Regime Impatriati – novità introdotte dalla Circolare n. 33/E 2020 dell’Agenzia delle Entrate

A cura di Lucia Zedda, Domenico Antonacci e Paolo Lucarini

Con la presente pubblicazione provvediamo a fornire un riassunto delle principali implicazioni derivanti dalle indicazioni fornite dall’Amministrazione Finanziaria per mezzo della Circolare 33/E del 28 dicembre 2020, in merito all’applicazione del regime fiscale previsto dall’Articolo 16 del D. Lgs 147/2015 “Decreto Internazionalizzazione”, cosiddetto “Regime Impatriati”.

Tale regime che è stato oggetto nel corso degli anni di varie modifiche, tra le più importanti si segnalano quelle apportate ad opera del decreto legge n° 34 del 30 aprile 2019 “Decreto Crescita” convertito, con modificazioni con la legge n° 58 del 2019 attraverso il quale sono stati ridefiniti i criteri soggettivi ed oggettivi di accesso al beneficio a decorrere dall’anno d’imposta 2020.

Si riportano qui di seguito riportati alcuni chiarimenti forniti tramite la sopramenzionata Circolare 33/E che per praticità sono stati organizzati secondo l’indice utilizzato dalla stessa Amministrazione Finanziaria.

Requisiti soggettivi ed oggettivi

L’articolo 16 del Decreto Internazionalizzazione nella formulazione attualmente in vigore dal 1° maggio 2019 prevede che «Il redditi di lavoro dipendente, i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente e i redditi di lavoro autonomo prodotti in Italia da lavoratori che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 30 per cento del loro ammontare al ricorrere delle seguenti condizioni: a) i lavoratori non sono stati residenti in Italia nei due periodi di imposta precedenti il predetto trasferimento e si impegnano a risiedere in Italia per almeno due anni; b) l’attività lavorativa è prestata prevalentemente nel territorio italiano».

Il testo normativo sopra menzionato stabiliva la decorrenza delle modifiche nei confronti dei soli soggetti che acquisivano la residenza fiscale in Italia a partire dal periodo di imposta 2020.

Successivamente, il “Decreto Fiscale” ha ridefinito la decorrenza della novella, estendendo le maggiori agevolazioni già disposte nei confronti dei lavoratori che trasferiscono la residenza nel Paese, a decorrere dall’anno 2020, anche nei confronti dei lavoratori rientrati in Italia a partire dal 30 aprile 2019 entro il 2 luglio, correggendo una evidente disparità di trattamento tra i soggetti che sarebbero rientrati dal 2020 e quelli già rientrati a decorrere dal 30 aprile 2019.

Fondo Controesodo

In riferimento all’applicazione del Regime Impatriati per i contribuenti che hanno trasferito la propria residenza in Italia a decorrere dal 30 aprile 2019 entro il 2 luglio 2019 il comma 2 dell’articolo 13 ter del Decreto Fiscale prevede che «Nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze è istituito un fondo, denominato “Fondo Controesodo”, con la dotazione di 3 milioni di euro a decorrere dall’anno 2020. Con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze sono stabiliti i criteri per la richiesta di accesso alle prestazioni del fondo di cui al presente comma […]».

Nella citata Circolare 33/E l’Amministrazione Finanziaria chiarisce che, nelle more dell’emanazione di tale decreto detti soggetti possono avvalersi dell’agevolazione nella misura del 50 per cento e non del 70%. Lo scorso 13 gennaio 2021 è stata presentata un’interrogazione parlamentare al fine di ottenere chiarimenti in merito all’applicazione del regime di favore alla categoria di contribuenti in oggetto.

Mancata Iscrizione all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (A.I.R.E.)

Uno dei requisiti della norma agevolativa è che il contribuente non sia stato residente in Italia per due periodi di imposta precedenti il trasferimento della propria residenza fiscale in Italia e si impegni a permanervi per almeno due anni, a pena di decadenza.

il Decreto Crescita aveva stabilito che «I cittadini italiani non iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) rientrati in Italia a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019 possono accedere ai benefici fiscali di cui al presente articolo purché abbiano avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni[…].».

Su tale punto l’Amministrazione Finanziaria precisa che la previsione in oggetto sia applicabile anche ai contribuenti che hanno trasferito la residenza fiscale in Italia entro il periodo di imposta 2019.

Contribuenti che rientrano a seguito di distacco all’estero

L’art 16 del Decreto Internazionalizzazione, a differenza della Legge 238/2010 nulla dispone in merito ai lavoratori che rientrano in Italia al termine di un periodo di distacco. In riferimento a tale punto, con la Circolare 17/E del 2017 l’Amministrazione Finanziaria ha affermato che i soggetti che rientrano in Italia dopo essere stati in distacco all’estero non possono fruire del beneficio di cui al citato articolo 16 in considerazione della situazione di continuità con la precedente posizione lavorativa in Italia. Successivamente si è registrata un’apertura da parte delle Autorità fiscali quando con la Risoluzione n. 76/E del 5 ottobre 2018, l’Agenzia ha chiarito che detta posizione restrittiva, finalizzata ad evitare un uso strumentale dell’agevolazione in esame, non in linea con la vis attrattiva della norma, non preclude, tuttavia, la possibilità di valutare specifiche ipotesi in cui il rientro in Italia non sia conseguenza della naturale scadenza del distacco ma sia determinato da altri elementi funzionali alla ratio della norma agevolativa. 

A titolo di esempio, ciò si può verificare nella ipotesi in cui:

  • il contratto di distacco sia più volte prorogato e la sua durata nel tempo determini quindi un affievolimento dei legami con il territorio italiano e un effettivo radicamento del dipendente nel territorio estero;
  • il rientro in Italia del dipendente non si ponga in continuità con la precedente posizione lavorativa in Italia, in quanto il dipendente al rientro assume un ruolo aziendale differente rispetto a quello originario in ragione delle maggiori competenze ed esperienze professionali maturate all’estero.

