Mandatari senza rappresentanza ai fini IVA anche senza conferimento di un incarico? Riflessioni intorno alla recente sentenza della Corte di Giustizia nella causa C-501/19

A cura di Davide Accorsi e Giorgio Beretta

Con la sentenza nella causa C-501/19 (UCMR – ADA) dello scorso 21 gennaio 2021, la Corte di Giustizia si è confrontata nuovamente, a breve distanza di tempo dall’ultima pronuncia sul tema, circa i presupposti applicativi delle speciali regole IVA concernenti il mandato senza rappresentanza.

Nella sentenza di cui alla causa C-734/19 (ITH Comercial Timişoara) resa lo scorso 12 novembre 2020 (per cui si veda: https://blog.pwc-tls.it/it/2020/11/17/il-contratto-di-commissione-e-il-mandato-senza-rappresentanza-ai-fini-iva/), la Corte di Giustizia aveva insistito circa l’esigenza che sussista un accordo (benché non necessariamente scritto) in base al quale il mandatario interviene, per conto del mandante, nella cessione di beni e/o nella prestazione di servizi. Con riferimento alla fattispecie allora analizzata, la Corte UE, ravvisando l’inesistenza di tale accordo, aveva ritenuto inapplicabili le speciali regole IVA in tema di mandato senza rappresentanza (si vedano, in particolare, i paragrafi 52 e 53 della richiamata sentenza).

Con la sentenza in rassegna dello scorso 21 gennaio 2021, resa dunque solamente a poco più di due mesi dal precedente pronunciamento, la Corte di Giustizia chiarisce ulteriormente i termini entro i quali possa essere applicato lo specifico trattamento IVA relativo al mandato senza rappresentanza, reputando che esso trovi applicazione anche in assenza del conferimento di uno specifico potere rappresentativo, nel caso in cui il mandato risulti conferito ex lege.

Ma procediamo con ordine.

L’art. 28 della Direttiva 2006/112/CE (Direttiva IVA) stabilisce che “[q]ualora un soggetto passivo che agisca in nome proprio ma per conto terzi partecipi ad una prestazione di servizi, si ritiene che egli abbia ricevuto o fornito tali servizi a tiolo personale”. Similmente dispone l’art. 14, par. 2, lett. c) della medesima Direttiva con riferimento alle prestazioni eseguite da commissionari per l’acquisto o la vendita di beni. Per quanto concerne la normativa nazionale, la relativa disciplina è invece dettata, per gli acquisiti e le cessioni beni, dall’art. 2, comma 2, numero 3), mentre, per le prestazioni di servizi, dall’art. 3, comma 3, ultimo periodo del d.P.R. n. 633/1972.

Per rimuovere taluni inconvenienti connessi alla trasparenza dell’imposta, le richiamate disposizioni introducono una finzione giuridica in virtù della quale, qualora un soggetto agisce in nome proprio ma per conto di altri, ai fini dell’IVA, è come se l’intermediario riceva o fornisca i servizi, ovvero effettui gli acquisti o le cessioni di beni, in nome proprio (sul punto, per tutti, si veda la sentenza C-464/10, Henfling and Others, par. 35). In virtù di tale finzione, due operazioni si pongono come rilevanti ai fini IVA: l’una intercorrente tra terzo ed intermediario; l’altra – del tutto speculare alla prima – tra intermediario e cliente. Entrambe le operazioni devono essere autonomamente fatturate e l’IVA si dovrà applicare distintamente ad ambedue le fattispecie, assicurando in tal modo il diritto alla detrazione dell’imposta sia all’intermediario che al cliente.

