Il concordato preventivo in bianco e la partecipazione ad appalti pubblici: la sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, 27 maggio 2021, n. 9

A cura di Cristian Sgaramella, Guido Ajello, Michele Giuliani, Claudio Costantino

L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza del 27 maggio 2021, n. 9 (i cui principi sono stati in parte affermati anche nella sentenza dell’Adunanza Plenaria del 27 maggio 2021, n. 11) si è pronunciata in merito ai quattro quesiti precedentemente sottoposti al suo vaglio dalla Quinta Sezione per il tramite dell’ordinanza di rimessione dell’8 gennaio 2021, n. 309, oggetto di trattazione della precedente Newsletter del 7 maggio 2021 e relativa alla possibilità per un’impresa in temporanea crisi finanziaria di partecipare a procedure ad evidenza pubblica, laddove abbia avanzato domanda di ammissione al concordato c.d. in bianco, ex articolo 161, R.D. 16 marzo 1942, n. 267 (di seguito, anche “L.F.”).

1. La presentazione di un’istanza di concordato in bianco ex articolo 161, comma 6, L.F., da parte dell’impresa mandante di un raggruppamento temporaneo deve ritenersi causa di automatica esclusione dalle gare pubbliche, per perdita dei requisiti generali?

Con riferimento al primo quesito, l’Adunanza Plenaria ha affermato, sulla scorta dell’articolo 186 bis, comma 4, L.F., il seguente principio di diritto:

la presentazione di una domanda di concordato in bianco o con riserva, ai sensi dell’art. 161, comma 6, legge fallimentare non integra una causa di esclusione automatica dalle gare pubbliche, per perdita dei requisiti generali, essendo rimesso in primo luogo al giudice fallimentare in sede di rilascio dell’autorizzazione di cui all’art. 186 bis, comma 4, e al quale l’operatore che ha chiesto il concordato si deve tempestivamente rivolgere fornendo all’uopo le informazioni necessarie, valutare la compatibilità della partecipazione alla procedura di affidamento in funzione e nella prospettiva della continuità aziendale”.

La sentenza in commento ha, quindi, risolto il conflitto interpretativo esistente, subordinando al prudente apprezzamento del Tribunale la partecipazione alle procedure di gara e precisando che la presentazione di una domanda di concordato in bianco o con riserva non deve considerarsi causa automatica di esclusione di imprese partecipanti alle gare pubbliche, né può inibire ex ante la loro partecipazione alle procedure ad evidenza pubblica.

Tale principio trova applicazione sia per le imprese che abbiano già assunto la qualifica di debitore concordatario nel momento in cui è indetta la procedura ad evidenza pubblica, sia nel caso in cui la domanda di concordato sia successiva alla partecipazione alla fase di gara.

Nella prima ipotesi, il controllo affidato ab initio al giudice nel decidere sul rilascio del provvedimento autorizzativo risponde all’esigenza di contemperare la tutela del debitore e quella dei terzi.

Nella seconda fattispecie, pur non essendo previsto un termine per la presentazione della richiesta, il generale principio di buona fede e gli obblighi di protezione nella formazione del contratto impongono all’impresa di richiedere tempestivamente detta autorizzazione al fine di rendere edotta la stazione appaltante della situazione e dell’eventuale rilascio del richiamato provvedimento nel corso della procedura ad evidenza pubblica.

In entrambi i casi, però, l’impresa interessata è tenuta a richiedere, “senza indugio”, la relativa autorizzazione al Tribunale (in tal senso, Consiglio di Stato, Sezione V, 27 dicembre 2013, n. 6272).

Il criterio decisionale si radica nel principio di continuità già affermato in precedenti pronunce del Supremo Consesso e nella progressiva riduzione a sintesi delle divergenti posizioni, da un lato, del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (“Codice Appalti”) e, dall’altro lato, della Legge Fallimentare.

