A cura di Amélie Mammone e Giulia Ripa
Con la risposta ad interpello n. 119 dello scorso 17 febbraio 2021, l’Agenzia delle Entrate ha analizzato, con riferimento ad un caso sottoposto da un contribuente, la rilevanza della risoluzione contrattuale nell’ambito di contratti ad esecuzione continuata o periodica per mancato pagamento dei corrispettivi indicati nelle bollette di energia elettrica e gas ai fini dell’emissione delle note di variazione ex art. 26, commi 2 e 9 del Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 e vari ulteriori aspetti correlati sottoposti dalla società istante.
Più in particolare, il caso sottoposto al vaglio dell’Amministrazione finanziaria da una Società operante nel settore della fornitura di energia elettrica e gas verte su varie casistiche, la maggior parte delle quali accomunate dall’inadempimento di clienti che, prima o dopo il mancato pagamento delle bollette, esercitano il diritto di recesso ex art. 1373 del codice civile, cambiando così fornitore di energia e gas (cd. “switching”).
In base ai contratti che l’istante sottoscrive con la clientela, nei casi di inadempimento dell’obbligo di pagamento del corrispettivo da parte dei clienti, è previsto l’invio agli stessi di comunicazioni di messa in mora con sospensione del servizio al fine di ottenere il pagamento degli importi dovuti. A seguito di tanto ed a fronte del mancato pagamento, la Società può risolvere il contratto di fornitura ai sensi dell’art. 1456 del codice civile tramite l’invio di una semplice comunicazione scritta a mezzo di raccomandata, avendo inserito nei contratti con la clientela una clausola risolutiva espressa.
Nell’interpello in esame, la Società ha chiesto conferma all’Amministrazione finanziaria di poter recuperare l’IVA sulle fatture insolute a seguito dell’attivazione della clausola risolutiva espressa in varie casistiche, tra cui, appunto, anche e segnatamente, quelle in cui il cliente ha effettuato il cd. “switching”, al fine di determinare quale causa di scioglimento del rapporto giuridico tra le parti prevalga ai fini del recupero dell’IVA relativa alle fatture insolute tramite emissione di nota di credito ai sensi del citato art. 26 del d.P.R. n. 633/1972, attesi i diversi effetti giuridici delle due fattispecie.
In particolare, l’Agenzia delle entrate è stata chiamata a pronunciarsi sulle seguenti casistiche:
- ipotesi in cui il cliente dapprima cambia il fornitore di energia e si renda poi inadempiente;
- ipotesi in cui il cliente, già resosi inadempiente, cambi fornitore di energia;
- ipotesi in cui, sebbene il cliente si sia reso inadempiente, il rapporto contrattuale continua ad insistere tra le parti, e
- la Società continua ad erogare l’energia in quanto sono in corso tentativi di recupero del credito, o
- la Società ha sospeso la fornitura di energia ma può riprendere ad erogarla in qualsiasi momento, in quanto il punto di consegna (dell’energia elettrica, per l’appunto) è ancora attribuito alla stessa;
- ipotesi in cui la Società, a seguito dell’inadempimento del cliente, ha esercitato la clausola risolutiva espressa ex art. 1456 del Codice Civile, risolvendo il contratto.
Inoltre, la Società istante ha chiesto conferma sul momento da cui decorre il presupposto per poter emettere le note di variazione nei casi in cui nel contratto è prevista una clausola risolutiva espressa – nelle fattispecie sopra descritte – ai fini del rispetto delle tempistiche dettate dal legislatore in tema di esercizio del diritto alla detrazione ex art. 19, comma 1 del d.P.R. n. 633/1972 (e del relativo termine).
Ciò in ragione di alcuni precedenti di prassi in cui l’Amministrazione finanziaria sembrava prediligere l’“evento” dedotto nella clausola risolutiva espressa piuttosto che l’aspetto formale della comunicazione della parte adempiente di volersi avvalere della stessa, prospettando, di fatto, una diversa rilevanza della “comunicazione formale” in ambito civilistico e fiscale.
