Il concordato preventivo in bianco e la partecipazione ad appalti pubblici: l’ordinanza del Consiglio di Stato, 8 gennaio 2021, n. 309

A cura di Cristian Sgaramella, Guido Ajello, Michele Giuliani e Claudio Costantino

ABSTRACT

Con ordinanza n. 309 dell’8 gennaio 2021, il Consiglio di Stato ha rimesso all’Adunanza Plenaria la decisione in merito alla possibilità per un’impresa in temporanea crisi finanziaria di partecipare a procedure ad evidenza pubblica, laddove abbia avanzato domanda di ammissione al concordato c.d. in bianco, ex art. 161, R.D. 267/1942, senza aver presentato il relativo piano concordatario.

Dopo un’attenta ed articolata disamina degli istituti giuridici disciplinati dalla Legge Fallimentare (R.D. 16 marzo 1942, n. 267) e dalla normativa pubblicistica in materia di contratti pubblici (D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50), la Sezione V ha rilevato l’esistenza di orientamenti giurisprudenziali contrastanti ed ha conseguentemente rimesso all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato la risoluzione delle questioni sottoposte al suo vaglio.

Con ordinanza n. 309 dell’8 gennaio 2021, il Consiglio di Stato ha rimesso all’Adunanza Plenaria la decisione in merito alla possibilità per un’impresa in temporanea crisi finanziaria di partecipare a procedure ad evidenza pubblica, laddove abbia avanzato domanda di ammissione al concordato c.d. in bianco, ex art. 161, R.D. 267/1942 (di seguito, anche, “L.F.”) e, nello specifico, ha richiesto la risoluzione delle seguenti questioni di diritto:

a) se la presentazione di un’istanza di concordato in bianco ex art. 161, comma 6, L.F., da parte dell’impresa mandante di un raggruppamento temporaneo debba ritenersi causa di automatica esclusione dalle gare pubbliche, per perdita dei requisiti generali, ovvero se la presentazione di detta istanza non inibisca la partecipazione alle procedure per l’affidamento di commesse pubbliche, quanto meno nell’ipotesi in cui essa contenga una domanda prenotativa per la continuità aziendale;

b) se la partecipazione alle gare pubbliche debba ritenersi atto di straordinaria amministrazione e, dunque, possa consentirsi alle imprese che abbiano presentato domanda di concordato preventivo c.d. in bianco la partecipazione alle stesse gare, soltanto previa autorizzazione giudiziale nei casi urgenti, ovvero se detta autorizzazione debba ritenersi mera condizione integrativa dell’efficacia dell’aggiudicazione;

c) in quale fase della procedura di affidamento l’autorizzazione giudiziale di ammissione alla continuità aziendale debba intervenire onde ritenersi tempestiva ai fini della legittimità della partecipazione alla procedura e dell’aggiudicazione della gara;

d) se le disposizioni normative di cui all’art. 48, comma 17, 18 e 19 ter, D.lgs. n. 50 del 2016 (Codice Appalti) debbano essere interpretate nel senso di consentire la sostituzione della mandante che abbia presentato ricorso di concordato preventivo c.d. in bianco ex art. 161, comma 6, L.F. con altro operatore economico subentrante anche in fase di gara, ovvero se sia possibile soltanto la mera estromissione della mandante e, in questo caso, se l’esclusione del r.t.i. dalla gara possa essere evitata unicamente qualora la mandataria e le restanti imprese partecipanti al raggruppamento soddisfino in proprio i requisiti di partecipazione.” 

La quaestio iuris – inserita in un contesto fattuale e processuale più complesso – è sorta a seguito dell’impugnazione innanzi al TAR Emilia Romagna, Bologna dell’aggiudicazione della gara avente ad oggetto i “lavori di realizzazione dell’istituto penitenziario Forlì – 1 stralcio”, da parte del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche Lombardia ed Emilia Romagna, in favore di un raggruppamento temporaneo di imprese (di seguito, anche, “RTI”), la cui mandante aveva depositato domanda di concordato in bianco senza presentare, al momento dell’aggiudicazione, il relativo piano concordatario.