Esplicativa al riguardo può intendersi la recente decisione della Suprema Corte che, con riferimento all’art 161, comma 6, L.F. afferma come “il procedimento innescato dalla domanda con riserva non è un primo procedimento distinto (e antecedente) rispetto a quello ordinario che si apre solo con la presentazione della proposta, del piano e della documentazione, ma costituisce un segmento dell’unico procedimento che rileva, articolato in due fasi per così dire interne” (Cassazione Civile, Sezione I,. sentenza 29 maggio 2019, n. 14713).

Del resto dalla relazione ministeriale all’articolo 372, del D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (“Codice della Crisi di Impresa e dell’Insolvenza”), emerge che il concordato con riserva non possa precludere la partecipazione alle procedure di affidamento, poiché tale istituto da strumento di tutela dell’imprenditore non può tradursi nel suo contrario, vale a dire in un ostacolo alla prosecuzione dell’attività aziendale.

2. La partecipazione alle gare pubbliche deve ritenersi atto di straordinaria amministrazione e, dunque, alle imprese che abbiano presentato domanda di concordato preventivo c.d. in bianco la partecipazione alle stesse gare, è consentita soltanto previa autorizzazione giudiziale nei casi urgenti, ovvero è condizione integrativa dell’efficacia dell’aggiudicazione?

In ragione delle considerazioni che precedono, l’Adunanza Plenaria ha ritenuto superata la questione della qualificazione come atto di ordinaria, ovvero di straordinaria, amministrazione della partecipazione a gare pubbliche ai sensi dell’articolo 161, comma 7, L.F.

Nello specifico, l’Adunanza Plenaria ha statuito che:

la partecipazione alle gare pubbliche è dal legislatore considerata, a seguito del deposito della domanda di concordato anche in bianco o con riserva, come un atto che deve essere comunque autorizzato dal tribunale, acquisito il parere del commissario giudiziale ove già nominato, ai sensi dell’art. 186 bis, comma 4, da ultimo richiamato anche dagli articoli 80 e 110 del codice dei contratti; a tali fini l’operatore che presenta domanda di concordato in bianco o con riserva è tenuto a richiedere senza indugio l’autorizzazione, anche qualora sia già partecipante alla gara, e ad informarne prontamente la stazione appaltante”.

In forza dell’articolo 186 bis, comma 4, L.F., infatti, la partecipazione alla gara di appalto, pur non potendosi qualificare come atto di straordinaria amministrazione, impone sempre il controllo da parte del Giudice fallimentare, che potrà eventualmente rilasciare il relativo provvedimento autorizzativo.

Nell’ipotesi del concordato in bianco tale richiesta, che in astratto potrebbe ritenersi atto di ordinaria amministrazione, assume tuttavia una specifica valenza, per essere l’imprenditore chiamato a fornire adeguate indicazioni in merito al piano concordatario.

3. In quale fase della procedura di affidamento l’autorizzazione giudiziale di ammissione alla continuità aziendale debba intervenire onde ritenersi tempestiva ai fini della legittimità della partecipazione alla procedura e dell’aggiudicazione della gara?

Con riguardo al terzo quesito, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha operato una distinzione tra il momento del rilascio dell’autorizzazione alla partecipazione alla gara di appalto e quello delibativo della continuità aziendale, statuendo il seguente principio di diritto:

l’autorizzazione giudiziale alla partecipazione alla gara pubblica deve intervenire entro il momento dell’aggiudicazione della stessa, non occorrendo che in tale momento l’impresa, inclusa quella che ha presentato domanda di concordato in bianco o con riserva, sia anche già stata ammessa al concordato preventivo con continuità aziendale”.

A tal proposito, il provvedimento del Giudice fallimentare che autorizza l’impresa alla partecipazione alla gara, in ragione della sua propedeutica rilevanza, deve necessariamente intervenire prima della conclusione del procedimento di evidenza pubblica e della relativa aggiudicazione al miglior offerente.

In particolare, tale puntuale collocazione temporale del provvedimento de quo soddisfa precise esigenze di tutela degli interessi dell’Amministrazione e delle altre imprese partecipanti alla procedura.

Il provvedimento di ammissione alla continuità aziendale, al contrario, può intervenire a distanza di tempo rispetto alla partecipazione alla gara.

