Dubbi sulla misurazione della «rappresentatività» del CCNL
A cura di Francesca Tironi e Michele Giammusso
Con la Circolare n. 17 del 19 novembre 2020, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ritorna sul tema della del lavoro dei ciclo-fattorini (c.d. riders) delle piattaforme digitali.
Il testo passa in rassegna le modifiche innovative apportate al Decreto Legislativo 15 giugno 2015, n. 81, dalla Legge 2 novembre 2019, n. 128, con le quali si era per la prima volta disciplinata l’attività lavorativa dei riders delle piattaforme digitali.
La Legge 2 novembre 2019 n. 128 attribuisce ai riders tutele differenziate a seconda che la loro attività sia riconducibile alla nozione generale di collaborazione coordinata e continuativa etero-organizzata, di cui all’art. 2 del D.Lgs. n. 81/2015 ovvero a quella di lavoro autonomo occasionale di cui all’art. 47-bis del medesimo decreto legislativo.
Chiarito che i riders, a seconda delle concrete modalità operative, possono essere inquadrati sia nella fattispecie di collaborazione coordinata e continuativa etero-organizzata sia in quella di lavoro autonomo occasionale, la Circolare procede nell’illustrare le due ipotesi.
1) Nel caso in cui i riders lavorino in via continuativa e con attività prevalentemente personale, secondo modalità esecutive definite dal committente attraverso la piattaforma – e a prescindere dal fatto che l’etero-organizzazione si eserciti anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro – sarà applicabile la previsione di cui all’art. 2 del D.Lgs. n. 81/2015. Nello specifico, tale norma garantisce l’applicazione della disciplina del rapporto di lavoro subordinato. In ogni caso, è fatta salva la possibilità per i contratti collettivi di prevedere discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo.
2) Qualora, invece, i riders lavorino in assenza delle condizioni di subordinazione ma svolgano una prestazione di carattere occasionale troveranno applicazione gli articoli da 47-bis a 47-quater del D.Lgs. n. 81/2015. In particolare con l’art. 47-bis, in tema di compenso, viene demandata ai contratti collettivi la facoltà di definirne la determinazione, secondo criteri che tengano conto delle modalità di svolgimento della prestazione e dell’organizzazione del committente. In mancanza dei suddetti contratti collettivi, i riders non possono essere retribuiti in base alle consegne effettuate (il c.d. cottimo), ma dovrà essere loro garantito un compenso minimo orario parametrato ai minimi tabellari stabiliti da contratti collettivi nazionali di settori affini o equivalenti.
La Circolare specifica che i contratti collettivi abilitati a dettare una disciplina prevalente rispetto a quella legale risultano essere – sia per l’ipotesi di etero-organizzazione, sia per l’ipotesi di lavoro autonomo – quelli stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Un contratto collettivo nazionale concluso in assenza dei criteri indicati, perché sottoscritto da organizzazioni sindacali di non accertata maggiore rappresentatività comparativa nell’ambito categoriale di riferimento o da un’unica organizzazione sindacale non maggioritaria in termini assoluti, non è idoneo a derogare alla disciplina di legge, onde non può produrre l’effetto di sostituzione della disciplina minima di tutela con quella pattizia nei confronti dei lavoratori cui intende applicarsi, anche se iscritti all’organizzazione stipulante.
Tali ultime consideraioni sembrano riconducibili proprio al contratto collettivo nazionale sottoscritto lo scorso 15 settembre da parte di AssoDelivery e Ugl Rider, da considerare, alla luce dei principi enunciati dalla Circolare, non idoneo a derogare alla disciplina di legge.
In merito, sorgono alcuni dubbi circa la misurazione della “rappresentatività” del contratto, posto che il settore del delivery non è mai stato oggetto di specifiche disposizioni contrattuali prima d’ora.
In altri termini, a quale settore ci si deve riferire nel misurare la maggiore rappresentatività?
Secondo la Circolare, parrebbe più corretto fare riferimento al macro-settore della logistica, trasporto merci e spedizioni, per il quale già esiste un contratto collettivo nazionale.
A ciò però è facile opporre che l’obiettivo delle parti è proprio quello di far nascere una nuova categoria attraverso un contratto collettivo che, nel rispetto della libertà sindacale, la istituisce e ne regolamenta la disciplina.
In altri termini, nell’emergere di nuove tipologie di attività produttive e di nuove forme di collaborazione, si tratterebbe di stabilire se si debba o meno attribuire rilevanza decisiva alle parti sindacali. Circostanza questa, a cui la Circolare non pare aver prestato la dovuta attenzione.
Infine, ci attendiamo una reazione da parte delle associazioni sindacali chiamate, anche grazie a questo nuovo arresto del Ministero, ad intervenire con efficacia.
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