A cura di Guido Ajello, Claudio Costantino e Santi Virga
Con la sentenza n. 2526 dell’11 marzo 2021, la Quinta Sezione del Consiglio di Stato è intervenuta nuovamente sul controverso tema dell’avvalimento c.d. “premiale”.
La questione sottoposta al vaglio del Consiglio di Stato riguarda, in generale, l’istituto dell’avvalimento disciplinato dall’articolo 89, D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 – secondo cui l’operatore economico può avvalersi dei requisiti economico-finanziari e/o tecnico-professionali messi a disposizione da un soggetto terzo, ai fini della partecipazione ad una procedura di affidamento di lavori, servizi o forniture – e, in particolare, il cd. avvalimento premiale finalizzato all’acquisizione da parte del concorrente di mezzi e risorse altrui, al solo fine di ottenere il riconoscimento di un maggior punteggio nella valutazione dell’offerta tecnica.
Nello specifico, nell’ambito del contenzioso attivato innanzi al T.A.R. Campania-Napoli, l’impresa classificatasi seconda in graduatoria ha impugnato l’aggiudicazione della gara avente ad oggetto l’affidamento di un appalto misto di forniture e lavori per la realizzazione di un progetto relativo al rafforzamento degli standard di sicurezza, contestando inter alia la stipula di un contratto di avvalimento da parte del raggruppamento temporaneo di imprese aggiudicatario al solo fine di conseguire in sede di gara un miglior punteggio tecnico.
A seguito della sentenza del 6 agosto 2020, n. 3531, con cui i giudici amministrativi di primo grado hanno rigettato il ricorso, l’impresa soccombente ha censurato innanzi al Consiglio di Stato la menzionata statuizione, chiedendone la riforma per indebito ed abusivo utilizzo dell’avvalimento da parte dell’aggiudicatario, in quanto il menzionato istituto è stato utilizzato non soltanto per soddisfare i requisiti di qualificazione (di cui non era in possesso) ma, altresì, per conseguire una migliore valutazione della propria offerta tecnica, la quale era stata integralmente strutturata sulla base delle esperienze e competenze delle imprese ausiliarie.
Orbene, il Consiglio di Stato ha rigettato il ricorso e confermato la sentenza di primo grado, mostrando una parziale apertura rispetto all’avvalimento premiale.
Nello specifico, i giudici di Palazzo Spada hanno rilevato che l’operatore economico, che ricorre all’avvalimento per colmare il proprio deficit di qualificazione, deve includere nella propria offerta tecnica i beni, mezzi e risorse propri dell’impresa designata quale ausiliaria, ai fini dell’esecuzione dell’appalto, valorizzando la funzione essenziale del menzionato istituto che ha lo scopo “(…) di legittimare, nella prospettiva proconcorrenziale del favor partecipationis, l’ampliamento della platea dei potenziali concorrenti alle procedure evidenziali, attraverso l’abilitazione all’accesso di operatori economici che, pur privi dei necessari requisiti, dei mezzi e delle risorse richieste dalla legge di gara, siano in grado di acquisirli grazie all’apporto collaborativo di soggetti terzi, che ne garantiscano la messa a disposizione per la durata del contratto”.
Peraltro, il Collegio ha ritenuto “del tutto fisiologica l’eventualità che l’operatore economico concorrente ricorra all’avvalimento al fine di conseguire requisiti di cui è carente e, nello strutturare e formulare la propria offerta tecnica, contempli nell’ambito della stessa anche beni prodotti o forniti dall’impresa ausiliaria ovvero mezzi, attrezzature, risorse e personale messi a disposizione da quest’ultima”.
Dunque, concludono i giudici amministrativi, se un operatore economico ricorre all’istituto dell’avvalimento per supplire a un proprio deficit di qualificazione – in coerenza con la funzione tipica dell’istituto – lo stesso può valorizzare l’expertise, nonché gli strumenti e le risorse messi a disposizione dall’impresa ausiliaria nell’ambito della propria offerta tecnica, che sarà valutata dalla stazione appaltante nella sua globalità, tenendo in considerazione anche gli elementi che fanno capo all’organizzazione propria dell’impresa ausiliaria, al fine di soddisfare i requisiti di qualificazione richiesti dalla lex specialis.
Tuttavia, a fronte dell’incerto quadro giurisprudenziale sopra delineato, il Consiglio di Stato ha circoscritto il perimetro entro il quale è ammesso l’avvalimento premiale e, in particolare, ha:
- confermato il divieto del cd. avvalimento (meramente) premiale, “il cui scopo (che trasmoda in alterazione, piuttosto che di implementazione, della logica concorrenziale) sia, cioè, esclusivamente quello di conseguire (non sussistendo alcuna concreta necessità dell’incremento delle risorse) una migliore valutazione dell’offerta”;
- escluso l’utilizzo dell’avvalimento da parte dell’operatore economico che intende avvantaggiarsi “rispetto agli altri, delle esperienze pregresse dell’ausiliaria, ovvero di titoli o di attributi spettanti a quest’ultima (che, in quanto tali, non qualifichino operativamente ed integrativamente il tenore dell’offerta e non siano, perciò, oggetto di una prospettica e specifica attività esecutiva)”.
In conclusione, la giurisprudenza amministrativa ha manifestato una parziale apertura, ammettendo l’avvalimento c.d. premiale nel caso in cui l’impresa partecipante alla gara, sprovvista dei requisiti di qualificazione, ricorra all’istituto dell’avvalimento per soddisfare i requisiti di ammissione previsti dalla lex specialis, valorizzando nella propria offerta tecnica i mezzi e le risorse forniti dall’impresa ausiliaria per ottenere un maggior punteggio tecnico.
Viceversa, il concorrente non potrà ricorrere all’istituto dell’avvalimento al solo scopo di conseguire un mero punteggio aggiuntivo nel caso in cui possegga già in proprio i requisiti necessari per l’esecuzione dell’appalto.
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