Di tale disfasia temporale ha preso atto l’Adunanza Plenaria, giungendo alla conclusione per cui, se l’autorizzazione alla partecipazione alla gara è condizione necessaria e sufficiente, la mancata ammissione al concordato, ovvero la sua revoca, determina il fallimento dell’impresa, con conseguente applicazione delle norme previste nel caso in cui la declaratoria intervenga nel corso della gara o dopo la stipula del contratto (cfr. articolo 110, Codice Appalti).

Definite nei termini che precedono le linee interpretative generali, la decisione in commento chiarisce come sia rimessa, comunque, alla valutazione della stazione appaltante la facoltà di riconoscere efficacia integrativa o sanante ad un’autorizzazione, ancorché tardiva, purché rilasciata comunque prima della conclusione dell’iter di aggiudicazione.

4. Le disposizioni normative di cui all’articolo 48, commi 17, 18 e 19-ter, Codice Appalti, devono essere interpretate nel senso di consentire la sostituzione della mandante che abbia presentato ricorso di concordato preventivo c.d. in bianco con altro operatore economico subentrante anche nella fase di gara, ovvero è possibile soltanto la mera estromissione della mandante?

Infine, con riferimento al quarto quesito relativo alle conseguenze derivanti dalla presentazione da parte della mandante di un raggruppamento temporaneo di imprese, nel corso della partecipazione ad una procedura ad evidenza pubblica, di un’istanza di concordato in bianco ex articolo 161, comma 6, L.F., il Consiglio di Stato ha statuito il seguente principio di diritto:

l’art. 48, commi 17, 18 e 19-ter, del d. lgs. n. 50 del 2016, nella formulazione attuale, consente la sostituzione, nella fase di gara, del mandante di un raggruppamento temporaneo di imprese, che abbia presentato domanda di concordato in bianco o con riserva a norma dell’art. 161, comma 6, l. fall, e non sia stata utilmente autorizzato dal tribunale fallimentare a partecipare a tale gara, solo se tale sostituzione possa realizzarsi attraverso la mera estromissione del mandante, senza quindi che sia consentita l’aggiunta di un soggetto esterno al raggruppamento; l’evento che conduce alla sostituzione interna, ammessa nei limiti anzidetti, deve essere portato dal raggruppamento a conoscenza della stazione appaltante, laddove questa non ne abbia già avuto o acquisito notizia, per consentirle, secondo un principio di c.d. sostituibilità procedimentalizzata a tutela della trasparenza e della concorrenza, di assegnare al raggruppamento un congruo termine per la riorganizzazione del proprio assetto interno tale da poter riprendere correttamente, e rapidamente, la propria partecipazione alla gara”.

L’Adunanza Plenaria è pervenuta a tali conclusioni prendendo le mosse dall’esame dei commi 17, 18 e 19 dell’articolo 48, Codice Appalti, i quali, in deroga alla regola generale dell’immodificabilità della composizione del raggruppamento temporaneo rispetto a quanto presentato in sede di offerta (cfr. articolo 48, comma 9, Codice Appalti), ammettono la possibilità di modificare la composizione del raggruppamento qualora la mandante o la mandataria siano sottoposte ad una procedura concorsuale per insolvenza, crisi d’impresa o nei casi previsti dalla normativa antimafia (cfr. articolo 48, commi 17 e 18), nonché in caso di riduzione del numero dei partecipanti al raggruppamento per esigenze organizzative (cfr. articolo 48, comma 19).

In tale contesto, l’articolo 48, comma 19-ter, Codice Appalti – aggiunto dall’articolo 32, comma 1, lett. h) del D.Lgs. 19 aprile 2017, n. 56 – ha esteso espressamente la possibilità di modifica soggettiva per le ragioni indicate ai commi 17, 18 e 19 anche durante la fase di gara e non solo durante l’esecuzione del contratto affidato.

Segnatamente, la questione sottoposta all’Adunanza Plenaria attiene proprio alla possibilità che l’estensione introdotta dall’articolo 48, comma 19-ter, Codice Appalti, di modificare la composizione del raggruppamento anche in fase di gara possa essere realizzata attraverso non la mera estromissione, bensì mediante la sostituzione della mandataria o della mandante anche con un soggetto esterno al raggruppamento.

