L’effettiva tassazione di un reddito da parte dello Stato della fonte è irrilevante quando a quest’ultimo viene espressamente attribuita una potestà impositiva esclusiva

A cura di Carlo Romano e Maurizio Foti

La Corte di Cassazione con le ordinanze del 24 giugno 2021, n. 18237 e n. 18238,ha riconosciuto il diritto al rimborso di due contribuenti i quali, dopo avere dichiarato e assoggettato in Italia gli emolumenti di fonte emiratina, percepiti per alcune attività svolte negli Emirati Arabi Uniti, chiedevano all’Erario italiano il rimborso dei medesi emolumenti in applicazione dell’art. 19, co. 1, lett. a), della Convenzione Italia-Emirati Arabi Uniti che attribuisce una potestà impositiva esclusiva allo Stato della fonte (i.e. gli EAU).

Fatti di causa

In virtù di un accordo tecnico internazionale concluso tra il Governo italiano e quello emiratino, alcuni piloti istruttori delle Frecce Tricolori venivano inviati per più anni negli Emirati Arabi Uniti (EAU) per prestare, nell’interesse del medesimo Stato emiratino, l’attività di addestramento della Pattuglia Acrobatica Aereonautica degli EAU. Per tale attività gli EAU, sempre in virtù di quanto previsto dall’accordo tecnico internazionale, pagavano mensilmente i piloti istruttori italiani con degli emolumenti forfettari volti a coprire tutte le spese logistiche.

Pertanto, dopo avere dichiarato e versato in Italia le imposte sugli emolumenti di fonte emiratina ai sensi dell’art. 51, co. 8, del D.P.R. n. 917/86 (Tuir), ciascun pilota presentava un’istanza volta ad ottenere il rimborso di quanto versato all’Erario italiano a titolo di IRPEF e addizionali regionali e comunali, chiedendo il riconoscimento della potestà impositiva esclusiva degli EAU, quale Stato della fonte, in virtù delle previsioni di cui alla menzionata norma pattizia internazionale. Non era dello stesso avviso l’Agenzia delle Entrate secondo la quale la fattispecie de qua rappresentava una ipotesi di distacco del personale e, che, pertanto fosse corretta l’imposizione ai sensi dell’anzidetta disposizione del Tuir.

Entrambi i gradi di merito si concludevano in favore dei contribuenti e, pertanto, l’Agenzia delle Entrate presentava ricorso innanzi la Corte di Cassazione. In particolare l’Agenzia delle Entrate eccepiva che nel caso di specie si trattasse di un distacco di personale e che, in ogni caso, l’assenza di una imposta sulle persone fisiche negli EAU avrebbe comportato una “iniqua esenzione da imposta sul reddito, in evidente contrasto con il principio di cui all’art. 53 della Cost.

Le ordinanze gemelle della Corte di Cassazione  

La Corte di Cassazione, con le ordinanze qui in commento, ha rigettato integralmente i ricorsi presentati dall’Agenzia delle Entrate confermando, quindi, il diritto dei contribuenti di essere rimborsati dell’IRPEF e addizionali regionali e comunali versate (solo prudenzialmente) in Italia sul reddito di fonte emiratina.

I giudici di legittimità – dopo una premessa sul fine delle Convenzioni internazionali (ovverosia quello di evitare una doppia imposizione) e dopo avere evidenziato come alcune di queste prevedessero una potestà esclusiva mentre altre una potestà concorrente – si sono chiesti su quale delle due ipotesi (potestà esclusiva o concorrente) ricadesse l’art. 19 della Convenzione Italia-EAU.

Ebbene, a parere della Corte di Cassazione, la detta norma pattizia internazionale attribuisce una potestà esclusiva allo Stato della fonte (gli EAU) e ciò è confermato dal dato letterale della stessa norma che utilizza l’espressione “…sono imponibili soltanto nello Stato…” e, quindi, dal criterio ermeneutico di interpretazione letterale dei trattati previsto dall’art. 31, par. 1, della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 23 maggio 1969.

Inoltre, secondo la Cassazione, il dato testuale della norma pattizia in questione (“sono  imponibili  soltanto  in questo Stato”) integra una espressa eccezione alla regola prevista dall’art. 23 della stessa Convenzione (e rubricato “eliminazione della doppia imposizione”) secondo cui“i redditi conseguiti nell’altro Stato dal soggetto fiscalmente residente in Italia, sono normalmente inclusi nella base imponibile per il calcolo delle imposte nazionali sul reddito (Cass., sez. 5, 21/01/2020, n. 1210)”.

Per la Cassazione la norma pattizia in questione “prevale sulla norma interna dell’art. 51 del t.u.i.r….e non crea, diversamente da quanto paventato dall’Agenzia delle entrate, un contrasto con l’art. 53 della Cost., essendo quest’ultima una disposizione priva di contenuto dispositivo puntuale che riserva al legislatore la discrezionalità nella istituzione di tributi e nella individuazione dei tratti applicativi degli stessi”.

Secondo i giudici di legittimità, quindi, la fattispecie de qua non può quindi essere disciplinata dalle norme nazionali eccepite dall’Ufficio, a scapito di una convenzione internazionale sottoscritta dagli Stati interessati e con la quale è stato disciplinato e ripartito ab origine l’esercizio del potere impositivo. Ciò pertanto preclude chiaramente allo Stato di residenza (l’Italia) di esercitare il proprio potere impositivo.

Inoltre secondo la Cassazione dinanzi ad una norma pattizia così chiara, espressiva della chiara volontà degli Stati firmatari della Convenzione in questione, è irrilevante che lo Stato cui viene attribuito esclusivamente il potere impositivo (nel caso di specie gli EAU, Stato della fonte), assoggetti (o meno) effettivamente a tassazione il reddito oggetto di disputa.

Alla luce di tali argomentazioni, i giudici di legittimità – rigettando il ricorso dell’Ufficio e confermando il diritto al rimborso dei contribuenti – sono giunti alla conclusione che “lo Stato italiano non è legittimato ad esercitare la propria potestà impositiva sui redditi di fonte emiratina”.

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