I giudici amministrativi di primo grado, con la sentenza del 28 gennaio 2020, n. 76, per un verso, hanno accolto il ricorso principale presentato dalla seconda classificata in graduatoria, annullando l’aggiudicazione della gara, in quanto, la stazione appaltante avrebbe dovuto escludere dalla gara il RTI a fronte dell’ammissione in concordato della mandante, per avere quest’ultima depositato un’istanza di concordato preventivo in bianco, non diretta alla continuazione dell’attività aziendale; per altro verso, ha respinto il ricorso incidentale promosso dal RTI aggiudicatario in relazione alla richiesta di sostituzione della mandante, incorsa in una causa di esclusione derivante dalla sopravvenuta mancanza di uno dei requisiti ordinari di partecipazione alle gare pubbliche (i.e.: presentazione di istanza di concordato preventivo c.d. “in bianco”), affermando che “la modifica della compagine di un R.T.I. sarebbe comunque ammessa solo nella fase esecutiva dell’appalto e non anche in pendenza della procedura di gara “stante quanto previsto in subiecta materia dalle disposizioni di cui all’art. 48, commi 9 e 18, del D.Lgs. n. 50 del 2016”, nel testo modificato dall’art. 32, comma 1, lett. e) del D.Lgs. 19 aprile 2017, n. 56 (Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50), ratione temporis applicabile”.

Orbene, la menzionata sentenza è stata appellata dal RTI innanzi al Supremo consesso amministrativo, il quale nell’ordinanza in commento ha operato una disamina degli istituti giuridici rispettivamente disciplinati dalla legge fallimentare (i.e. il concordato in bianco e il concordato con continuità aziendale) e dalla normativa pubblicistica rilevante in materia.

Quanto all’ambito fallimentare, l’art. 161, comma 6, L.F., prevede l’obbligo da parte del debitore di presentare successivamente alla domanda di concordato (nel termine fissato dal giudice, compreso fra sessanta e centoventi giorni e prorogabile di ulteriori sessanta) un piano contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta. In pendenza di detto termine, il debitore può compiere in autonomia i soli atti di ordinaria amministrazione e, previa autorizzazione ad hoc del Tribunale, anche quelli di natura straordinaria, se urgenti.

L’art. 186 bis, L.F., disciplina, invece, la fattispecie del concordato con continuità aziendale che consente, la prosecuzione dell’attività imprenditoriale in modo che le entrate così prodotte possano coprire parzialmente o interamente le esposizioni del debitore.

La norma de qua non esclude né la prosecuzione dei contatti pubblici pendenti, nè tantomeno la partecipazione a procedure di assegnazione di contratti pubblici, quando la società presenti una relazione da parte di un professionista incaricato ex art. 67, comma 3, L.F., attestante la ragionevole capacità di adempimento del contratto.

Ai sensi del comma 6 dello stesso articolo 186 bis, L.F., è previsto, poi, il divieto di partecipazione alle gare pubbliche per l’impresa in concordato nel caso in cui quest’ultima rivesta il ruolo di mandataria all’interno di un raggruppamento temporaneo.

In ambito pubblicistico, l’articolo 80, comma 5, lettera b), D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (di seguito,  “Codice Appalti”) esclude dalla partecipazione a gare pubbliche “l’operatore economico [che] si trovi in stato di fallimento, di liquidazione coatta, di concordato preventivo, salvo il caso di concordato con continuità aziendale, o nei cui riguardi sia in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni, fermo restando quanto previsto all’art. 110” (versione antecedente all’entrata in vigore del Decreto Legge cd. Sblocca Cantieri, convertito in Legge 14 giugno 2019, n. 55, ratione temporis applicabile alla fattispecie in esame).

Nello specifico, dalla lettura della menzionata disposizione si evince che, fermo restando il generale divieto di partecipazione a gare pubbliche per imprese che si trovino in stato “di fallimento, di liquidazione coatta, di concordato preventivo”, l’unica eccezione espressamente contemplata dalla norma riguarda le società che siano state ammesse al concordato con continuità aziendale o che, in ogni caso, abbiano presentato tale domanda prima della partecipazione alla procedura di gara e, ciò, al fine di garantire l’integrità e la solidità finanziaria del futuro potenziale contraente.

Ed infatti, a seguito delle modifiche intervenute con il Decreto cd. Sblocca Cantieri, il Legislatore, all’articolo 110, comma 4, Codice Appalti, ha previsto solamente che “alle imprese che hanno depositato la domanda di cui all’articolo 161, anche ai sensi del sesto comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, si applica l’articolo 186-bis del predetto regio decreto. Per la partecipazione alle procedure di affidamento di contratti pubblici tra il momento del deposito della domanda di cui al primo periodo ed il momento del deposito del decreto previsto dall’articolo 163 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 è sempre necessario l’avvalimento dei requisiti di un altro soggetto”.