Nel caso concreto, l’“evento” è da individuarsi nell’inutile “decorso del termine per l’adempimento previsto nella comunicazione di messa in mora con sospensione dell’erogazione del servizio (quando questa precede lo switching) o lo switching stesso se antecedente all’inadempimento del cliente”.
È importante individuare il preciso momento da cui decorre il termine per l’esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA relativa alle fatture insolute in quanto, sebbene l’emissione delle note di variazione per attivazione della clausola risolutiva espressa non sia sottoposta al limite temporale di un anno previsto dall’art. 26, comma 3 del d.P.R. n. 633/1972 (non dipendendo da un “sopravvenuto accordo tra le parti”), è comunque necessario rispettare il termine di cui all’art. 19 del decreto in parola. Inoltre, in alcuni casi l’inadempimento del cliente si è realizzato in relazione a fatture emesse anche l’anno successivo all’interruzione del servizio ovvero allo switching (si pensi alle ipotesi in cui sia stata emessa una fattura utilizzando dati stimati che devono poi essere rettificati o aggiornati in base al consumo effettivo).
Infine, la Società ha chiesto conferma all’Amministrazione finanziaria di poter attivare la clausola risolutiva espressa con conseguente recupero dell’IVA secondo la procedura della stessa anche quando l’istante ha già attivato il meccanismo del recupero del credito vantato nei confronti del cliente inadempiente tramite l’addebito del cd. C-MOR (i.e. Corrispettivo Morosità) da parte del fornitore entrante e non abbia trovato ancora soddisfazione.
Al riguardo, per completezza, viene anche richiesto conferma sul trattamento IVA delle somme recuperate tramite il cd. C-MOR dopo l’attivazione della clausola risolutiva espressa
Il pagamento del cd. C-MOR avviene tramite un meccanismo previsto nell’ambito del Sistema Informativo Integrato e si sostanzia in nella corresponsione di un indennizzo forfetario calcolato su stime di consumo a favore del fornitore cd. “uscente” ma applicato dal fornitore entrante nelle prime bollette utili.
Il meccanismo del C-MOR è stato introdotto nel settore proprio per scoraggiare comportamenti opportunistici da parte dei consumatori finali che esercitano lo switching al solo fine di non versare gli importi dovuti.
L’agenzia delle Entrate, nel rispondere al quesito (che si è sostanziato, in realtà, nell’analisi di vari aspetti in cui incorrono nella pratica gli operatori del settore cd. delle utilities), ha formulato dei principi importanti non solo per gli operatori di energia elettrica e gas ma anche per altri settori in cui gli operatori rendono prestazioni ad esecuzione continuata o periodica (si pensi anche al caso degli operatori telefonici e televisivi).
L’Amministrazione finanziaria ha, in primo luogo, precisato che nel caso prospettato dall’istante per l’emissione delle note di credito non opera il limite temporale di un anno di cui al comma 3 del citato art. 26 del d.P.R. n. 633/1972 dal momento che i mancati pagamenti non dipendono da un “sopravvenuto accordo fra le parti” e che, trattandosi di operazioni rese in base a contratti ad esecuzione continuata o periodica, la risoluzione del contratto non investe le forniture già regolarmente poste in essere tra le parti (ai sensi del comma 9 del medesimo articolo).
Ne consegue che, una volta emessa la fattura ed assolto l’obbligo di versamento dell’imposta, l’operatore può emettere senza limiti temporali la nota di variazione “in relazione alle prestazioni eseguite, e non remunerate antecedentemente alla risoluzione (…)”.
Inoltre, richiamando i chiarimenti forniti nella circolare 17 gennaio 2018, n. 1/E, l’Agenzia delle Entrate ha ribadito che: “per effetto del combinato disposto dell’articolo 26 e dell’articolo 19 del medesimo decreto, detta procedura deve realizzarsi (e, dunque, la nota di variazione deve essere emessa) entro i termini previsti dal comma 1 del citato articolo 19.