A parere dell’Agenzia, in tali ipotesi ed in presenza di tutti gli elementi richiesti dalla norma è possibile applicare al lavoratore rientrato da distacco estero l’accesso al beneficio previsto dal citato articolo 16.

Allo stesso tempo, afferma l’Agenzia, nell’ipotesi in cui l’attività lavorativa svolta dall’impatriato costituisca una “nuova” attività lavorativa, in virtù della sottoscrizione di un nuovo contratto di lavoro, diverso dal contratto in essere in Italia prima del distacco, e quindi l’impatriato assuma un ruolo aziendale differente rispetto a quello originario, lo stesso potrà accedere al beneficio a decorrere dal periodo di imposta in cui ha trasferito la residenza fiscale in Italia.

Inoltre, l’Agenzia precisa che l’agevolazione non è applicabile nelle ipotesi in cui il soggetto, pur in presenza di un “nuovo” contratto per l’assunzione di un “nuovo” ruolo aziendale al momento del rimpatrio, rientri in una situazione di “continuità” con la precedente posizione lavorativa svolta nel territorio dello Stato prima dell’espatrio.

L’Agenzia elenca una serie di situazione sintomatiche di “continuità aziendale”, tra cui:

  • il riconoscimento di ferie maturate prima del nuovo accordo contrattuale;
  • il riconoscimento dell’anzianità dalla data di prima assunzione;
  • l’assenza del periodo di prova;
  • clausole volte a non liquidare i ratei di tredicesima (ed eventuale quattordicesima) maturati nonché il trattamento di fine rapporto al momento della sottoscrizione del nuovo accordo;
  • clausole in cui si prevede che alla fine del distacco, il distaccato sarà reinserito nell’ambito dell’organizzazione della Società distaccante e torneranno ad applicarsi i termini e le condizioni di lavoro presso la Società di appartenenza in vigore prima del distacco.

Diversamente, laddove le condizioni oggettive del nuovo contratto (prestazione di lavoro, termine, retribuzione) richiedano un nuovo rapporto obbligatorio in sostituzione di quello precedente, con nuove ed autonome situazioni giuridiche a cui segua un mutamento sostanziale dell’oggetto della prestazione e del titolo del rapporto, l’impatriato potrà accedere al beneficio fiscale in esame.

Datore di lavoro non residente

Nella Circolare in commento, l’Agenzia ricorda che mentre l’articolo 16, comma 1, nella versione in vigore fino al 30 aprile 2019, richiedeva, tra le altre condizioni, che l’impatriato svolgesse l’attività lavorativa presso un’impresa residente nel territorio dello Stato in forza di un rapporto di lavoro instaurato con questa o con società che direttamente o indirettamente controllassero la medesima, ne fossero controllate o fossero controllate dalla stessa società che controllava l’impresa, tale requisito non è più richiesto ai fini dell’accesso al regime agevolativo come modificato dal Decreto Crescita. Potranno infatti accedere al beneficio i soggetti che vengono a svolgere in Italia attività di lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro con sede all’estero, o i cui committenti (in caso di lavoro autonomo o di impresa) siano stranieri (non residenti).

Emolumenti Variabili Percepiti nel periodo d’imposta di acquisizione della residenza fiscale in Italia, riferibili a periodi d’imposta in cui l’impatriato era residente all’estero

Attraverso la Circolare in oggetto l’Amministrazione Finanziaria chiarisce che il regime fiscale in oggetto non può trovare applicazione in riferimento agli emolumenti percepiti nei periodi d’imposta in cui l’impatriato ha acquisito la residenza fiscale in Italia beneficiando del menzionato regime, ma che si riferiscono a prestazioni lavorative svolte in periodi d’imposta precedenti il rientro, durante i quali era fiscalmente residente all’estero.

Bonus maturato nell’ultimo anno di fruizione del regime agevolato ma percepito in annualità successive

In riferimento alle remunerazione erogate in forma di Bonus l’Amministrazione Finanziaria ha avuto modo di confermare che, in applicazione del principio di cassa tutti gli emolumenti in denaro ed in natura erogati in qualità di reddito di lavoro dipendente assumono rilevanza fiscale al momento della percezione da parte del lavoratore, ne consegue che qualora il suddetto bonus venga erogato in un periodo di imposta in cui l’impatriato è fuoriuscito dal regime agevolativo, l’intero valore del Bonus concorrerà alla formazione del reddito complessivo secondo le regole ordinarie, e non potrà di conseguenza godere del citato regime agevolato ratione temporis.

Contribuenti che rientrano a seguito di aspettativa non retribuita

Con riferimento all’aspettativa non retribuita goduta all’estero dal lavoratore l’Amministrazione Finanziaria chiarisce che, il rientro in Italia al termine del periodo di sospensione del rapporto avviene in continuità con la precedente posizione lavorativa assunta prima dell’espatrio, essendo il lavoratore generalmente reintegrato con lo stesso inquadramento professionale ed alle medesime condizioni contrattuali in essere prima dell’espatrio. Non essendo tale situazione in linea con la vis attrattiva sottesa all’articolo 16 del d.lgs. n. 147 del 2015 ritenendo pertanto che non si configuri la fattispecie che rende applicabile il regime in oggetto.

Let’s Talk

Per una discussione più approfondita ti preghiamo di contattare:

Paolo Lucarini

PwC TLS Avvocati e Commercialisti

Partner

Lucia Zedda

PwC TLS Avvocati e Commercialisti

Senior Manager