La Direttiva (UE) 2018/957 sul distacco transnazionale è legge anche in Italia

A cura di Marzio Scaglioni, Giulia Spalazzi, Davide Poli e Valentina Panettella

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto Legislativo n. 122 del 15.9.2020, anche l’Italia recepisce la Direttiva (UE) n. 2018/957, recante modifica della direttiva 96/71/CE relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi.

Scadeva lo scorso 30 luglio il termine ultimo entro il quale gli stati membri avrebbero dovuto ufficialmente conformarsi alla direttiva europea e, al pari dell’Italia, oggi sono allineati anche Francia, Germania, Belgio, Estonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Repubblica Ceca, Slovacchia e Svezia.

Le nuove norme, in vigore ufficialmente dal prossimo 30 settembre, andranno ad adeguare l’ordinamento nazionale a quello comunitario, intervenendo sulle misure contenute nel D. Lgs. n. 136/2016 (a sua volta emanato in recepimento della direttiva europea 67/2014), ribadendo come le imprese debbano garantire ai lavoratori distaccati le medesime condizioni riconosciute al personale locale, applicando ipso iure, se più favorevoli, le stesse condizioni di lavoro e occupazione previste in Italia da disposizioni normative e contratti collettivi di tutti i settori lavorativi, in particolare quelli previsti per i lavoratori che effettuano attività analoghe nel medesimo luogo in cui si svolge il distacco.

A garanzia del raggiungimento di tale obiettivo, è stato ampliato, nonché in alcuni ambiti riformulato, l’elenco delle condizioni di lavoro e occupazione, prevedendosi l’applicazione della legge dello Stato membro ospitante, anche mediante l’inclusione della disciplina in tema di alloggio, indennità o rimborso spese in caso di trasferte o viaggi richiesti dalla società distaccataria, nonché in materia di retribuzione e congedi annuali.

Inoltre, l’applicazione del presente decreto, in parte, viene estesa anche alle agenzie di somministrazione, escludendo ancora una volta il settore del trasporto su strada.

Le nuove disposizioni impongono dunque alle aziende – quale che sia la durata complessiva del distacco – un primo termine di 12 mesi, prorogabili per ulteriori 6 mesi dal Ministero del lavoro in caso di notifica motivata, scaduti i quali si applicheranno integralmente le condizioni di lavoro previste nel paese della distaccataria secondo le disposizioni normative e i contratti collettivi comparativamente più rappresentativi, ad eccezione delle condizioni di cessazione del rapporto di lavoro, delle clausole di non concorrenza e della regolamentazione inerente i fondi integrativi.

All’interno di tale scenario, vale la pena di ricordare come né la Direttiva né il decreto legislativo di recepimento siano intervenuti in modifica delle procedure e degli adempimenti in materia di notifica del distacco transnazionale (ad eccezione delle ipotesi di somministrazione), restando in vigore nei medesimi termini le modalità già previste nell’articolo 10 del D. Lgs. 136/2016.

Allo stesso modo, né la Direttiva né di conseguenza il decreto legislativo di recepimento hanno in alcun modo recato modifiche alla regolamentazione di riferimento in materia di rilascio delle certificazioni A1 (la cui durata complessiva, pertanto, rimane ancorata in termini generali al limite di 24 mesi prorogabili solo in presenza di sostanziali motivi legittimanti), rimanendo pertanto del tutto invariate le disposizioni già contenute all’interno del Regolamento n. 883/2004 (così come modificato dal Regolamento n. 987/2009).

Talune “novità” introdotte dal Decreto non possono essere definite propriamente tali se si considera il ruolo antesignano ricoperto negli ultimi anni dalla Corte di Giustizia (si pensi alla pronuncia del 12 febbraio 2015, C-396/13, dove la Corte aveva interpretato l’originaria nozione di «tariffe minime salariali», rimettendo di fatto agli Stati il potere di determinarne il contenuto).

Quanto detto, però, non intacca l’importanza della novella che, oltre a cristallizzare dei diritti in capo ai lavoratori distaccati mira a contrastare con più efficacia il dumping salariale nonché la perpetrazione di pratiche fraudolente.

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