Emerge, quindi, una sostanziale antinomia fra quest’ultima disposizione che sembra ampliare la possibilità di partecipazione alle gare di appalto anche alle imprese che hanno presentato domanda di ammissione al concordato in bianco e la legge fallimentare che la circoscrive alle fattispecie disciplinate dall’art. 186 bis.

1. È ammessa la partecipazione a gare pubbliche da parte delle società in concordato in bianco ex art. 161, comma 6, L.F.?

Con riguardo ai primi tre quesiti, tutti connessi alla verifica della possibilità o meno per le imprese che abbiano presentato domanda per l’ammissione al concordato in bianco di partecipare a gare pubbliche, il Consiglio di Stato ha rilevato la sussistenza di due opposti filoni interpretativi: uno estensivo ed uno restrittivo.

Secondo il primo orientamento, nel tempo intercorrente tra il deposito della domanda e l’ammissione al concordato preventivo con continuità aziendale, la società conserva la facoltà di partecipare alle gare pubbliche. In sostanza, l’impresa che ha inizialmente presentato una domanda di ammissione al concordato in bianco può partecipare a procedure ad evidenza pubblica, purché presenti, nel termine concesso dal giudice, la proposta, il piano e la documentazione ex art. 186 bis, comma 1 e 2, L.F. (cfr. Consiglio di Stato, Sezione V, 21 febbraio 2020, n. 1328; Consiglio di Stato, Sezione III, 20 marzo 2018, n. 1772; Determinazione ANAC, 8 aprile 2015, n. 5).

In base a questo orientamento, dunque, la presentazione di una domanda prenotativa riferita ad un concordato con continuità aziendale non impedisce di per sé la partecipazione ad una procedura di gara e non determina la perdita dei requisiti di partecipazione in capo all’operatore economico; prevarrebbe, dunque, l’ipotesi della continuità aziendale rispetto allo scenario di crisi che ha richiesto l’adozione della procedura concorsuale ai fini della partecipazione alla gara.

Inoltre, con specifico riferimento al quesito b), sulla base:

  • di quanto disposto dall’art. 161, comma 7, L.F., secondo cui, dopo il deposito del ricorso e prima della decisione del Tribunale di cui all’art. 163, L.F., gli atti urgenti di straordinaria amministrazione possono essere compiuti solo previa espressa autorizzazione del Tribunale;
  • di quanto statuito dalla giurisprudenza civile in merito alla distinzione tra atti di ordinaria amministrazione – quali quelli di comune gestione dell’impresa strettamente aderenti alle finalità e alle dimensioni del patrimonio – e gli atti di straordinaria amministrazione – che incidono negativamente sul patrimonio destinato al soddisfacimento dei creditori,

i sostenitori della tesi estensiva hanno escluso che la partecipazione per un’impresa ad una gara pubblica, in pendenza di domanda per l’ammissione al concordato, possa qualificarsi come atto di straordinaria amministrazione sottoposto ad autorizzazione del Tribunale (cfr. Consiglio di Stato, sentenza 8 maggio 2019, n. 2963).

In particolare, si è ritenuto che la stretta correlazione fra l’atto e la sua capacità di risultare concretamente lesivo del patrimonio, deve essere compiuta caso per caso, sulla base della “specifica finalità che l’atto risulta oggettivamente perseguire” (cfr. Cassazione, Sezione I, 22 ottobre 2018, n 26646), potendo anche una disposizione di spesa risultare utile a conservarlo o migliorarlo.

Di contro, l’orientamento più restrittivo esclude a priori ogni possibilità di partecipare alle gare pubbliche per l’impresa che abbia presentato la domanda ex articolo 161, comma 6, L.F., anche se autorizzata dal Tribunale, a meno che detta partecipazione non risulti straordinaria e urgente (cfr. Consiglio di Stato, Sezione VI, 13 giugno 2019, n. 3984).

Nello specifico, tale indirizzo giurisprudenziale, coerente con una lettura sistematica della normativa comunitaria (cfr. Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Sezione X, sentenza 28 marzo 2019, C -101/18), ritiene che nel caso di concordato in bianco, le imprese:

  • non possono partecipare alle gare;
  • se vi partecipano, devono essere escluse;
  • non possono compiere atti di gestione se non quelli caratterizzati da straordinarietà ed urgenza, poichè la particolare tipologia di istituto, che attribuisce al debitore una anticipata e prolungata tutela rispetto agli interessi dei debitori, non è compatibile con altra attività che non venga sottoposta al preventivo controllo del Tribunale.

