A cura di Annalisa Di Ruzza, Guido Ajello e Edoardo Ferrero
In data 9 giugno 2021, il Senato ha approvato il disegno di legge costituzionale, risultante dall’unificazione di una serie di iniziative di riforma, dirette a sancire il riconoscimento dell’ambiente tra i principi fondamentali della Costituzione (ddl nn. 83, 212, 938, 1203, 1532, 1627, 1632 e 2160).
Come noto, l’ambiente non era previsto nell’impianto originario della Costituzione del 1948, che si limitava a riconoscere e proteggere il paesaggio all’articolo 9. Soltanto con la riforma costituzionale del 2001, l’ambiente ha trovato riconoscimento in Costituzione, sia pure soltanto nell’elenco delle materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato all’interno del titolo V, parte II, Costituzione.
Dunque, nella versione oggi vigente della Costituzione, l’ambiente non rientra tra i principi fondamentali né tantomeno tra i diritti e i doveri dei cittadini, sebbene la Corte costituzionale abbia avuto modo di chiarire, in questi anni, come l’ambiente costituisca un valore dell’ordinamento, la cui salvaguardia trova fondamento anche negli obblighi di appartenenza all’Unione europea (si vedano, ad esempio, le sentenze nn. 210 e 641 del 1987).
In questo contesto, si propone addirittura di intervenire sull’articolo 9 della Costituzione, aggiungendo, alla fine, il seguente comma: “[la Repubblica] tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali”.
Pertanto, subito dopo la tutela della cultura, della ricerca, del paesaggio e del patrimonio storico e artistico, si intende richiamare l’ambiente, anche nelle sue declinazioni del principio dello sviluppo sostenibile e della tutela degli animali. Questa disposizione trova, senza dubbio, una collocazione appropriata, posto che, in passato, l’articolo 9 era stato invocato varie volte dagli interpreti per fondare un riconoscimento implicito nella Costituzione dell’ambiente, sulla scorta anche della dottrina formatasi nei primi anni del secondo dopoguerra (il riferimento è alla nota tripartizione di M.S. Giannini, Ambiente: saggio sui diversi suoi aspetti giuridici, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, 1973, 15).
Lo sviluppo sostenibile trova un ulteriore riconoscimento nella proposta di modifica dell’articolo 41 della Costituzione, che, in ipotesi di approvazione definitiva del disegno di legge, si troverebbe arricchito nei commi 2 e 3. In particolare, al comma 2, la salute e l’ambiente verrebbero enucleati nel novero dei danni che possono limitare le modalità di esercizio dell’iniziativa economica, mentre al comma 3 si vorrebbe prevedere che anche le finalità ambientali possono indirizzare e coordinare l’attività economica pubblica, unitamente ai fini sociali già previsti nella versione vigente della disposizione.
Infine, l’articolo 3 del disegno di legge in commento introduce una clausola di salvaguardia delle autonomie speciali previste dall’ordinamento costituzionale con riferimento alla normativa in materia di tutela degli animali.
Nell’attesa che il disegno di legge costituzionale compia il suo iter di approvazione rafforzato ai sensi dell’articolo 138, Costituzione, rispetto a quello previsto per le leggi ordinarie (i.e., approvazione con due successive deliberazioni entro un termine predefinito con maggioranze qualificate, oltre ad eventuale referendum), si possono svolgere le seguenti considerazioni.
In primo luogo, si osserva come il disegno di legge del 9 giugno 2021 si ponga in controtendenza con quello discusso dieci anni fa, allorquando si propose di alleggerire l’articolo 41, prevedendo che “è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge”, senza fare riferimento all’ambiente, men che meno come possibile limite alla libera iniziativa economica (così, il disegno di legge costituzionale n. 4144, presentato il 7 marzo 2011).
Oggi, l’inversione di tendenza è da rinvenirsi, probabilmente, nella mutata consapevolezza ambientale e nell’influenza del diritto dell’Unione europea, che negli ultimi anni ha insistito in questa direzione, stanziando anche consistenti investimenti pubblici.
La riforma, altresì, sembrerebbe suggellare il principio di tendenziale preminenza degli interessi ambientali, elaborato da una parte della giurisprudenza amministrativa (si veda, ad esempio, TAR Abruzzo, Pescara, sentenza 13 febbraio 2012, n. 73, secondo cui “la gerarchia dei valori delineata a livello costituzionale comporta la prevalenza dell’interesse ambientale rispetto all’interesse economico, pur rilevante”).
In questo senso, dunque, il nuovo contesto normativo potrebbe fornire le basi per le decisioni di merito della giurisprudenza, volte a sindacare l’esercizio della discrezionalità delle autorità amministrative, nei ristretti limiti in cui è consentito dal principio di separazione dei poteri.
Sotto un profilo più pratico, poi, la riforma costituirà senz’altro il volano per la complessiva rivisitazione della legislazione sottesa alle procedure autorizzatorie tipiche del settore, in un difficile equilibrio con le esigenze del mercato e delle imprese: da un lato, la semplificazione amministrativa per rendere il business sempre più rapido, da altro lato, l’implementazione degli standard di salvaguardia ambientale e di sostenibilità.
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