A cura di Francesca Tironi e Valentina Panettella
A poche settimane di distanza dalla pronuncia che riteneva nullo il licenziamento di un dirigente per violazione della disciplina emergenziale del blocco dei licenziamenti, il Tribunale di Roma interviene nuovamente sulla tematica accogliendo un orientamento diametralmente opposto.
Stando alla sentenza n. 3605/2021 del 19 aprile 2021, infatti, il dato letterale della disposizione di cui all’art. 46 del D.L. n. 18/20, che rimanda all’art. 3 della L. n. 604/1966 non applicabile ex lege ai dirigenti, non consentirebbe di ritenere ricompresa nel blocco la figura del dirigente.
Tale esclusione risulterebbe peraltro “coerente con lo spirito che sorregge l’eccezionale ed emergenziale previsione del blocco dei licenziamenti”, che è accompagnato dallo strumento della cassa integrazione per consentire alle aziende di tamponare le perdite subite attraverso una riduzione del costo del lavoro.
Secondo il Tribunale, sarebbe proprio tale binomio “blocco dei licenziamenti-accesso agli ammortizzatori sociali” a far sì che la previsione del divieto di licenziamento non si ripercuota sui datori di lavoro.
Se il blocco dei licenziamenti venisse esteso a una figura quale quella del dirigente, cui è precluso il ricorso agli ammortizzatori sociali, il datore di lavoro si ritroverebbe nella condizione di non poter reperire una soluzione volta a garantire reddito e tutela occupazionale senza costi aggiuntivi.
In altre parole, se si accogliesse l’estensione del blocco ai dirigenti, di tale categoria dovrebbe necessariamente farsi carico il datore di lavoro, anche innanzi a motivi tali da configurare un’ipotesi di giustificatezza del recesso, rilevando profili di incoerenza costituzionale tra estensione del blocco e principio di libertà economica.
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