Secondo tale orientamento, dunque, la partecipazione alle gare di appalto costituisce un atto di straordinaria amministrazione che può essere autorizzato solo se urgente. Ciò, tenuto conto che qualora l’atto non fosse tale, il suo compimento potrebbe trovare giustificazione solo in relazione ad una programmazione futura, in ragione cioè del suo inserimento nel piano concordatario ovvero della sua utilità (o non dannosità) e previa valutazione positiva compiuta dal Giudice Delegato dopo l’ammissione al concordato, in sede di autorizzazione ex art. 167, L.F.

La ratio di tale interpretazione è da ricercarsi nel fatto che, prima della presentazione del piano e della proposta concordatari, la domanda del debitore si colloca in una sorta di “limbo”, di cui non si possono definire gli sviluppi futuri e, più nello specifico, né si conoscono i contenuti di quanto sarà depositato, né si può esser certi che il debitore perseguirà la scelta concordataria per non virare all’ultimo su altra opzione ammessa (i.e. accordo di ristrutturazione ex art. 182 bis, L.F.).

Tale orientamento esclude, quindi, che la partecipazione alle gare pubbliche possa annoverarsi tra le attività di ordinaria amministrazione, dovendo l’impresa in concordato ottenere comunque provvedimenti autorizzativi che ne accertino l’effettiva possibilità di contrarre con la Stazione appaltante e di eseguire le obbligazioni oggetto di appalto.

In conclusione, secondo l’orientamento restrittivo, le norme pubblicistiche consentono la partecipazione ad una gara di appalto alle seguenti condizioni:

  1. che la società sia già ammessa al concordato con continuità aziendale e che il relativo piano sia stato preventivamente approvato;
  2. che la stessa sia munita della specifica autorizzazione del giudice delegato per la singola gara. 

Ne consegue che l’eccezione, rispetto alla regola dell’esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lettera b), Codice Appalti, sia riferibile al solo caso in cui l’operatore “si trovi” in continuità aziendale e, quindi, sia stato già ammesso al concordato e non anche ai casi di “procedimenti in corso” e, quindi, alle ipotesi in cui sia stata presentata la sola domanda di concordato in bianco.

Inoltre, in relazione al quesito sub c), il Consiglio di Stato ha rimesso all’Adunanza Plenaria il compito di chiarire in quale momento debba intervenire l’autorizzazione giudiziale di ammissione alla continuità aziendale ai fini della legittima partecipazione alla procedura e della relativa aggiudicazione della gara. Sul punto, richiamando i principi espressi dalla Sezione V, con sentenza del 21 febbraio 2020, n. 1328, secondo cui “nessun impedimento alla partecipazione alle procedure di affidamento di contratti pubblici può essere posto ad imprese sottoposte a concordato “in bianco” ex art. 161, comma 6, l. fall.”, il Consiglio di Stato ha poi concluso che la partecipazione dell’impresa in concordato, con riserva di presentazione della proposta e del piano, è consentita solo se “l’autorizzazione del Tribunale fallimentare che accerti la capacità economica della stessa di eseguire l’appalto intervenga nel corso della procedura di gara”, tenuto conto che soltanto nel corso della gara è concepibile quella “valutazione in concreto circa l’affidabilità dell’impresa” e non quando la procedura è terminata.

2. Istanza di concordato in bianco ex art. 161, comma 6, L.F.: sostituzione della mandante o esclusione dell’intero raggruppamento?

Infine, con riferimento al quarto quesito sub d), il Consiglio di Stato si è interrogato sulle conseguenze derivanti dalla presentazione da parte della mandante di un raggruppamento temporaneo di imprese, nel corso della partecipazione ad una procedura ad evidenza pubblica, di un’istanza di concordato in bianco ex articolo 161, comma 6, L.F., verificando se a tale evento debba conseguire l’estromissione di quest’ultima – con possibilità di sostituirla con altra impresa – ovvero l’esclusione dell’intero raggruppamento, nel caso in cui la mandataria o le altre imprese mandanti non soddisfino i requisiti di partecipazione richiesti dalla lex specialis.

