A cura di Paolo Lucarini, Ciro Eligiato, e Domenico Antonacci
Il 23 dicembre 2020, a Roma, è stato siglato un nuovo accordo tra l’Italia e la Svizzera riguardante la tassazione dei lavoratori frontalieri che avrà impatti sostanziali sulla tassazione in Italia ed in Svizzera di tali lavoratori.
A differenza del precedente alla formulazione dell’accordo, il nuovo accordo fornisce una puntuale definizione di “lavoratore frontaliere” stabilendo all’art. 2 che si considera tale il lavoratore che:
- abbia la residenza fiscale in un comune (inteso come domicilio fiscale) che si trova nella zona di 20 km dal confine con l’altro Stato contraente;
- svolga una attività di lavoro dipendente nell’area di frontiera dell’altro Stato contraente, per un datore di lavoro residente, per una stabile organizzazione o per una base fissa. Per area di frontiera si intende per la Svizzera i cantoni dei Grigioni, del Ticino e del Vallesse mentre per l’Italia si intende la regione Lombardia, Piemonte, Valle D’Aosta e la Provincia Autonoma di Bolzano;
- faccia ritorno, in via di principio, quotidianamente al proprio domicilio principale nello Stato di residenza.
I requisiti sopra esposti devono essere soddisfatti congiuntamente al fine di poter includere un lavoratore nella tipologia di “lavoratore frontaliere”.
Laddove, anche uno solo dei requisiti sora esposti non fosse soddisfatto, troveranno applicazione le ordinarie disposizioni.
In relazione al terzo requisito si evidenzia come le Autorità, nel prevedere espressamente che il lavoratore faccia rientro, in via di principio, quotidianamente al proprio domicilio principale nello Stato di residenza, abbiano voluto circoscrivere in maniera puntuale la qualifica di “lavoratore frontaliere” riconoscendola esclusivamente al lavoratore che ogni giorno attraversi il confine tra i due Paesi per raggiungere il luogo di lavoro nell’altro Stato consentendo, ad ogni modo, con la locuzione “in via di principio”, dei piccoli margini di tolleranza.
Il successivo articolo3dell’Accordo disciplina, invece, la ripartizione della potestà impositiva tra i due Stati prevedendo che lo Stato ove l’attività di lavoro dipendente è svolta abbia potestà impositiva in relazione a tale reddito ma in maniera non esclusiva e limitata.
Al fine di non “discriminare” i frontalieri dai residenti ordinari in Svizzera in termini di deducibilità delle spese, che solitamente non spetterebbero ai soggetti frontalieri (in quanto non residenti in Svizzeri) si precisa che l’imposta applicata dallo Stato ove l’attività di lavoro dipendente viene svolta (“Stato della fonte”) non può eccedere l’80% dell’imposta risultante dall’applicazione dell’imposta sui redditi delle persone fisiche nel luogo in cui tale attività viene svolta, ivi incluse le imposte locali.
In aggiunta, il medesimo articolo prevede espressamente che lo Stato di residenza, assoggetti a sua volta ad imposizione il reddito prodotto in Svizzera e provveda ad eliminare la doppia imposizione.
Nel caso in cui lo Stato di residenza sia l’Italia, la doppia imposizione verrà eliminata con il riconoscimento del credito per le imposte pagate all’estero, così come previsto dall’articolo 24 del Trattato contro le Doppie Imposizioni tra Italia e Svizzera e dall’articolo 165 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (“TUIR”).
Confrontando dunque il nuovo accordo con l’accordo del 1974, si evidenziano due aspetti rilevanti:
- tassazione concorrente: l’assenza dell’avverbio “soltanto” determina una tassazione concorrente nei due Paesi; peraltro l’ultimo periodo del comma 1 dell’articolo 3 prevede espressamente la tassazione nel Paese di residenza;
- tassazione alla fonte limitata: secondo cui l’imposta applicata nello Stato della fonte non può eccedere l’80% dell’imposta risultante dall’applicazione dell’imposta sui redditi delle persone fisiche, ivi comprese le imposte locali. Non si avrà, pertanto, un’imposizione piena del reddito dello Stato della fonte ma al massimo un’imposizione limitata all’80% dell’imposta a debito dovuta, applicando le normali aliquote di tassazione dello Stato della fonte.
Infine, il comma 3, disciplina anche le modalità di applicazione dell’imposta nello Stato della fonte prevendo che tale imposta venga prelevata attraverso una ritenuta alla fonte, escludendo qualsiasi altro metodo di pagamento (es. “self assessment /dichiarazione dei redditi”)
Risulta chiaro che il nuovo regime comporta maggiori obblighi di compliance per i lavoratori frontalieri italiani in quanto gli stessi saranno obbligati a dichiarare in Italia anche il reddito prodotto in Svizzera (fino ad oggi esentato) attraverso la compilazione del quadro RC del Modello Redditi e poi recuperare, sempre attraverso la dichiarazione dei redditi italiana (quadro CE), il credito per le imposte pagate all’estero (“Svizzera”). Quest’ultimo non è tuttavia di semplice compilazione, considerando i vari proporzionalmente dovuti dalle aliquote fiscali diverse tra i due Paesi e le basi imponibili differenti.
In aggiunta ai maggiori obblighi di compliance ci potrebbe essere un maggior carico fiscale dovuto alla differenza delle aliquote tra i due Paesi.
Si ricorda inoltre che tale accordo è efficace dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello di entrata in vigore dell’accordo stesso. L’entrata in vigore, a sua volta, è fissata alla data di ricezione dell’ultima delle notifiche con le quali i due Paesi vicendevolmente si saranno comunicati formalmente, per via diplomatica, che sono stati adempiuti i presupposti legali interni necessari all’entrata in vigore dell’accordo e del Protocollo di modifica dell’articolo 15 par. 4 della Convenzione menzionato in precedenza.
Pertanto, per tutto l’anno 2021 si continuerà ad applicare la normativa prevista dall’accordo del 1974, il quale prevede una tassazione esclusiva nello Stato della fonte.
Inoltre, come previsto dall’articolo 9 del nuovo accordo, il vecchio accordo rimane in vigore per i soggetti che svolgono una attività di lavoratore frontaliere alla data di entrata in vigore dell’accordo o in un periodo ricompreso tra il 31.12.2018 e la data di entrata in vigore dell’accordo stesso.
Gli Stati, riconoscendo che il nuovo accordo sarà più oneroso in termini di costo fiscale e costo amministrativo, hanno previsto una clausola di antiabuso “evidente e manifesto” al fine di disciplinare l’eventuale utilizzo distorto della norma.
A tal fine, il comma 8 dell’articolo 9 prevede espressamente che, qualora l’autorità competente di uno dei due Paesi ravvisi una ipotesi di “abuso evidente e manifesto” della norma informerà l’autorità competente dell’altro Stato per gli opportuni provvedimenti.
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