Cosa resterà delle disposizioni e della prassi sviluppatasi nell’ambito del diritto societario nel periodo emergenziale?
A cura di Andrea Lensi Orlandi, Flavia Caltagirone, Marco Maggiulli e Claudia Pagliari
La massima del Consiglio Notarile di Milano n. 187 dello scorso 11 marzo e l’articolo 106 del D.L. “Cura Italia” n. 18/2020 hanno armonizzato il diritto societario con il “diritto dell’emergenza da Coronavirus”. Infatti, allo scopo di recepire anche in tale ambito le misure di distanziamento sociale è attualmente possibile – tra l’altro – che una Assemblea societaria si svolga interamente in modalità telematica, “dematerializzata” e “delocalizzata”.
Con tali interventi e a prescindere da qualsiasi disposizione statutaria, le riunioni sociali possono dunque validamente svolgersi da remoto con l’intervento di tutti i partecipanti, ivi inclusi il Presidente e il Segretario (o il Notaio), i quali possono ora trovarsi fisicamente in luoghi diversi l’uno dall’altro (c.d. riunioni “delocalizzate”).
Trattandosi di misure adottate in conseguenza di una situazione eccezionale, ci si chiede tuttavia cosa accadrà dopo il 31 luglio 2020 – data fino alla quale le misure emergenziali introdotte dal D.L. Cura Italia rimarranno in vigore – o comunque una volta che l’emergenza da COVID-19 sarà definitivamente terminata.
Ci si chiede, cioè, se l’entrata in vigore di tali norme possa costituire l’occasione per riflettere nel diritto societario il mutato contesto operativo e di funzionamento, in ragione delle più recenti innovazioni tecnologiche. Ciò costituirebbe un radicale cambio di pelle per le società che richiederebbe, oltre alle capacità professionali in campo, anche l’inclusione, sempre più forte, della componente digitale.
Ebbene, riteniamo auspicabile che a tale domanda si possa fornire risposta positiva giacché appare ragionevolmente difficile immaginare che si possa tornare indietro una volta “assaporati” i vantaggi della tecnologia.
Nel momento in cui sarà terminata l’emergenza sanitaria e si tornerà alla legislazione ordinaria, si potrebbe quindi ipotizzare che le società rivedano in tale ottica le previsioni statutarie ed i propri modus operandi.
Seguendo, perciò, gli orientamenti dottrinari che sono stati espressi, con riferimento alle Assemblee dei Soci – e nell’eventualità in cui gli statuti sociali siano silenti – potrebbero continuare ad applicarsi le modalità di svolgimento totalmente telematico delle riunioni, mentre l’onere della sottoscrizione dei verbali, sia postuma che contestuale alla loro redazione, continuerebbe ad essere in capo congiuntamente al Presidente e al Segretario.
Qualora, invece, gli statuti dispongano in materia, potrebbe essere valutata la convenienza di adeguare le previsioni in questi contenute in modo da recepire espressamente l’esperienza maturata nella fase emergenziale e rendere quindi possibile lo svolgimento delle riunioni assembleari in modalità semplificata al pari di quanto praticato oggi.
Simili considerazioni potrebbero altresì valere per le deliberazioni consiliari. Infatti, nonostante il silenzio del Legislatore e della massima in commento, quanto sinora osservato può ben applicarsi per analogia e a fortiori – stante il minor numero dei partecipanti e le minori questioni circa il rispetto del principio del metodo collegiale – anche alle adunanze dell’organo amministrativo.
Quindi, operando la stessa distinzione svolta per le Assemblee, nel caso in cui lo statuto sia silente potrebbe valutarsi una sua integrazione al fine di rendere possibile, in continuità con la pratica emergenziale, lo svolgimento delle riunioni consiliari esclusivamente in maniera telematica e a prescindere dalla compresenza del Segretario e del Presidente, con possibilità di verbalizzazione sia postuma che contestuale.
Qualora invece gli statuti contengano una previsione che richieda la necessaria compresenza del Presidente e del Segretario, si deve notare che una siffatta regola dovrebbe intendersi meramente funzionale alla formazione contestuale del verbale.
Ne deriva che una tale disposizione non solo non osterebbe alla verbalizzazione postuma della delibera consiliare, a prescindere dalla compresenza dei due soggetti, ma legittimerebbe anche lo svolgimento della riunione in maniera del tutto telematica.
Infine, si rappresenta come il luogo in cui si trovino i diversi partecipanti alle riunioni sociali risulti ancor più indifferente nel caso delle riunioni interamente dematerializzate, tanto che nella prassi emergenziale ne è stata ritenuta superflua la indicazione nell’avviso di convocazione: non vediamo per quale ragione tale orientamento non possa essere accolto in futuro, ma sarà in ogni caso doveroso verificare l’interpretazione che si consoliderà una volta cessata la pandemia e tenendo altresì in dovuta considerazione quanto le riunioni dematerializzate e delocalizzate troveranno effettivamente applicazione nella prassi societaria.
In ogni caso, sembra che l’esperienza tragica del COVID-19 possa portare con sé anche l’occasione per introdurre un “cambio di rotta” nel diritto societario: senza dimenticare le sue solide fondamenta ed il principio di collegialità nella assunzione delle deliberazioni che resta comunque il perno del momento decisionale, si potrebbe adottare un passo di marcia accelerato verso le riunioni sociali del futuro in cui la tecnologia è strumento intrinseco al diritto.
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