A cura di Felice De Lillo, Lucia Pagliari
Il D.M. 4 luglio 2019, in conformità alle Linee guida in materia di aiuti di Stato per l’energia e l’ambiente di cui alla comunicazione della Commissione europea (2014/C 200/01), regolamenta le misure di sostegno alla produzione di energia elettrica dagli impianti alimentati a fonti rinnovabili, attraverso la definizione di incentivi e modalità di accesso che promuovano l’efficacia, l’efficienza e la sostenibilità, sia ambientale che degli oneri di incentivazione. Il citato decreto interministeriale, individua, nello specifico, gli impianti che possono accedere agli incentivi in base alla tipologia, alla fonte energetica rinnovabile e alla categoria di intervento. Inoltre, indica, diverse modalità di accesso ai meccanismi di incentivazione, tramite iscrizione in appositi registri ovvero tramite procedure competitive di aste al ribasso nonché i requisiti generali per l’accesso ai meccanismi di incentivazione dando mandato al GSE di definire le procedure dei registri e delle aste per l’accesso agli incentivi previsti.
In particolare, con riferimento alla fattispecie in esame, l’art. 7 del decreto interministeriale rubricato “Determinazione delle tariffe incentivanti e degli incentivi”, prevede al comma 6, che ” ferme restando le determinazioni dell’ARERA in materia di dispacciamento, per gli impianti di potenza non superiore a 250 kW che rientrano nel campo di applicazione del presente decreto, il GSE provvede, ove richiesto dal produttore, al ritiro dell’energia elettrica, erogando, sulla produzione netta immessa in rete, la tariffa spettante omnicomprensiva”. I successivi commi 7 e 8 prevedono che per gli impianti diversi da quelli di cui al comma 6, il GSE calcola la componente incentivo come differenza tra un valore fissato e il prezzo zonale orario dell’energia (riferito alla zona in cui è immessa in rete l’energia elettrica prodotta dall’impianto). Gli impianti di potenza inferiore o uguale a 250 kW possono optare per l’una o per l’altra tipologia di incentivazione, per gli impianti di potenza superiore a 250 kW è previsto esclusivamente il riconoscimento dell’Incentivo.
Nello specifico, per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili di potenza superiore a 250 kW, il GSE calcola la componente incentivo pari alla differenza tra la tariffa spettante e il prezzo zonale orario e, qualora tale differenza sia positiva, il GSE eroga gli importi dovuti con riferimento alla produzione netta immessa in rete, secondo le modalità previste dall’articolo 25 del decreto interministeriale 23 giugno 2016; qualora tale differenza sia negativa, il medesimo GSE conguaglia ovvero provvede a richiedere al soggetto responsabile la restituzione ovvero la corresponsione dei relativi importi.
In tutti i casi, il citato comma 7 prevede che l’energia elettrica prodotta dai medesimi impianti di produzione resta nella disponibilità del produttore.
Alla luce della regolamentazione sopra richiamata, emerge che l’Incentivo di cui all’art. 7, comma 7, del D.M. 4 luglio 2019 viene erogato al fine di compensare il divario di valore esistente tra la “Tariffa Spettante” che il produttore percepirebbe qualora vendesse l’energia al GSE e il prezzo zonale orario (che si sostanzia nel prezzo che il produttore riceve allorquando vende l’energia a terzi con riferimento alla zona in cui è immessa in rete l’energia elettrica prodotta dall’impianto). L’obiettivo del Legislatore, attraverso la previsione dell’Incentivo in esame, è quello di garantire al produttore una remunerazione certa a fronte della immissione dell’energia sul mercato, pari alla Tariffa Spettante predeterminata dal Decreto Ministeriale citato e, al tempo stesso, porre un tetto al costo dello schema incentivante dal momento che il costo degli incentivi, rappresentato nella componente ASOS (oneri generali di sistema) della bolletta elettrica, grava sul consumatore finale e quindi sull’intera collettività.
Perplessità sulla qualificazione IVA di tale incentivo è stata espressa dagli operatori di settore in quanto, a differenza dei precedenti decreti MISE, l’elemento di novità del DM 4 luglio 2019 consiste nel fatto che qualora il prezzo zonale orario risulti superiore alla tariffa spettante, il produttore corrisponde al GSE la differenza. Infatti, dal momento che come anticipato, l’energia prodotta da tali impianti rimane nella disponibilità del produttore che la immette in rete, non vi è alcuna cessione del bene energia al GSE da parte del produttore. Da ciò consegue qualche incertezza sul trattamento IVA da riservare a tale forma di incentivazione. Più in particolare, ci si è interrogati se tale incentivo potesse qualificarsi come un contributo a fondo perduto e quindi escluso dalla base imponibile IVA o se invece rappresentasse una integrazione di prezzo e quindi assoggettabile ad Iva o se potesse qualificarsi come un derivato e quindi imponibile ad Iva ancorchè esente.
Ad avviso di chi scrive l’incentivo ha natura di integrazione/rettifica di prezzo, per i motivi che seguono.
L’incentivo non è erogato come un contributo a fondo perduto bensì vincolato all’esecuzione da parte del beneficiario di una prestazione determinata e pertanto non può qualificarsi come mera cessione di denaro esclusa ai fini IVA.
Infatti, l’incentivo in parola è indiscutibilmente connesso al corrispettivo pagato dal primo acquirente al produttore nel momento di immissione in rete dell’energia da parte di quest’ultimo e la sua funzione è proprio quella di garantire al produttore un prezzo predeterminato dalla tariffa. Pertanto, così come è indubitabile la natura sinallagmatica del prezzo lo è altrettanto l’incentivo erogato/riscosso dal GSE nei confronti del produttore. Trattandosi di un’integrazione di prezzo, la natura dell’Incentivo non muta anche quando sia il produttore a dover versare al GSE la differenza tra prezzo di mercato e Tariffa Spettante.
Il corrispettivo ricevuto dal produttore di energia è costituito infatti dal prezzo pagato dall’acquirente a cui si somma e/o sottrae l’incentivo erogato/riscosso dal GSE.
Inoltre, la forma di incentivazione descritta nel D.M. 4 luglio 2019 non può qualificarsi come un contratto derivato in quanto lo stesso presenta dei requisiti che, in base alla prassi contabile internazionale non caratterizzano un tale contratto.
A supporto delle argomentazioni sopra illustrate vi è anche la sentenza della Corte di Giustizia del 27 marzo 2014 (causa C-151/13) in cui è stato precisato che ogniqualvolta vi sia un nesso anche solo indiretto tra la sovvenzione erogata ed una controprestazione fornita dal beneficiario di tale sovvenzione, quest’ultima costituisce un’integrazione del prezzo e rientra nel campo di applicazione dell’IVA.
Le conclusioni sopra riportate, appaiono, peraltro, in linea con quanto chiarito dall’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 36/E del 19 dicembre 2013 relativamente al trattamento, ai fini IVA, degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, in ordine allo specifico incentivo (di cui all’art. 5, comma 1, del citato decreto 5 luglio 2012) previsto per gli impianti di potenza superiore a 1 Mw e dato dalla differenza tra tariffa omnicomprensiva e prezzo zonale orario.
Infine, sembrerebbe che anche l’amministrazione finanziaria recentemente interrogata sulle forme d’incentivazione di cui al DM 4 luglio 2019 oggetto del presente approfondimento, ne abbia confermato la natura di integrazione di prezzo in una risposta ad un interpello non pubblicato.
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