Il credito d’imposta previsto dalle convenzioni contro le doppie imposizioni spetta anche dopo l’applicazione della Direttiva madre-figlia

A cura di Carlo Romano e Maurizio Foti

La Corte di Cassazione con l’ordinanza 20 maggio 2021, n. 13848 ha riconosciuto che l’esenzione da ritenuta (prevista dalla Direttiva madre-figlia e recepita in Italia con l’introduzione dell’art. 27 bis, comma 3, del d.P.R. 600/1973) del dividendo distribuito da una società figlia italiana alla società madre francese, non preclude a quest’ultima di fare valere il proprio diritto di richiedere, anche ex post, il credito di imposta previsto dall’art. 10 co. 4, lett. b), della Convenzione Italia-Francia (credito di imposta indiretto). Si tratta di una questione di fiscalità internazionale che negli anni è stata molto dibattuta ed è stata oggetto di svariati contenziosi da rimborso, alcuni attualmente ancora pendenti dinanzi la Corte di Cassazione, che potrebbero finalmente trovare una soluzione favorevole ai contribuenti.

Fatti di causa

Nell’anno 2000 una società italiana corrispondeva, a titolo di dividendi, Lire 2.100.000.000 alla propria madre francese senza operare la ritenuta alla fonte (usufruendo così di quanto previsto dall’art. 27 bis, comma 3, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600). Successivamente la società madre francese, assoggettata ad imposta in Francia, chiedeva all’Amministrazione finanziaria italiana il rimborso di € 248.328,87 ai sensi dell’art. 10, paragrafo 4, lett. b) della Convenzione Italia – Francia, ovverosia: il rimborso del 50% di un ammontare pari al credito d’imposta, che all’epoca sarebbe spettato ad una società partecipante italiana, relativo alla tassazione degli utili societari della società italiana partecipata, determinato previa detrazione del 5% sullo stesso credito d’imposta e del 5% sui dividendi percepiti.

Entrambi i gradi di merito si concludevano negativamente per la società francese atteso che quest’ultima, secondo i giudici di merito, si era già avvalsa dell’esenzione da ritenute alla fonte sui dividendi e ciò le precludeva il diritto a chiedere il rimborso del credito di imposta previsto dalla Convenzione Italia-Francia; inoltre secondo i giudici di merito la società francese non aveva fornito prova dell’assoggettamento ad imposta in Francia dei dividendi in questione.

I giudici di merito, quindi, confermavano la tesi dell’Amministrazione finanziaria secondo la quale l’avere inizialmente optato per il beneficio dell’esenzione da ritenuta italiana precludeva alla società madre francese di optare “ex post” per il beneficio del rimborso del credito di imposta pattizio/convenzionale. L’opposta interpretazione avrebbe comportato, secondo la tesi dell’Amministrazione finanziaria, un illegittimo cumulo dei benefici, ovverosia la contestuale esenzione dei dividendi dalla ritenuta e il rimborso del credito d’imposta.

La pronuncia della Corte di Cassazione  

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza qui in commento, ha accolto il ricorso presentato dalla Società francese e in particolare il motivo di doglianza con il quale la contribuente ha eccepito la violazione dell’art. 10, paragrafo 4, lett. b) della Convenzione Italia – Francia.

I giudici di legittimità si sono posti l’interrogativo se la sentenza oggetto di impugnazione «potesse considerarsi corretta alla luce dell’interpretazione della normativa comunitaria» e in particolare «se il beneficio già conseguito con l’esonero dalle ritenute si ponesse in inconciliabile contrasto con la successiva richiesta di rimborso del credito d’imposta nelle modalità indicate dalla società ricorrente».

I giudici di legittimità – richiamando quanto recentemente sostenuto dalla stessa Corte di Cassazione (cfr. Cass., 31/01/2020, n. 2313; 19/11/2020, n. 26307) che, a sua volta, nelle proprie pronunce di legittimità ha ripreso il principio, di matrice euro-unitaria, della neutralità nella tassazione in rapporti transnazionali valorizzato nella sentenza della Corte di Giustizia nella causa C-389/18 (Brussels Securities c/ Belgio) – hanno precisato come non sia “vietato affatto alla società di richiedere il rimborso del credito, pur quando la società madre abbia beneficiato di utili sui quali la società figlia, appartenente ad altro Stato membro, non abbia applicato la ritenuta alla fonte sui dividendi. Anzi, astrattamente – sebbene con successiva verifica in concreto – spiegano la compatibilità dei due sistemi, che, soprattutto nei termini in cui l’odierna ricorrente intende quantificare l’importo del rimborso del credito d’imposta, al netto cioè della detrazione del 5% dal rimborso medesimo e dagli utili conferiti, si propongono quali strumenti alternativi, cui poter ricorrere anche con opzioni successive”.

In particolare, è opportuno ricordare come nella causa C-389/18 la Corte di Giustizia abbia precisato che per garantire la neutralità fiscale della percezione dei dividendi da parte della società madre, occorra  evitare non solo la tassazione diretta dei dividendi in capo alla società madre, ma anche quella indiretta, intesa come conseguenza dell’applicazione di meccanismi che potrebbero in concreto causare, in capo alla società madre, un trattamento deteriore rispetto a quello che spetterebbe qualora le due società (madre e figlia) fossero residenti nello stesso Stato.

La Corte di Cassazione, nella ordinanza in commento, ha inoltre precisato:

  • come la non applicazione della ritenuta da parte della società figlia italiana non determini una opzione irrevocabile in quanto nessuna norma prevede una tale limitazione. Pertanto, una Società madre – che riceve dei dividendi ai quali non è stata applicata la ritenuta alla fonte – ha il diritto di optare, anche ex post, per il beneficio pattizio/convenzionale;
  • il rimborso del credito di imposta pattizio/convenzionale non è in alcun modo condizionato all’effettivo assoggettamento ad imposte nel Paese di residenza della società madre, essendo sufficiente che il dividendo ricevuto concorra alla formazione del reddito complessivo, ancorché non sussista un effettivo prelievo fiscale.

Pertanto, i giudici di legittimità giungono al seguente principio di diritto: «In tema di imposte sui dividendi azionari corrisposti da una società figlia residente in Italia ad una società madre residente in Francia, il credito d’imposta previsto dall’art. 10 co. 4, lett. b), della Convenzione contro le doppie imposizioni, firmata tra Italia e Francia…non è escluso dal riconoscimento dell’esenzione dalla ritenuta prevista dalla Direttiva madre-figlia n. 453 del 1990 (attuata con il d.lgs. n. 136 del 1993), atteso che secondo l’interpretazione offerta dalla Corte di Giustizia (causa C-389/18, del 19 dicembre 2019, Brussels Securities), questo secondo beneficio non elimina necessariamente il rischio di doppia imposizione economica né di violazione del principio di neutralità fiscale».

La Corte di Cassazione ha così accolto il ricorso della Società francese, cassato la sentenza impugnata rinviando la causa alla Commissione Tributaria Regionale alla quale spetterà il compito di applicare i principi di diritto anzidetti.

Tale pronuncia di legittimità fornisce dei principi di diritto che saranno fondamentali per i tanti giudizi che risultano ancora pendenti in Cassazione per la medesima questione e per i quali la predisposizione di una memoria illustrativa ben motivata, che sviluppi le argomentazioni del sopra commentato orientamento di legittimità, sarà di assoluta importanza in quanto – detta memoria – rappresenterà per il contribuente l’ultima chance per convincere i giudici della legittimità delle proprie ragioni.

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