A cura di Giulia Spalazzi e Valentina Panettella
Con nota n. 298 del 24 giugno 2020, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha specificato che la sospensione del licenziamento, prevista fino al 17 agosto 2020 dagli artt. 46 e 103 D.L. n. 18/2020 e art. 80 D.L. n. 34/2020, include anche i licenziamenti per sopravvenuta inidoneità alla mansione.
Con l’espressione “sopravvenuta inidoneità alla mansione” si intende la perdita parziale o totale, da parte del lavoratore, dell’idoneità allo svolgimento delle mansioni per le quali è stato assunto, che può essere causata dal sopraggiungere o dall’aggravarsi di una patologia fisica o psichica. A riguardo, è bene evidenziare come sia ormai superato l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale la definitiva perdita parziale della capacità lavorativa legittimava la risoluzione automatica del rapporto, ex art. 1464 c.c. La sentenza n. 7755 del 7 agosto 1998 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, infatti, ha chiarito che l’adozione della regola della risoluzione automatica del contratto deve escludersi in materia di diritto del lavoro proprio in virtù della specialità degli interessi coinvolti.
L’impossibilità sopravvenuta della prestazione lavorativa non può, pertanto, integrare una forma di inadempimento da parte del lavoratore, né risultare idonea a estinguere automaticamente il rapporto di lavoro; essa si limita, infatti, a costituire una possibile ipotesi di giustificato motivo oggettivo di licenziamento, idonea ad attivare il c.d. obbligo di repêchage da parte del datore. L’obbligo di trovare una possibile diversa utilizzazione del lavoratore in azienda, però, non può tradursi nell’imposizione in capo al datore di lavoro di realizzare una modifica degli assetti organizzativi aziendali vigenti poiché se da un lato la Costituzione tutela il diritto al lavoro e alla salute (ex artt. 4 e 32 Cost.), dall’altro riconosce la libertà di impresa (ex art. 41 Cost.), preservando la discrezionalità delle scelte economico-imprenditoriali del datore di lavoro.
Il licenziamento per sopravvenuta e permanente inidoneità del lavoratore risulterà, dunque, legittimo se l’adozione degli “opportuni adattamenti organizzativi” appaia irragionevole, comportando ad esempio oneri finanziari sproporzionati, inefficienze produttive o un inasprimento dei rischi per la salute e la sicurezza per gli altri lavoratori(Cass. 27243/2018; Cass. 10018/2016). Inoltre, nell’ambito dell’esperimento dell’obbligo di repêchage, il datore di lavoro che, in attuazione del principio di correttezza e buona fede individui mansioni inferiori compatibili con il nuovo status del lavoratore, potrà procedere al demansionamento anche a prescindere dalla stipula di un patto di demansionamento, essendo questa l’unica alternativa al recesso datoriale (Cass. 10018/2016; Cass. 18020/2017; Cass. 27243/2018).
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