Ammessa la detrazione dell’IVA assolta all’importazione dal cessionario in caso di call-off stock

A cura di Davide Accorsi, Stefano Luigi Airaghi e Paola Bramato

Con la risposta ad interpello n. 509 del 26 luglio 2021, l’Agenzia delle Entrate si è espressa in merito alla detraibilità dell’IVA all’importazione relativa a beni non di proprietà dell’importatore (sul tema, si veda anche la nostra precedente newsalert del 27 ottobre 2020).

Più precisamente, nel caso oggetto del citato interpello, l’istante è una società stabilita nel Regno Unito che intende introdurre merci in Italia con spedizione dal Regno Unito al magazzino del proprio cessionario italiano con cui ha stipulato un contratto di consignment stock[1], chiedendo a quest’ultimo di agire in qualità di importatore.

A tal riguardo, la società istante ha richiesto all’Agenzia di chiarire quali siano gli adempimenti che la stessa è tenuta ad effettuare in Italia e se l’IVA assolta al momento dell’importazione dei beni di proprietà dell’istante possa essere detratta dal cessionario italiano.

L’Agenzia delle Entrate, dopo aver ribadito che il soggetto obbligato al pagamento dei dazi e dell’IVA all’importazione è chi effettua la dichiarazione in dogana ed aver ripercorso le principali sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea in materia di importazioni effettuate da soggetti che non sono proprietari dei beni importati[2], chiarisce che il “nesso diretto ed immediato” tra operazioni passive e operazioni attive inerenti all’attività d’impresa necessario al fine di poter esercitare il diritto alla detrazione, sussiste in “re ipsa” in un contratto di consignment stock/call-off stock come quello in commento.

L’Agenzia delle Entrate ha pertanto confermato che il cessionario italiano dei beni, che utilizzerà i beni importati nell’ambito della propria impresa, ha diritto alla detrazione dell’IVA assolta in dogana e che le procedure e le istruzioni già fornite dall’Amministrazione con la risoluzione n. 346/E del 6 agosto 2008 restano valide.

Sebbene l’Amministrazione non abbia fornito chiarimenti espliciti su quali siano gli eventuali adempimenti che la società istante è tenuta ad effettuare in Italia, a parere di chi scrive e come conseguenza delle indicazioni fornite con la menzionata risoluzione n. 346/E, la società istante non è tenuta ad effettuare alcun adempimento rilevante ai fini IVA in Italia in relazione alle operazioni oggetto dell’interpello.


[1] Nel caso di specie, per contratto di “consignment stock” si intende il contratto attraverso il quale il cedente introduce merci in Italia con spedizione dal Regno Unito al magazzino del proprio acquirente italiano situato in Italia. Tali beni sono nella disponibilità dell’acquirente italiano, ma rimangono di proprietà del cedente. L’effetto traslativo della proprietà avviene nel momento in cui i beni sono prelevati dall’acquirente italiano entro i termini di stoccaggio previsti dal contratto, che risultano essere sempre inferiori a quelli previsti dall’articolo 6, secondo comma, lettera d) del Dpr n. 633/1972. Nella tradizione anglosassone e come anche indicato dai c.d. “quick fixes” in materia di IVA, un contratto con tali caratteristiche viene qualificato come un contratto di “call-off stock”.   

[2] Le sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea citate dall’Agenzia delle Entrate sono in particolare quelle rese nei casi C-187/14 (DVS Road), C-132/16 (Iberdrola) e C-621/19 (Weindel Logistik Service).     

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