Nell’affrontare tale questione, sulla base del principio di immutabilità della compagine dei raggruppamenti temporanei di impresa – sancito all’articolo 48, comma 9, Codice Appalti al fine di garantire “(…) all’Amministrazione la verifica preliminare della sussistenza dei requisiti di partecipazione alla gara, e di impedire condotte elusive delle verifiche stesse concretizzantesi nella sostituzione degli attori economici in epoca successiva al relativo espletamento” (cfr. Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, sentenza 4 maggio 2012, n. 8) – il Consiglio di Stato ha ritenuto ammissibile la “sostituzione dell’operatore economico in tutte quelle fattispecie nelle quali il mutamento delle imprese non è idoneo ad alterare la par condicio competitorum”.

Nello specifico, la giurisprudenza amministrativa ha ammesso le variazioni soggettive nei raggruppamenti temporanei di imprese a condizione che queste: (i) operino “in riduzione”, ovvero senza l’aggiunta dall’esterno di altri partecipanti; (ii) non siano finalizzate ad impedire la verifica dei controlli in ordine al possesso dei requisiti; (iii) i componenti residui del raggruppamento siano in possesso della totalità dei requisiti di partecipazione (cfr. Consiglio di Stato, sezione III, 4 dicembre 2015, n. 5519; Consiglio di Stato, sez. III, 21 novembre 2014, n. 5752).

Il Collegio, tuttavia, ha evidenziato l’esistenza di orientamenti giurisprudenziali contrastanti in relazione alle variazioni “in aumento” ovvero volte all’introduzione nell’ambito dei raggruppamenti temporanei di operatori economici in aggiunta o in sostituzione delle imprese originariamente partecipanti.

Secondo una tesi estensiva, la possibilità che una mandante assoggettata a procedura concorsuale sia sostituita con altra impresa esterna al raggruppamento sarebbe confermata dalla disciplina contenuta nei commi 17 e 18, dell’articolo 48, Codice Appalti, rispettivamente riguardanti la società mandataria e mandante.

Ed infatti, mentre per il caso di assoggettamento a procedure concorsuali della mandataria, il comma 17 dell’articolo 48, Codice Appalti, si limita a precisare che “la stazione appaltante può proseguire il rapporto di appalto con altro operatore economico che sia costituito mandatario nei modi previsti dal presente codice”, nel caso in cui la procedura concorsuale interessi la mandante, il comma 18 dell’articolo 48, Codice Appalti, prevede espressamente che “il mandatario, ove non indichi altro operatore economico subentrante che sia in possesso dei prescritti requisiti di idoneità, è tenuto alla esecuzione, direttamente o a mezzo degli altri mandanti”.

In altri termini, secondo tale lettura estensiva, dalla diversa formulazione letterale dei menzionati commi dell’articolo 48, Codice Appalti, si evince la volontà del legislatore di ammettere l’ingresso di un operatore economico subentrante dall’esterno soltanto nel caso in cui l’evento patologico – come nel caso sottoposto al vaglio del Consiglio di Stato – riguardi l’impresa mandante e non anche la mandataria (cfr. T.A.R. Puglia, Lecce, Sezione II, sentenza 12 agosto 2019, n. 1424).

Tale lettura risulterebbe poi coerente con il sistema ordinamentale in materia dei contratti pubblici in ragione della diversità del ruolo attribuito alla mandante e alla mandataria (cfr. articolo 48, comma 15, Codice Appalti).

Diversamente, secondo l’orientamento restrittivo ripreso dal Consiglio di Stato, “le disposizioni su indicate non consentirebbero, già sotto il piano dell’interpretazione letterale, alcuna modificazione della compagine del r.t.i. aggiudicatario”. Secondo tale diversa lettura, il comma 19 ter dell’articolo 48, Codice Appalti – che estende la possibilità di applicare i commi 17, 18 e 19 “anche laddove le modifiche soggettive ivi contemplate si verifichino in fase di gara” – non troverebbe applicazione nella fattispecie sottoposta all’esame del Collegio, atteso che in tal caso non si sarebbero verificate “modifiche soggettive” ma solo una causa di esclusione automatica in cui è incorsa la mandante. 