In particolare, tenendo conto della nuova formulazione dell’articolo 19, comma 1, del d.P.R. n. 633 del 1972, la nota di variazione in diminuzione deve essere emessa (e la maggiore imposta a suo tempo versata può essere detratta), al più tardi, entro la data di presentazione della dichiarazione IVA relativa all’anno in cui si è verificato il presupposto per operare la variazione in diminuzione (cfr., con riguardo all’individuazione dell’anno in parola, la risoluzione n. 89/E del 18 marzo 2002, confermata dalla successive risoluzioni n. 307/E del 21 luglio 2008 e n. 42/E del 17 febbraio 2009)”.
É stato, quindi, chiarito che, nel caso di forniture di energia elettrica e gas già fatturate per le quali il consumatore finale si sia reso inadempiente all’obbligo di pagamento del corrispettivo e, prima o dopo tale inadempimento, abbia cambiato fornitore di energia elettrica effettuando il cd. switching, l’evento da cui dipende l’emissione della nota di credito deve rinvenirsi nella risoluzione del contratto attivata dal fornitore, da intendersi quest’ultima, secondo il principio sposato dall’Amministrazione finanziaria (in conformità ai documenti di prassi e giurisprudenza indicati dalla Società istante), nella materiale interruzione del rapporto contrattuale e della fornitura oggetto di successiva comunicazione al cliente inadempiente, come previsto dai contratti stipulati con i clienti, seguita dalla comunicazione formale.
Ciò prediligendo quale causa estintiva del rapporto tra le parti agli effetti dell’IVA la risoluzione per inadempimento tramite l’attivazione della clausola risolutiva espressa piuttosto che il recesso del cliente, in quanto quest’ultimo non è stato esercitato in buona fede, accogliendo la tesi dell’istante.
Nelle situazioni descritte è stato espressamente riconosciuto che tanto la comunicazione formale da parte del fornitore al cliente inadempiente necessaria ai fini dell’attivazione della clausola risolutiva espressa quanto il recesso del consumatore inadempiente, entrambe vicende civilistiche, non rilevano dal punto di vista fiscale ai fini dell’attivazione della procedura di variazione IVA, con la conseguenza che il fornitore di energia potrà operare la variazione in diminuzione per tutte le fatture rimaste insolute.
Questa interpretazione è stata formulata per la prima volta dall’Agenzia delle Entrate, confermando, pertanto, l’opportunità per gli operatori interessati, alcuni dei quali prudenzialmente non operavano alcuna detrazione nelle ipotesi di cd. switching del cliente, di procedere con le variazioni IVA con notevoli benefici finanziari.
In tal caso, come anticipato, sebbene non siano previsti limiti temporali per l’emissione delle note di variazione, al fine dell’esercizio del diritto di detrazione dell’IVA è stata prevista la necessità che le stesse siano emesse, al più tardi, entro la data di presentazione della dichiarazione IVA relativa all’anno in cui si è verificata l’interruzione della fornitura (in accordo all’operato della Società istante).
L’imposta detratta confluirà nella liquidazione periodica del periodo di emissione della nota di credito o, al più tardi, nella dichiarazione annuale IVA dell’anno di emissione, in conformità con quanto da ultimo chiarito dall’Agenzia nella Risposta n. 192 pubblicata il 24 giugno 2020.
Nel caso in cui le fatture siano emesse dopo l’interruzione della fornitura o lo switching del cliente, il presupposto per operare la variazione in diminuzione deve rinvenirsi non già nell’attivazione della clausola risolutiva espressa (che precede la materiale emissione delle fatture e la sua registrazione) ma nel mancato pagamento che ricorre in presenza di procedure concorsuali o di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose.
Infine, sulla scia dei chiarimenti già forniti nella risoluzione 9 novembre 2011, n. 106/E in tema di C-MOR, l’Agenzia ha confermato che le somme indennitarie erogate a seguito del recesso del cliente non rientrano nell’ambito applicativo dell’IVA, trattandosi di una delle modalità attraverso le quali il creditore recupera il proprio credito avente natura di mera reintegrazione patrimoniale e non di corrispettivo ai fini IVA e, pertanto, configurandosi alla stregua di una movimentazione di carattere finanziario non soggetta ad IVA ai sensi dell’art. 2, comma 3, lett. a), del d.P.R. n. 633/1972.
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