A tal proposito, il 17 febbraio 2020 la Commissione europea ha avviato una consultazione pubblica – conclusasi il 20 aprile 2020 – sulla revisione dell’impianto regolamentare della Direttiva MiFID II e del Regolamento MiFIR (c.d. “Verso MiFID III”) che, in aggiunta, mediante la Sezione I del questionario ha statuito domande di carattere generale sul funzionamento, nel suo complesso, dell’attuale disciplina.
Ciò dimostra chiaramente come sia intenzione della Commissione raccogliere le opinioni dei vari stakeholders sull’esperienza maturata nei primi due anni di adozione del nuovo assetto normativo-regolamentare.
Le prassi adottate in sede di prima applicazione della normativa rilevate dall’Autorità
La Consob ha rilevato prassi assai divergenti seguite dagli operatori per assolvere agli obblighi di cui alla disciplina in questione. Sotto il profilo fattuale, anche alla luce delle indagini di mercato condotte negli scorsi mesi – che hanno coinvolto principalmente sia una certa stampa specialistica che anche talune istituzioni universitarie – si è assistito a modalità di rendicontazione del tutto eterogenee.
Ciò per quanto riguarda sia le modalità redazionali adottate – anche nell’assenza di uno standard a livello normativo o di mercato – sia per quanto riguarda le tempistiche di trasmissione dei “primi” rendiconti, che ha sovente comportato il sacrificio degli investitori a ricevere l’informativa de quo il “prima possibile a decorrere dalla maturazione del periodo di riferimento”, come aveva già in particolare specificato la Consob nell’ambito del Richiamo di Attenzione, riprendendo quanto specificato da ESMA nelle proprie Q&A. E, come anche da più voci sottolineato, con esiti insoddisfacenti soprattutto in primo luogo sotto il profilo della comparabilità.
Aspetti centrali delle Raccomandazioni in Consultazione: struttura, contenuto e tempistiche
Con le Raccomandazioni in consultazione la Consob ha in particolare delineato prescrizioni in termini di (i) struttura, (ii) contenuto e (iii) tempistiche di trasmissione della rendicontazione.
Relativamente alla struttura del documento, questo potrà essere predisposto, alternativamente: (i) come informativa separata, pur anche trasmesso con altri documenti – come ad esempio, per il servizio di gestione di portafogli, il rendiconto periodico di gestione – ma sempre fisicamente distinto da essi; (ii) in una sezione avente precedenza rispetto alle altre di un documento più ampio, e senza che siano ivi contemplate ulteriore informativa (e.g. messaggi promozionali).
Relativamente al contenuto della rendicontazione, Consob riprende la tabella contenuta nelle Q&A ESMA (Q&A n.13) per la rappresentazione in forma aggregata dei costi sostenuti, idonea a riportare separatamente il totale, sia in misura assoluta che percentuale, dei costi e oneri relativi ai servizi, dei pagamenti di terzi ricevuti dall’intermediario e dei costi e oneri relativi agli strumenti finanziari nonché la sommatoria dei totali stessi.
Tra i profili contenutistici di maggior rilievo si segnalano i seguenti:
- la disciplina dei costi impliciti (e.g. le commissioni di strutturazione), che vengono applicati alla clientela ma non sono direttamente rappresentati alla clientela. In sede di prima applicazione gli intermediari si erano comportati in modalità discordanti ai fini della relativa esplicitazione o meno;
- la necessità di indicare i criteri e delle metriche utilizzati per determinare la “giacenza media” relativamente all’investimento;
- la necessità di esplicitare sia il rendimento lordo che il rendimento netto.
Relativamente, infine, alle tempistiche di trasmissione dei rendiconti, l’Autorità ha previsto termini entro cui assolvere all’obbligo di rendicontazione nei confronti della clientela.
Le Raccomandazioni in consultazione prevedono quindi che:
- con riferimento alle rendicontazioni annuali, l’invio deve essere effettuato entro la fine del mese di aprile dell’anno successivo a quello cui la rendicontazione si riferisce;
- con riferimento alle rendicontazioni infrannuali, ossia su base inferiore all’anno, l’invio dovrebbe essere effettuato in corrispondenza della fine del periodo successivo a quello di riferimento dei dati oggetto di rendicontazione.
La Consob ha rappresentato che le Raccomandazioni in consultazione dovrebbero essere già seguite nella redazione dei rendiconti per il 2019. Tempistiche che, per gli operatori del mercato e destinatari della disciplina, non sono affatto indifferenti in quanto notevolmente ravvicinate.
Infine, per mera completezza, si richiama che la consultazione Consob del 23 settembre 2019 in materia di prodotti di investimento assicurativi (“IBIPs”) ed avente ad oggetto le modifiche al Regolamento Intermediari necessarie per il recepimento della Direttiva 2016/97/UE (“IDD”) che richiama, tra le altre norme, l’art. 50 del Regolamento Delegato, specificando che “nell’ottica di attuare un innalzamento del livello di disclosure in favore dei clienti, tenuto conto del carattere di armonizzazione minima della IDD, nel comma 6 dell’articolo in esame sono state uniformate le regole applicabili alla distribuzione dei prodotti d’investimento assicurativi a quelle concernenti la prestazione dei servizi di investimento, attraverso il rinvio alla normativa delegata MiFID II (regolamento delegato (UE) 2017/565)”. Tuttavia, sul punto, si attende di conoscere gli esiti della consultazione stessa.
Conclusioni
L’intervento della Consob è volto, senza dubbio, a garantire una maggiore uniformità di mercato nazionale, alla luce del quadro di riferimento europeo, livellando le prassi finora discordanti seguite dagli intermediari, soprattutto in considerazione dell’evidente disparità di posizione degli operatori di mercato riguardo ad un profilo nevralgico della disciplina MiFID.
Ciò posto, si rilevano delle prime evidenti criticità. La consultazione contempla sì talune chiare e precise linee guida redazionali, mancando tuttavia di fornire dettagli relativi a taluni aspetti comunque di rilievo (ad esempio, inerenti agli oneri fiscali) dunque, non ancora intraprendendo un percorso verso una vera e propria standardizzazione che avrebbe forse potuto meglio salvaguardare l’esigenza di comparabilità tra rendiconti.
In particolare, standardizzazione che avrebbe potuto anche trovare fondamento sotto il profilo del diritto comunitario, laddove l’art. 24, comma 5, della Direttiva MiFID II sancisce la facoltà per gli Stati Membri di autorizzare il ricorso ad “informazioni in formato standardizzato” nella rappresentazione di costi ed oneri.
Un secondo profilo critico riguarda i tempi dell’intervento. A tal proposito, gli intermediari sarebbero richiamati a rivedere, a strettissimo giro, i propri modelli di rendicontazione nonché i sistemi ed i flussi informatici utilizzati per la produzione e popolazione dei medesimi.
Dunque, le modifiche che gli stessi sarebbero tenuti ad implementare sarebbero ancora fondate su di un testo delle raccomandazioni che potrebbe consolidarsi solamente a ridosso dell’invio dei rendiconti 2019, secondo la tempistica prospettata dall’Autorità.
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