A cura di Guido Ajello e Claudio Costantino
La ripartenza a seguito della crisi generata dalla pandemia da Covid-19, dipenderà dalla capacità di gestire le risorse del fondo “Next generation EU” – approvato dal Consiglio Europeo lo scorso luglio 2020 e noto come “Recovery Fund” – volto ad integrare le risorse stanziate nell’ambito del Quadro finanziario pluriennale (QFP) 2021-2027.
Lo stanziamento complessivo previsto dal Recovery Fund è di € 750 miliardi da ripartire tra gli Stati membri dell’Unione Europea e proprio l’Italia risulta il maggior beneficiario; al nostro Paese spettano € 210 miliardi di risorse – di cui € 145,2 miliardi per progetti “nuovi” mentre i restanti € 65,7 miliardi per progetti già programmati – a cui si aggiungono 13 miliardi previsti dal programma “React EU”, 80 miliardi relativi ai fondi stanziati con la programmazione di bilancio 2021-2026 e 7 miliardidi fondi strutturali europei, per una strategia complessiva di oltre € 300 miliardi.
Le risorse stanziate con il “Next Generation EU” saranno investite sulla base di quanto stabilito nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (di seguito, “PNRR” o “Piano”), approvato dal Consiglio dei Ministri nell’ultima versione del 12 gennaio 2021 – attualmente in fase di revisione – ed articolato nelle seguenti sei missioni in linea con gli assi strategici condivisi a livello europeo (i.e., digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica ed inclusione sociale):
- digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura;
- rivoluzione verde e transizione ecologica;
- infrastrutture per una mobilità sostenibile;
- istruzione e ricerca;
- inclusione e coesione;
- salute.
Il PNRR dovrà essere trasmesso formalmente a Bruxelles entro il prossimo 30 aprile, con il conseguente “tour de force” a cui è sottoposto il Governo italiano, impegnato a revisionare e definire la bozza di Piano, per (i) rafforzare gli obiettivi strategici, (ii) programmare le riforme necessarie, nonché (iii) verificare la fattibilità dei progetti, tenuto conto di quanto stabilito dall’articolo 24, paragrafo 9, Regolamento UE 2021/241 del 12 febbraio 2021 (di seguito, “Regolamento”) – che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza – secondo cui “Se, entro il termine di 18 mesi dalla data di adozione della decisione di esecuzione del Consiglio (…) non sono stati compiuti progressi concreti da parte dello Stato membro interessato per quanto riguarda il conseguimento dei pertinenti traguardi e obiettivi, la Commissione risolve gli accordi (…) e disimpegna l’importo del contributo finanziario (…)” e “Qualsiasi eventuale prefinanziamento (…) è recuperato integralmente”.
Il Consiglio dei Ministri, quindi, è chiamato a definire gli obiettivi strategici, comprendendo la possibilità di realizzare i progetti inclusi nel PNRR nell’arco dei prossimi 6 anni e, altresì, dovrà introdurre a livello normativo misure di natura straordinaria che consentano la celere, efficace e coerente attuazione del PNRR, come previsto dall’articolo 19, Regolamento, ai fini della valutazione del Piano da parte della Commissione Europea.
Quanto all’opportunità di individuare ed adottare regole certe e più possibili snelle, visti i tempi di attuazione del PNRR, si sono susseguiti recenti interventi da parte dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (di seguito, “AGCM”) e dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (di seguito, “ANAC”), per vero non univoci.
In particolare, con segnalazione Rif. n. S4143 – avente ad oggetto le proposte di riforma per l’anno 2021 inviata al Presidente del Consiglio dei Ministri (di seguito, “Segnalazione”) – l’AGCM ha suggerito, per gli interventi finanziati con il Recovery Fund, di sospendere “temporaneamente l’applicazione del Codice dei contratti pubblici, introducendo una disciplina speciale riservata esclusivamente a tali procedure, in relazione alle quali troverebbero applicazione le sole norme contenute nelle direttive europee del 2014 in materia di gare pubbliche, con le dovute integrazioni laddove le disposizioni europee non siano immediatamente self-executing”.
Tuttavia, tale posizione non ha trovato i favori dell’ANAC, secondo cui la sospensione del Codice dei contratti pubblici, “lungi dal portare ad un’accelerazione, rischierebbe di bloccare le gare per l’improvvisa assenza di riferimenti certi”, potendosi viceversa intervenire sull’impianto normativo con un processo di semplificazione strutturale di lungo periodo.
Comprensibile la posizione dell’ANAC, è pur vero che l’attuazione degli obiettivi strategici e dei relativi interventi appare di difficile realizzazione con l’attuale impianto normativo; basti pensare che nell’ambito degli interventi infrastrutturali, negli ultimi cinque anni, sono stati avviati i lavori soltanto per 31 delle 96 grandi opere con importi superiori ai 50 milioni di euro (fonte, Norme & Tributi Plus, Enti Locali ed Edilizia, 17 marzo 2021) a causa, inter alia, della ormai nota ipertrofia normativa e conseguente proliferazione dei contenziosi.
Se è certo che gli investimenti del PNRR rappresentano un’opportunità unica per la ripresa economica del Paese, risulta altrettanto chiaro che bisognerà agire tempestivamente mediante l’introduzione di una disciplina ad hoc o tramite una riforma dell’attuale Codice dei contratti pubblici al fine semplificare le procedure e garantire la realizzazione delle opere e dei progetti strategici; ciò, anche al fine di scongiurare il rischio di rimanere con un “nulla di fatto” e, ancor di più, con l’obbligo di restituire le risorse per gli investimenti non realizzati entro le stringenti tempistiche dettate da Bruxelles.
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