Peraltro, secondo il menzionato orientamento, il comma 18 dell’articolo 48, Codice Appalti – che prevede espressamente la possibilità che la mandante sia sostituita con “altro operatore economico subentrante” – e il comma 19 ter, della medesima disposizione – che ammette la possibilità di modifiche soggettive “in fase di gara”- devono essere letti in senso restrittivo, in quanto costituiscono un’eccezione al principio generale dell’immodificabilità soggettiva dei concorrenti espresso all’articolo 48, comma 9, Codice Appalti. Ed infatti, secondo il Collegio “la par condicio tra i concorrenti e la salvaguardia del principio dell’immodificabilità del raggruppamento non sembrerebbero poter ammettere – nel contesto dell’evidenza pubblica – l’inserimento nel r.t.i. di nuovi operatori estranei alla procedura e che non hanno formulato l’offerta, con l’inammissibile finalità di sanare una causa di esclusione (nella specie, la presenza di un soggetto posto sotto procedura di insolvenza concorsuale “in bianco”) intervenuta prima dell’aggiudicazione” (cfr. Consiglio di Stato, ordinanza n. 309 dell’8 gennaio 2021).

D’altronde, secondo tale orientamento, l’affidamento della commessa ad un soggetto estraneo alla gara comporterebbe “un vulnus sia del principio della par condicio sia delle regole dell’evidenza pubblica” e consentirebbe l’elusione della sanzione dell’estromissione dalla gara per mancanza dei requisiti di partecipazione di uno dei componenti del raggruppamento (cfr. ex multis Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, sentenza 4 maggio 2012, n. 8).

Da ultimo e per completezza, deve rilevarsi che il tema della possibile sostituzione di una impresa mandataria con altra impresa esterna al raggruppamento, ai sensi del comma 17, dell’articolo 48, Codice Appalti, è stato rimesso all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato anche dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia che, con la sentenza non definitiva del 20 gennaio 2021, n. 37, ha offerto una lettura difforme rispetto alle argomentazioni contenute nell’ordinanza in commento.

In particolare, secondo i Giudici Siciliani, l’interpretazione fornita dai giudici di Palazzo Spada non è condividibile, in quanto sul piano lessicale i commi 17 e 18, dell’articolo 48, Codice Appalti, fornirebbero una formulazione neutra tale da consentire sia l’ipotesi di sostituzione interna o “in riduzione”, sia il caso di variazione esterna o “in aumento”, non giustificando una disciplina differenziata tra la sostituzione della mandante e della mandataria.

Per di più, secondo il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia, l’interpretazione che ammette la sostituzione “in aumento”:

  1. appare in linea con la disciplina europea in tema di avvalimento, che ammette la sostituzione dell’impresa ausiliaria priva di requisiti;
  2. è idonea a scongiurare il rischio che il raggruppamento subisca incolpevolmente gli effetti negativi di eventi che colpiscono la mandataria;
  3. non confligge con il principio sancito dal comma 19, ultimo periodo, dell’articolo 48, Codice Appalti, secondo cui “la modifica soggettiva (…) non è ammessa se finalizzata ad eludere la mancanza di un requisito di partecipazione alla gara”, in quanto il presupposto fattuale dell’applicazione dei commi 17 e 18, articolo 48, Codice Appalti, è che il raggruppamento possieda tutti i requisiti richiesti alla data di scadenza del bando e che gli eventi ostativi della partecipazione colpiscano una componente del medesimo raggruppamento dopo la scadenza del termine fissato per la presentazione delle offerte;
  4. è dotata di una funzione acceleratoria e di semplificazione delle gare, evitando esclusioni di offerte congrue a causa di eventi che colpiscono singoli componenti dell’operatore economico plurisoggettivo e rimediabili con una sostituzione esterna, lasciando invariata l’offerta.
3. Considerazioni conclusive

In conclusione, si deve rilevare come l’impianto normativo contenuto nel D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (c.d. Codice della Crisi), la cui entrata in vigore è prevista per il prossimo 1 settembre 2021, è volto a privilegiare la salvaguardia delle società e dei suoi asset piuttosto che la sua decozione. La nuova regolamentazione farà, dunque, presumibilmente aumentare le istanze di concordato ex artt. 161, comma 6, e 182 bis, L.F. da parte delle imprese.

In quest’ottica, alla luce dei numerosi contrasti giurisprudenziali riportati, emerge con fermezza la necessità dell’intervento chiarificatore dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, onde evitare la proliferazione di contenziosi amministrativi che, come noto, costituiscono una delle principali cause di ritardo e rallentamento nell’esecuzione degli appalti pubblici di lavori, servizi e forniture.

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