Chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate in merito al regime sanzionatorio in caso di IVA erroneamente addebitata in fattura – Risoluzione n. 51/2021

A cura di Alessia Zanatto e Stefania Lolli

Lo scorso 3 agosto, attraverso la pubblicazione della Risoluzione n. 51, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in merito all’ambito applicativo dell’art. 6, comma 6, d.lgs. n. 471/1997, ai sensi del quale “chi computa illegittimamente in detrazione l’imposta assolta, dovuta o addebitatagli in via di rivalsa, è punito con la sanzione amministrativa pari al novanta per cento dell’ammontare della detrazione compiuta. In caso di applicazione dell’imposta in misura superiore a quella effettiva, erroneamente assolta dal cedente o prestatore, fermo restando il diritto del cessionario o committente alla detrazione ai sensi degli articoli 19 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, l’anzidetto cessionario o committente è punito con la sanzione amministrativa compresa fra 250 euro e 10.000 euro. La restituzione dell’imposta è esclusa qualora il versamento sia avvenuto in un contesto di frode fiscale”.

In breve, secondo l’Agenzia delle Entrate il cessionario/committente non ha diritto alla detrazione IVA erroneamente corrisposta in corrispondenza ad una operazione esente IVA. Il diritto alla detrazione IVA spetta solo se l’errore è riferito all’applicazione di un’aliquota maggiore rispetto a quella dovuta.

A supporto di tale conclusione, l’Agenzia delle Entrate richiama l’orientamento espresso, in tema di detraibilità e sanzionabilità, dalla Corte di Cassazione con la sentenza del n. 24289/2020 (cfr. anche Corte di Cassazione, sentenza 10439/2021)    

Preliminarmente, la Corte di Cassazione ripercorre il principio enunciato dalla Corte di giustizia UE secondo il quale “l’esercizio del diritto di detrazione è limitato soltanto alle imposte dovute, vale a dire alle imposte corrispondenti ad un’operazione soggetta all’IVA o versate in quanto dovute” (cfr. causa C-342/87; C-454/98; C-78/02; cause riunite C-78/02, 79/02 e 80/02; C-35/05).

Sulla scorta di questo orientamento, la Suprema Corte, in relazione all’ambito di applicazione della norma sopra citata, ha affermato che, “come chiaramente si evince dal tenore letterale della richiamata disposizione”, la stessa “trova applicazione solo in relazione alle operazioni imponibili, allorquando sia stata corrisposta l’IVA in base ad un’aliquota superiore a quella effettivamente dovuta e non anche con riferimento alle ipotesi – una delle quali ricorrente nella fattispecie – di operazioni non imponibili”.

Alla luce di questo orientamento, l’Agenzia delle Entrate individua due distinte fattispecie cui applicare due regimi sanzionatori diversi:

a) sanzione fissa (compresa fra 250 euro e 10.000 euro) per il cessionario/committente in caso di applicazione dell’IVA in misura superiore a quella effettiva, erroneamente assolta dal cedente/prestatore, fermo restando il diritto del medesimo cessionario/committente alla detrazione IVA;

b) sanzione pari al 90% dell’ammontare della detrazione illegittimamente compiuta dal cessionario/committente negli altri casi in cui l’imposta è stata assolta, dovuta o addebitatagli in via di rivalsa.

Ciò considerato, qualora il cessionario/committente abbia pagato al cedente/prestatore – e, di conseguenza, abbia detratto – l’IVA addebitatagli per errore in fattura, pur trattandosi di operazioni esenti o non imponibili, deve essere irrogata la sanzione proporzionale pari al 90% dell’imposta illegittimamente detratta.

Per completezza espositiva, sul punto, la Corte di Giustizia UE, con sentenza numero C-935/19 del 15 aprile 2021, ha, invece, ritenuto illegittima l’applicazione di sanzioni proporzionali per il cessionario che detrae l’IVA erroneamente applicata ad una operazione esente in assenza di frode e in assenza di perdita di gettito fiscale. In maggior dettaglio, secondo la Corte di Giustizia, l’articolo 273 della direttiva IVA 2006/112/CE e i principi di neutralità e di proporzionalità ostano ad una normativa nazionale che pone a carico del soggetto passivo, come conseguenza della detrazione IVA applicata per errore ad un’operazione esente, una sanzione pari al 20% dell’importo (i.e. una sanzione in misura proporzionale), “nei limiti in cui tale sanzione si applica indifferentemente a una situazione in cui l’irregolarità risulta da un errore di valutazione commesso dalle parti dell’operazione quanto alla natura imponibile di quest’ultima, che è caratterizzata dall’assenza di indizi di frode e di perdite di gettito fiscale per l’Erario, e a una situazione in cui non sussistano circostanze particolari di tal genere”.

La suddetta sentenza della Corte di Giustizia UE è stata richiamata dalla CTR Lombardia con sentenza del 15 giugno 2021, n. 2270: in presenza di una operazione considerata, secondo l’Agenzia delle Entrate ed i giudici, erroneamente imponibile anziché esente, i giudici hanno riconosciuto il mantenimento del diritto alla detrazione IVA in capo al committente e applicato le sanzioni nella misura fissa previste di cui all’art. 6, comma 6, secondo periodo, d.lgs. n. 471/1997.

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Alessia Angela Zanatto

PwC TLS Avvocati e Commercialisti

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