A cura di Luca Ghelli e Beatrice Pelo
Con la Risposta ad interpello n. 336/2020, dello scorso 10 settembre 2020, l’Agenzia delle Entrate si è pronunciata, con riferimento ad un caso sottoposto da un contribuente, in merito alla possibilità di attribuire lo status di esportatore abituale alla stabile organizzazione in Italia di una Società che ha trasferito la propria residenza fiscale all’estero, ai sensi dell’art. 166, del TUIR.
Come noto, il regime IVA previsto per gli esportatori abituali è disciplinato dall’art. 8, comma 1, lett. c), del d.P.R. n. 633/1972, ai sensi del quale, gli operatori economici che pongono in essere operazioni non imponibili, quali esportazioni e cessioni intracomunitarie, possono effettuare acquisti senza pagamento dell’imposta nei limiti dei corrispettivi relativi alle operazioni non imponibili registrate nell’anno solare, ovvero nei dodici mesi precedenti.
La ratio sottesa alla norma appena menzionata è quella di agevolare i rapporti tra Erario ed esportatori abituali, consentendo a questi ultimi di non versare anticipatamente l’IVA sugli acquisti, nel caso in cui siano state poste in essere, in prevalenza, operazioni attive non imponibili.
Proprio in ragione di tale ratio, con l’istanza di interpello in commento, il contribuente ha domandato all’Agenzia delle Entrate se, a seguito del trasferimento all’estero della sede legale di una Società, ma con mantenimento di risorse umane e tecniche (assets) in Italia, tali da configurarne una stabile organizzazione nel territorio dello Stato, essa possa subentrare nello status di esportatore abituale e, quindi, utilizzare il plafond maturato dalla Società anteriormente il trasferimento della sede, con facoltà di utilizzarlo al fine di effettuare acquisti senza applicazione dell’IVA.
Nel caso sottoposto all’Agenzia delle Entrate, solo descritto sinteticamente nella versione pubblicata, il contribuente ritiene che tale facoltà debba essere riconosciuta.
Difatti, nell’ipotesi di trasferimento all’estero della sede della Società, con conseguente emersione di una stabile organizzazione in Italia, a parere dell’istante, dovrebbero risultare applicabili gli stessi principi espressi dall’amministrazione finanziaria in tema di trasferimento del plafond nell’ambito delle operazioni straordinarie.
Con riferimento a tali operazioni, l’Ufficio, coerentemente con il principio comunitario di cui all’art. 19, par. 1, della direttiva 2006/112/CE, ha generalmente ritenuto che, qualora si determini il mutamento soggettivo dell’esercente un’attività rilevante ai fini IVA, il plafond maturato in capo al dante causa viene trasferito all’avente causa, subordinatamente al ricorrere di due specifiche condizioni.
Occorre, in particolare, che l’avente causa, senza soluzione di continuità:
- continui a svolgere l’attività relativa al complesso aziendale oggetto di trasferimento, precedentemente svolta dal dante causa – laddove il complesso aziendale trasferito sia quello da cui scaturisce il plafond;
- subentri nei rapporti giuridici (sia attivi che passivi) relativi al complesso aziendale trasferitogli.
La sussistenza delle appena elencate condizioni è stata riscontrata dall’Ufficio nel caso portato alla sua attenzione con l’atto di prassi oggetto di disamina.
Pertanto, l’Agenzia delle Entrate ha concordato con l’istante, in riferimento all’applicabilità al caso concreto, dei medesimi principi applicabili ai casi di trasferimento del plafond nell’ambito delle operazioni straordinarie.
Ne deriva, a fortiori, che, il plafond maturato dalla Società la cui sede è stata trasferita all’estero, possa essere attribuito alla stabile organizzazione risultante in Italia.
Quest’ultima, infatti, subentra alla propria casa madre (la cui sede principale è stata trasferita), senza soluzione di continuità, nell’attività e nei rapporti giuridici facenti capo alla società trasferita.
Tale circostanza, a detta dell’Agenzia, viene rafforzata dal fatto che la stabile organizzazione conserva lo stesso numero di partita IVA e lo stesso codice fiscale italiani della Società trasferita (secondo un principio già affermato con la Risposta ad interpello n. 73/2018 dello scorso 22 novembre 2018).
Dunque, l’Agenzia delle Entrate è pervenuta ad una conclusione coerente con quanto già sostenuto, in passato, con numerosi interventi di prassi.
Alla luce di quanto sopra esposto, risulta evidente come l’Amministrazione Finanziaria, con la Risposta ad interpello in commento, confermi l’orientamento già consolidato in relazione ad altre fattispecie di business combinations, secondo il quale, il plafond viene trasferito nel caso in cui vengano riscontrate situazioni di continuità sostanziale.
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