Brexit post Deal Impatti sul personale in mobilità globale: cosa cambia dal punto di vista previdenziale

A cura di Paolo Lucarini, Blerta Bojaxhi e Rachele Vaccaro 

Il 24 dicembre 2020 l’Unione Europea e il Regno Unito hanno siglato l’“Accordo di commercio e cooperazione tra Unione Europea e Regno Unito”, disciplinando i rapporti futuri a partire dal 1° gennaio 2021, all’interno del quale vi è anche il nuovo Protocollo in materia di coordinamento della sicurezza sociale.

Cosa cambia per le aziende italiane che ricevono personale in distacco o che intendono inviare lavoratori nel Regno Unito dal punto di vista della previdenza sociale?

A partire dal 1° gennaio 2021, la disciplina previdenziale del Regolamento EU nr. 883/2004 viene integralmente sostituita dal nuovo Accordo, nello specifico dal Protocollo sulla previdenza sociale.

Se nel corso del periodo di transizione (dal 1° febbraio 2020 al 31 dicembre 2020) tutti i principi di previdenza sociale del Regolamento EU nr. 883/2004 sono rimasti applicabili per i lavoratori in mobilità globale da e per il Regno Unito, molti di essi continuano ad essere tali anche con la firma del Protocollo sulla previdenza sociale tra Unione Europea e Regno Unito.

Nel dettaglio, con il Protocollo restano applicabili il principio di unicità della contribuzione in un unico Paese, la possibilità di versare i contributi esclusivamente nel Paese di origine per il personale distaccato “cd. detached workers”, nonché il principio di totalizzazione dei contributi una volta raggiunta l’età pensionabile e la possibilità di richiedere un Certificato MultiState senza limiti temporali per gli individui che esercitano abitualmente la loro attività lavorativa in più Paesi.

Due sono i punti principali del Protocollo in materia di previdenza sociale su cui è necessario focalizzare l’attenzione.

Il primo riguarda la conferma del limite temporale di 24 mesi per la copertura previdenziale nel Paese di origine, già prevista nel Regolamento europeo.

Il Protocollo ha infatti statuito – con poche modifiche rispetto al Regolamento – che ii lavoratori UK inviati in distacco in Italia potranno continuare a versare i loro contributi solo nel Regno Unito durante il distacco in Italia per un massimo di 24 mesi. Lo stesso vale per i lavoratori che partiranno da uno Stato membro per lavorare nel Regno Unito.

In funzione di questo limite temporale, assume visibile rilevanza il secondo punto di attenzione, ovvero l’assenza dal nuovo Protocollo della clausola ex art. 16 Reg. 883/2004.

Tale clausola del Regolamento Europeo permetteva a due o più Stati membri dell’Unione Europea di accordare delle eccezioni specifiche ai principi generali di previdenza sociale per alcuni individui o categorie di persone. La sua assenza nel Protocollo con il Regno Unito nega in toto la possibilità di estendere la copertura previdenziale nel Paese d’origine oltre i 24 mesi previsti per i distacchi a partire dal 2021.

Dal punto di vista previdenziale, la Brexit ha avuto dunque un impatto evidente sulle estensioni dei distacchi oltre i due anni, perché dopo tale periodo non è prevista la possibilità di continuare a versare i contributi solo nel Paese d’origine del lavoratore. Ne conseguono il versamento dei contributi nel Paese di destinazione e l’obbligo per il datore di lavoro di aprire una rappresentanza previdenziale secondo la normativa domestica straniera, con una necessaria valutazione dei costi e della burocrazia.

La regola dei “detached workers” costituiva una scelta opzionale nel Protocollo, alla quale tutti i 27 Paesi UE hanno scelto di aderire a partire dal 1° Febbraio 2021.

Mentre per i distacchi iniziati a partire dal 1° Gennaio 2021 tra Regno Unito e Paesi membri si potrà dunque continuare il versamento dei contributi nel Paese di origine per soli 24 mesi senza possibilità di eccezioni accordate dai singoli Stati, lo scenario è differente per i distacchi già in corso al 31 dicembre 2020.

Tali distacchi, se ancora in corso nel 2021, vengono infatti considerati diritto acquisito e ad essi continua ad applicarsi la normativa del Regolamento Europeo 883/2004 fino al loro termine naturale. A tal riguardo si rammenta che pochi giorni prima dell’Accordo, l’Inps ha fatto marcia indietro sulla posizione assunta nel corso di febbraio 2020, garantendo il diritto acquisito dei lavoratori (messaggio Inps nr. 4805 del 22 dicembre 2020), argomento meglio trattato nella nostra nota di dicembre.

In conclusione, i datori di lavoro italiani con e personale in distacco con da e verso il Regno Unito dovrebbero considerare dal punto di vista della previdenza:

  • la gestione differenziata tra i lavoratori già distaccati nel Regno Unito al 31 dicembre 2020 e i lavoratori in distacco a partire dal 1° Gennaio 2021: mentre per i primi i riferimenti normativi restano infatti quelli del Regolamento Eu nr. 883/2004, per i nuovi distacchi si deve far riferimento al Protocollo di previdenza sociale;
  • la necessità di una attenta pianificazione nella programmazione e durata dei nuovi distacchi in vista degli obblighi previdenziali nel Regno Unito dopo i primi 24 mesi;
  • la maggiore flessibilità concessa dai distacchi già in corso al 31 dicembre 2020, con la possibilità di prorogare la copertura previdenziale ai sensi della previgente normativa;
  • una possibile ristrutturazione delle policy aziendali con l’inclusione di attività in remote working, beneficiando dei meccanismi previsti per gli individui che esercitano l’attività lavorativa in due o più Paesi nel corso dell’anno;
  • il rischio di non riuscire ad ottenere un certificato A1 in casi particolari, come ad esempio in presenza un contratto da lavoro dipendente locale nel Paese di destinazione in concomitanza di una sospensione del contratto locale nel Paese d’origine.

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