Il contratto di commissione e il mandato senza rappresentanza ai fini IVA

Il punto alla luce della sentenza della Corte di Giustizia nella causa C-734/19

A cura di Davide Accorsi e Giorgio Beretta

Con la sentenza nella causa C-734/19 dello scorso 12 novembre 2020, la Corte di Giustizia si è pronunciata, inter alia, circa la possibilità di applicare le speciali regole IVA previste per i commissionari agli artt. 28 e 14, par. 2, lett. c) della Direttiva 2006/112/CE, anche in mancanza di un mandato senza rappresentanza.

L’art. 28 della Direttiva 2006/112/CE stabilisce che “[q]ualora un soggetto passivo che agisca in nome proprio ma per conto terzi partecipi ad una prestazione di servizi, si ritiene che egli abbia ricevuto o fornito tali servizi a tiolo personale”. Similmente dispone l’art. 14, par. 2, lett. c) della medesima Direttiva con riferimento alle prestazioni eseguite da commissionari per l’acquisto o la vendita di beni. Per quanto concerne la normativa nazionale, la relativa disciplina è invece delineata, per gli acquisiti e le cessioni beni, dall’art. 2, comma 2, numero 3), mentre, per le prestazioni di servizi, dall’art. 3, comma 3, ultimo periodo del d.P.R. n. 633/1972.

Per eliminare alcuni inconvenienti connessi alla trasparenza dell’imposta, le richiamate disposizioni introducono una finzione giuridica in virtù della quale qualora un soggetto agisca in nome proprio ma per conto di altri, ai fini dell’IVA, è come se l’intermediario riceva o fornisca i servizi, ovvero effettui gli acquisti o le cessioni di beni, in nome proprio (sul punto, per tutti, si veda la sentenza C-464/10 (Henfling and Others), par. 35). Si viene così a realizzare una duplice operazione rilevante ai fini IVA: l’una tra terzo ed intermediario, l’altra tra intermediario e cliente. Ciò comporta che entrambe le operazioni devono essere autonomamente fatturate e l’IVA si dovrà applicare distintamente ad ambedue le fattispecie, così assicurando il diritto alla detrazione dell’imposta sia all’intermediario che al cliente.

L’applicazione del peculiare regime IVA appena descritto presuppone l’esistenza di un rapporto negoziale tra intermediario e cliente in forza del quale il primo soggetto si obbliga a porre in essere uno o più atti giuridici in nome proprio ma per conto del secondo soggetto. Sotto il profilo civilistico, tale contratto è solitamente riconducibile allo schema negoziale della commissione (art. 1731 del Codice Civile) ovvero, più latamente, ad un mandato senza rappresentanza (art. 1705 del Codice Civile). Viceversa, per quanto concerne l’ipotesi negoziale del mandato con rappresentanza (art. 1704 del Codice Civile), attesa la circostanza dell’imputazione diretta degli effetti degli atti compiuti dal mandatario nella sfera giuridica del mandante, l’operazione posta in essere dal mandatario nei confronti del terzo sarà da considerare effettuata nei confronti dello stesso direttamente dal mandante.

Ciò precisato, la questione posta al vaglio dei giudici lussemburghesi nella vicenda in rassegna atteneva proprio alla necessaria sussistenza, ai fini dell’applicabilità del peculiare regime IVA sopra descritto, di un contratto di commissione e/o di un mandato senza rappresentanza. Segnatamente, nella vicenda in esame, si trattava di verificare l’applicabilità delle speciali regole IVA previste per i commissionari nel caso in cui un soggetto passivo, al di fuori di un contratto di mandato senza rappresentanza, si era impegnato a realizzare un edificio in conformità alle esigenze e alle richieste di un’altra persona che intendeva prendere in locazione tale edificio.

Il quesito ha trovato una risposta negativa da parte della Corte di Giustizia. In specie, l’organo di giurisprudenza euro-unitaria ha ritenuto che, affinché le disposizioni IVA sopra richiamate possano applicarsi, devono essere soddisfatte congiuntamente due condizioni, ossia:

  1. deve esistere un mandato in esecuzione del quale il mandatario intervenga, per conto del mandante, nella cessione di beni e/o nella prestazione di servizi; nonché
  • deve sussistere un’identità tra le cessioni di beni e/o le prestazioni di servizi eseguite dal mandatario da un lato e le cessioni di beni e/o le prestazioni di servizi eseguite dal mandante dall’altro.

Con riferimento al primo dei due requisiti, la Corte di Giustizia, pur rilevando che la Direttiva 2006/112/CE non prevede la forma, scritta o orale, in cui il mandato in questione debba essere conferito, ha precisato che tra il mandatario e il mandante deve nondimeno esistere un accordo avente ad oggetto il conferimento di un mandato. Nel caso di specie, alla luce degli elementi contenuti nel fascicolo di causa, la sussistenza di un accordo di tal natura è stata esclusa dalla Corte di Giustizia.

Rispetto al secondo requisito, relativo all’identità delle due operazioni in questione, i giudici lussemburghesi hanno invece chiarito che le speciali regole IVA previste per i mandatari/commissionari si applicano laddove non soltanto le operazioni di cui trattasi siano identiche, ma altresì si realizzi, se del caso, un trasferimento del diritto di proprietà ad esse connesso. Anche la sussistenza di tale seconda condizione è stata esclusa dalla Corte di Giustizia, atteso che nella vicenda in esame l’intermediario aveva acquisito beni e servizi a suo nome, nonché per conto proprio e non già per conto terzi, nonostante lo scopo cui le anzidette acquisizioni erano dirette consistesse nel fornire prestazioni di servizi adeguate alle specifiche esigenze di un determinato cliente.

In ultimo, è interessante notare come le statuizioni della Corte di Giustizia nella sentenza in rassegna, soprattutto con riferimento alla necessaria esistenza di un accordo tra le parti ascrivibile ad un mandato senza rappresentanza, siano sovrapponibili a quanto affermato nel 2014 dalla Corte di Cassazione in una vicenda per certi versi analoga. In tale circostanza, a fronte delle contestazioni dell’Amministrazione finanziaria circa la simulazione di un contratto di procacciamento d’affari dissimulante un reale contratto di commissione tra due società, che avrebbe consentito all’intermediario di evitare la fatturazione e il conseguente versamento dell’IVA sulle operazioni da lui eseguite, il Supremo Organo di legittimità ha affermato che, affinché possa applicarsi il particolare regime IVA previsto per i commissionari, è necessario che sia fornita specifica prova della sussistenza di un contratto di commissione dissimulato da un contratto di procacciamento d’affari, stante la netta distinzione tra le due figure contrattuali del commissionario e del procacciatore d’affari, l’uno tenuto a compiere uno o più atti giuridici per conto del committente, l’altro operando come semplice veicolo di trasmissione delle proposte contrattuali (Cass. Civ., Sez. V, sentenza n. 1568 del 27 gennaio 2014).

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Davide Accorsi

PwC TLS Avvocati e Commercialisti

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