L’applicazione del peculiare regime IVA appena descritto presuppone, normalmente, l’esistenza di un rapporto negoziale tra intermediario e cliente in forza del quale il primo soggetto si obbliga a realizzare uno o più atti giuridici in nome proprio ma per conto del secondo soggetto. Sotto il profilo civilistico, tale contratto è solitamente riconducibile allo schema negoziale della commissione (art. 1731 del Codice Civile), ovvero, più latamente, del mandato senza rappresentanza (art. 1705 del Codice Civile). Invero, proprio a tali fattispecie contrattuali (tipiche) sembra richiamarsi, almeno nella formulazione lessicale, la normativa IVA nazionale enucleata negli artt. 2 e 3 del d.P.R. n. 633/1972 sopra richiamati. Al necessario conferimento di un mandato senza rappresentanza in virtù di un sottostante rapporto negoziale, si richiama altresì la giurisprudenza nazionale (si veda, ad esempio, Cass. Civ., Sez. V, sentenza n. 1568 del 27 gennaio 2014).

Il punto è stabilire se alcun rapporto negoziale tra intermediario e cliente debba effettivamente sussistere ai fini dell’applicazione delle speciali regole IVA concernenti il mandato senza rappresentanza. Al riguardo, l’art. 28 della Direttiva IVA laconicamente dispone che l’intermediario deve agire “per conto terzi”, senza far riferimento ad alcuna pattuizione negoziale tra le parti. Viceversa, e principalmente su tale aspetto si appunta la ratio decidendi fatta propria dalla Corte di Giustizia nella sentenza dello scorso 12 novembre 2020 ed oggetto del precedente commento, l’art. 14, par. 2, lett. c) della Direttiva IVA utilizza espressamente il termine “contratto”.

Nemmeno l’esame complessivo della giurisprudenza della Corte UE aiuta a fare piena luce sulla questione. Nella sentenza C-464/10 (Henfling and Others, par. 42), infatti, i giudici euro-unitari affermano che “la condizione relativa al fatto che il soggetto passivo deve agire in nome proprio ma per conto altrui … deve essere interpretata alla luce delle relative relazioni contrattuali”. Sennonché, nell’ambito del medesimo periodo, la Corte di Giustizia precisa che è altresì necessaria “una concreta verifica” idonea a stabilire che l’intermediario effettivamente agisca in nome proprio ma per conto terzi. Più latamente, al di fuori delle specifiche norme in tema di mandato senza rappresentanza ma pur sempre in ambito IVA, si alternano pronunce della Corte UE che attribuiscono importanza al vincolo contrattuale (si veda, ad esempio, San Domenico Vetraria, C-94/19, par. 22) ad altre che, viceversa, ne prescindono o quantomeno ne attenuano la rilevanza (si veda, ad esempio, Town & County Factors, C-498/99, par. 24).

Atteso quanto sopra, non è dunque chiaro se l’applicazione delle speciali regole IVA in tema di mandato senza rappresentanza presupponga un sottostante rapporto negoziale tra le parti, o se, viceversa, sia sufficiente verificare le condizioni in base alle quali l’intermediario in concreto agisce.

La sentenza in commento si inserisce nell’alveo di tale dibattito. In specie, con riferimento ad un organismo di gestione collettiva, incaricato sulla scorta della normativa nazionale rumena di percepire in nome proprio ma per conto dei titolari di diritti d’autore su opere musicali remunerazioni dovute loro come corrispettivo per l’autorizzazione a comunicare al pubblico le loro opere protette, la Corte di Giustizia ha riconosciuto la possibilità di applicare il regime IVA di cui all’art. 28 della Direttiva IVA anche con riguardo ai titolari di diritti d’autore che non avevano conferito alcun mandato al predetto organismo. Ciò in quanto il potere rappresentativo, in forza del quale l’organismo di gestione collettiva agiva per conto dei titolari dei diritti d’autore, era attributo in capo all’anzidetto organismo ex lege, ossia per effetto della legislazione nazionale.

Al di là della specificità della vicenda concreta esaminata dalla Corte UE, che indubbiamente risente della peculiare normativa nazionale rumena, rimane insondata la questione circa il perimetro applicativo delle speciali regole IVA concernenti il mandato senza rappresentanza: ossia, se sia sempre necessaria una sottostante vicenda negoziale o, viceversa, se tali regole possano trovare applicazione anche allorché l’esame delle circostanze fattuali indichi l’esercizio di un potere rappresentativo.

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