A cura di Francesca Tironi, Giulia Spalazzi e Sara Tanieli
In data 7/4/21 la Corte di Cassazione ha depositato un’interessante pronuncia, la n. 9307 del 2021, con cui ha statuito che il contratto di solidarietà può essere stipulato anche in pendenza di una procedura di licenziamento collettivo allorché, successivamente all’avvio di quest’ultima procedura, siano intervenuti degli esuberi di personale che non è stato possibile fronteggiare con la stessa.
I fatti in esame
Con ricorso presentato davanti al Tribunale di Roma, un lavoratore aveva esposto di essere stato illegittimamente collocato in solidarietà con riduzione dell’orario di lavoro e della retribuzione e aveva per l’effetto richiesto dichiararsi l’illegittimità del provvedimento che aveva ridotto l’orario di lavoro, con conseguente condanna del datore di lavoro a reintegrarlo nel proprio orario di lavoro contrattuale e a corrispondergli la parte di retribuzione contrattuale non percepita per effetto dell’anzidetta riduzione.
Il Tribunale adìto aveva accolto parzialmente il ricorso del lavoratore, dichiarando che quest’ultimo era stato illegittimamente collocato in solidarietà. Per l’effetto, il giudice aveva pertanto condannato la società convenuta a reintegrare il lavoratore nel proprio orario di lavoro contrattuale e a corrispondergli la parte di retribuzione da quest’ultimo non percepita a causa della suddetta riduzione a decorrere dal 9/11/09.
Avverso la sentenza di primo grado il datore di lavoro aveva quindi proposto appello, cui, visto il rigetto da parte della Corte adita, aveva fatto seguito il ricorso per Cassazione.
Ebbene, dinanzi alla Suprema Corte, il datore di lavoro ha ora richiesto il rigetto della pronuncia della Corte d’Appello sostenendo che la normativa all’epoca vigente (ma le previsioni sul punto sono rimaste invariate anche nell’ambito della vigente normativa) non prevedeva alcuna incompatibilità tra la procedura di licenziamento collettivo già avviata e il contratto di solidarietà, anche ove avviate per ambiti aziendali parzialmente coincidenti. Ed invero, ad avviso della Società ricorrente, ai fini della verifica circa la legittimità del contratto di solidarietà rilevava unicamente che all’inizio del 2009 la procedura di mobilità volontaria [rectius: la procedura di licenziamento collettivo, n.d.a.] già avviata per l’intera azienda da circa un anno non consentiva di fronteggiare gli esuberi di personale che si presentavano, con notevole intensità, a seguito dello specifico calo delle attività. Né si poteva attendere la conclusione della precedente procedura di mobilità poiché altrimenti la crisi in atto avrebbe compromesso definitivamente l’attività produttiva”.
Le motivazioni della decisione
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso proposto dalla società datrice di lavoro, ricordando innanzitutto che il contratto di solidarietà è un contratto collettivo aziendale stipulato con i sindacati comparativamente più rappresentativi a livello nazionale nel quale viene stabilita una certa riduzione dell’orario di lavoro su base giornaliera, settimanale o mensile al fine di scongiurare una situazione di esuberanza di personale di carattere strutturale aziendale.
Partendo da tale presupposto, la Suprema Corte ha quindi osservato che la “[…] previsione legislativa della possibilità che la riduzione oraria realizzi un impedimento anche solo parziale di esuberi implica […] il riconoscimento da parte del legislatore della possibilità che un contratto di solidarietà difensiva intervenga nel corso di una procedura di riduzione di personale, laddove, invece, è da ritenersi illegittima l’inversa situazione, in cui, nella vigenza del contratto di solidarietà c.d. difensivo […], il datore di lavoro avvii una procedura di licenziamento collettivo”. Pertanto, prosegue la Corte, “nella vigenza di tale tipologia di contratti al datore di lavoro è precluso il licenziamento collettivo – che presuppone necessariamente la riduzione stabile dell’attività economica – proprio in ragione delle specifiche finalità cui è preordinata la stipula del contratto di solidarietà, in connessione al sacrificio richiesto ai lavoratori con la riduzione dell’orario lavorativo e quindi della retribuzione […]; ma per le considerazioni sinora esposte, è invece ammissibile l’ipotesi inversa”.
Considerazioni conclusive
Sulla base delle osservazioni ampiamente formulate in sentenza, la Corte di Cassazione ha concluso che, ai fini della verifica circa la legittimità di un contratto di solidarietà, non assume rilievo il mero fatto che tale contratto sia stato stipulato in pendenza di una procedura di licenziamento collettivo, dovendosi a tal fine accertare se quest’ultima procedura di riduzione di personale abbia “consentito di fronteggiare gli esuberi di personale che si erano evidenziati successivamente, anche sub specie di aggravamenti della situazione di crisi pregressa, e che la serietà delle ragioni sottese alla adozione dell’accordo di solidarietà sia stata oggetto di positivo scrutinio da parte della Amministrazione, consacrato dal provvedimento ministeriale di ammissione dei lavoratori alla integrazione salariale”.
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