Massimale contributivo: attività di controllo massivo dell’INPS

A cura di Marzio Scaglioni e Davide Poli

Come noto, a decorrere dal 1° gennaio 1996 (art. 2, co. 18, legge n. 335/1995) l’ordinamento previdenziale ha previsto l’introduzione di un massimale annuo della base contributiva e pensionabile applicabile nei confronti di tutti i lavoratori che, alla data del 31 dicembre 1995 non avevano anzianità contributiva, e quindi a tutti gli iscritti alle gestioni pensionistiche a partire dal 1° gennaio 1996, nonché a tutti i soggetti che hanno optato per l’applicazione del cd. “sistema contributivo”.

Per i lavoratori rientranti nel sistema pensionistico contributivo, dunque, la retribuzione eventualmente percepita oltre il massimale contributivo (individuato, per l’anno 2021, in misura pari ad € 103.055,00) per regola generale non deve essere assoggettata ad oneri di contribuzione previdenziale né a carico del datore di lavoro, né a carico del lavoratore (non risultando, di conseguenza, computata ai fini del calcolo delle prestazioni pensionistiche), se non con riferimento ai cd. contributi minori di previdenza e assistenza sociale.

Agli effetti del corretto svolgimento degli adempimenti contributivi, e dunque ai fini della corretta individuazione della cd. base imponibile a fini previdenziali (affinché sia escluso il rischio di omissioni contributive ovvero di versamenti indebiti) il datore di lavoro è pertanto di regola chiamato, in fase di assunzione ovvero nel momento in cui il livello retributivo dei lavoratori interessati si attesti al di sopra della soglia annua di massimale contributivo, ad acquisire una dichiarazione del lavoratore attestante l’esistenza o meno di periodi utili o utilizzabili ai fini dell’anzianità contributiva anteriori al 1° gennaio 1996, ovvero attestante il valido esercizio dell’opzione per l’applicazione del cd. sistema contributivo.

In tale contesto, dopo l’avvio da parte della Direzione Centrale – a livello nazionale, nei giorni immediatamente precedenti la sosta natalizia dello scorso mese di dicembre 2020 – delle operazioni massive di verifica e recupero della contribuzione erroneamente non versata in funzione dell’eccedenza del cd. massimale contributivo, anche nel corso dei primi mesi dell’anno 2021 l’INPS sta proseguendo le proprie attività di controllo, focalizzando l’attenzione sulle ipotesi di anomalia specificamente dettagliate nel Messaggio INPS n. 5062 del 31 dicembre 2020.

Sulla scorta dello scenario sopra descritto, l’INPS sta dunque concentrando la propria attenzione su tutte le ipotesi di impropria applicazione (per ora, con riguardo agli anni 2015/2016) del cd. massimale contributivo nei confronti di lavoratori il cui estratto conto previdenziale evidenzi la presenza di contributi anteriori al 1° gennaio 1996, pur in assenza di opzione, diffidando i datori di lavoro coinvolti dalle anomalie rilevate – entro un termine di 90 giorni – a prendere contatto con gli uffici competenti (per poter dirimere eventuali situazioni di disallineamento documentale) ovvero a procedere al pagamento dell’intera contribuzione (sia a carico del datore di lavoro, sia a carico del lavoratore) complessivamente non versata, e delle relative sanzioni calcolate con riferimento alla fattispecie sanzionatoria omissiva. In tutti questi casi saranno gli Uffici competenti ad occuparsi della gestione delle variazioni del caso all’interno dei flussi contributivi trasmessi.

Per le predette ragioni diviene dunque essenziale la proattività dei datori di lavoro ai quali siano stati notificati atti di accertamento di questo tipo, affinché possano essere gestite tempestivamente tutte quante le attività che ne derivano. In primo luogo, rimane infatti pur sempre opportuna (e consigliata dagli stessi uffici competenti) una verifica sulla effettiva applicabilità o meno del massimale al caso di specie, alla quale – in caso di esito negativo – dovrà seguire una verifica sulla corretta esposizione contributiva e sanzionatoria.

Se da un lato, infatti, l’azienda sarà chiamata a dover “gestire” l’eventuale rivalsa nei confronti del lavoratore in questione con riguardo alla quota contributiva prevista a suo carico (muovendosi con particolare cautela laddove ci si trovi a considerare rapporti di lavoro per i quali sia già intervenuta nel frattempo la cessazione), dall’altro lato sarà cruciale una verifica preliminare circa la bontà del calcolo delle sanzioni (per omissione, non già per evasione) applicate ai casi di specie, valutando all’esito se possa essere opportune anche attività di regolarizzazione spontanea sugli anni 2017 e seguenti (non ancora accertati dall’INPS, ma che comunque potrebbero essere di qui a breve interessati dalle stesse dinamiche).

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Marzio Scaglioni

PwC TLS Avvocati e Commercialisti

Director