Tradizionalmente, l’aggiunta di soggetti esterni rispetto all’originaria composizione del raggruppamento è stata esclusa in quanto contraria ai principi di trasparenza e di buon andamento della pubblica amministrazione, tenuto conto che la procedura di gara deve svolgersi secondo precise scansioni procedurali che consentano la verifica dei requisiti in capo ai partecipanti.

Ed infatti, proprio nella sentenza in commento è stata richiamata l’attenzione sulla necessità che l’adempimento delle prestazioni da parte dell’appaltatore o del concessionario debba “essere lo specchio fedele di quanto risultato all’esito di un corretto confronto in sede di gara, perché altrimenti sarebbe facile aggirare in sede di esecuzione proprio le regole del buon andamento, della trasparenza e, non da ultimo, della concorrenza formalmente seguite nella fase pubblicistica anteriore e prodromica all’aggiudicazione” (Adunanza Plenaria, sentenza del 2 aprile 2020, n. 10).

Anche in ambito sovranazionale, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha precisato che il principio di parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza comportano, in particolare, che gli offerenti debbano trovarsi su un piano di parità, sia al momento della predisposizione delle offerte, sia nella successiva fase valutativa effettuata dalla stazione appaltante e, in questi termini, detto principio e detto obbligo “costituiscono la base delle norme dell’Unione relative ai procedimenti di aggiudicazione degli appalti pubblici” (sentenza del 24 maggio 2016 in C-396/14).

Pertanto, in mancanza di un fondamento normativo di rango europeo o nazionale che consenta di giustificare il venir meno dell’identità giuridica tra il soggetto che ha formulato l’offerta e il soggetto che esegue il contratto aggiudicato, è necessario accedere ad una interpretazione comunitariamente orientata che individui nella modifica della composizione del raggruppamento c.d. per sottrazione l’unica soluzione coerente con i menzionati principi di parità di trattamento e di concorrenza.

In conclusione, in linea con quanto già precedentemente statuito dalla medesima Adunanza Plenaria, la sentenza in commento ha ribadito che il principio di immodificabilità soggettiva persegue lo scopo di consentire alla stazione appaltante di verificare il possesso dei requisiti da parte dei soggetti che partecipano alla gara e, di conseguenza, “precludere modificazioni soggettive, sopraggiunte ai controlli, in grado di impedire le suddette verifiche preliminari”, così evitando che “tale verifica venga vanificata” (cfr. Adunanza Plenaria, sentenza del 4 maggio 2012, n. 8).

Dunque, secondo la ricostruzione offerta dalla sentenza in commento, le uniche modifiche soggettive ammesse alla compagine dei raggruppamenti temporanei d’imprese sono quelle cd. per sottrazione ovvero relative alla riduzione – anche per recesso – di un componente del raggruppamento e, ciò, a condizione che la modifica in senso riduttivo avvenga per esigenze proprie del raggruppamento o del consorzio, non già per evitare la sanzione dell’esclusione dalla procedura di gara per difetto dei requisiti. Viceversa, nessuna modifica in senso estensivo – ovvero relativa all’aggiunta di imprese nella compagine del raggruppamento – potrebbe essere operata, in quanto risulterebbe elusiva del dettato normativo.

5. Considerazioni conclusive

Alla luce dei principi di diritto sanciti dalla pronuncia in commento, emerge con evidenza l’ampia discrezionalità riconosciuta al Tribunale che, all’esito di un “prudente apprezzamento”, sarà tenuto a decidere in ordine alla possibile partecipazione ad una procedura ad evidenza pubblica di un’impresa che abbia presentato un’istanza di concordato.

In tale prospettiva, la discrezionalità accordata al Giudice fallimentare non consente, in definitiva, di sterilizzare il rischio di proliferazione di contenziosi amministrativi che, come noto, costituiscono una delle principali cause di ritardo e rallentamento nell’esecuzione degli appalti pubblici di lavori, servizi e forniture.

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