A cura di Francesca Tironi, Sara Tanieli e Paola Dell’Utri
Con sentenza n. 15119/2021, la Corte di Cassazione Civile, Sezione Lavoro, ha affrontato il tema del licenziamento collettivo e della relativa procedura, affermando i seguenti importanti principi:
- la comunicazione da trasmettere al termine della procedura di licenziamento collettivo deve contenere l’elenco dei lavoratori licenziati, l’indicazione puntuale delle modalità con le quali sono stati applicati i criteri di scelta dei lavoratori da licenziare e i punteggi a ciascuno di essi attribuito in base a tali criteri;
- la violazione del termine di sette giorni per l’invio della comunicazione determina l’invalidità del licenziamento;
- l’individuazione dei lavoratori da licenziare deve avvenire comparando i lavoratori dell’intero complesso aziendale.
I fatti in esame
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di Cassazione ha confermato la pronuncia della Corte di Appello di Catania, la quale, in riforma della sentenza di primo grado, aveva annullato il licenziamento intimato da una società ad un lavoratore e aveva condannato la società a reintegrare il dipendente nel posto di lavoro e a corrispondergli un’indennità risarcitoria commisurata a dieci mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.
In particolare, il caso che ha dato origine alla pronuncia della Suprema Corte in commento è il seguente: un dipendente, licenziato nell’ambito di una procedura di licenziamento collettivo, aveva impugnato il recesso e quindi proposto ricorso al giudice al fine di vedersi accertare e dichiarare l’illegittimità del provvedimento datoriale per l’asserito mancato rispetto dei criteri di scelta (previsti ex art. 5 L. n. 223/91). Più in dettaglio, il dipendente lamentava che i documenti afferenti ai punteggi attribuiti ai lavoratori non licenziati fossero intellegibili e parimenti contestava che il licenziamento si basava su delle limitazioni di scelta dei dipendenti da licenziare solo per alcune aree geografiche anziché considerando l’intero complesso aziendale a livello nazionale.
Ebbene, in primo grado il giudice aveva rigettato l’impugnazione del licenziamento proposta dal dipendente, considerando legittimo il recesso, in quanto, a suo avviso, la comunicazione di avvio della procedura di mobilità indicava chiaramente le ragioni dell’esubero di personale le unità da sopprimere e i profili professionali dei dipendenti; parimenti anche la comunicazione finale, di cui all’art. 4, comma 9, L. n. 223/91, indicava le unità da sopprimere (distinte in relazione alle aree territoriali della società), e l’elenco dei lavoratori licenziati (sebbene i nomi fossero oscurati), coi rispettivi dati, nonché i criteri di scelta e le relative modalità di applicazione, ivi essendo stato chiarito che, all’interno di ciascuna area geografica di appartenenza (individuata “in applicazione del criterio delle esigenze tecnico- organizzative“), erano stati applicati i criteri dei carichi di famiglia e dell’anzianità aziendale .
Inoltre, per il giudice di prime cure, se è vero che l’individuazione del personale da licenziare era stata effettuata per singole aree geografiche (anziché su scala nazionale), è altrettanto vero che l’intera rete dei dipendenti risultava coinvolta nella procedura di licenziamento collettivo ne conseguiva che, ad avviso del Tribunale, non vi era stata limitazione di scelta dei dipendenti da licenziare solo per alcune aree geografiche
Sul punto, il Tribunale aveva in ogni caso osservato che, comunque, considerando tutti i dipendenti della Società impiegati a livello nazionale, il dipendente in questione, per il punteggio posseduto, sarebbe stato comunque licenziato, onde doveva ritenersi il suo difetto di interesse ad agire.
Come sopra detto, la Corte d’Appello di Catania, adita dal lavoratore, aveva invece riformato la pronuncia impugnata, annullando il licenziamento intimato al dipendente in questione.
La Società soccombente ha quindi proposto ricorso dinanzi alla Suprema Corte, che si è al riguardo pronunciata con l’ordinanza in commento.
Motivazioni della decisione
Con l’ordinanza n. 15119/2021 indicata in epigrafe, la Corte di Cassazione ha osservato che la comunicazione da trasmettere, al termine della procedura di licenziamento collettivo, all’Ufficio regionale del lavoro e della massima occupazione competente, alla Commissione regionale per l’impiego e alle associazioni di categoria come previsto dall’art. 4, c. 9, L. n. 223/91, in quanto finalizzata a consentire ai lavoratori, ai sindacati e agli organi amministrativi interessati di controllare la correttezza della comparazione tra lavoratori, deve contenere, oltre che l’elenco dei lavoratori licenziati, l’indicazione puntuale delle modalità con le quali sono stati applicati i criteri di scelta dei lavoratori da licenziare e, quindi, l’indicazione completa dell’elenco (nominativo) dei lavoratori e dei punteggi a ciascuno di essi attribuito, elementi che invece mancavano nel caso in esame.
In secondo luogo, la Corte di Cassazione ha ricordato che il termine di sette giorni per l’invio della comunicazione di cui sopra ha carattere cogente e perentorio e che la sua violazione determina l’invalidità del licenziamento, a prescindere dalla circostanza che i lavoratori abbiano successivamente avuto conoscenza di tutti gli elementi che la comunicazione deve comunque avere.
La Suprema Corte ha infine precisato che, ai sensi dell’art. 5, L. n. 223/91, l’individuazione dei lavoratori da licenziare deve avvenire comparando i lavoratori non di una sola unità produttiva, ma dell’intero complesso aziendale, “ciò in forza dell’esigenza di ampliare al massimo l’area in cui operare la scelta, onde approntare idonee garanzie contro il pericolo di discriminazioni a danno del singolo lavoratore, in cui tanto più facilmente si può incorrere quanto più si restringe l’ambito della selezione”.
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