La cessione di rimanenze di magazzino esistenti in Italia rientrante nell’ambito di una cessione d’azienda esistente all’estero è considerata un’autonoma cessione di beni ai fini dell’IVA

A cura di Davide Accorsi e Stefano Luigi Airaghi

Dopo aver fornito chiarimenti in riferimento ad una cessione di marchi registrati in Italia rientrante nell’ambito di una più ampia cessione d’azienda esistente all’estero con la precedente risposta ad interpello n. 536 del 6 agosto 2021 (si veda la nostra newsletter del 26 agosto 2021), ora, con la risposta ad interpello n. 637 del 30 settembre 2021, l’Agenzia delle Entrate si è espressa in merito al trattamento ai fini dell’IVA e dell’imposta di registro applicabile ad una cessione di rimanenze di magazzino esistenti in Italia rientrante nell’ambito di una cessione d’azienda esistente all’estero.

Questa volta, l’istante è una società stabilita al di fuori dell’Unione Europea che, con atto formato all’estero, ha ceduto la propria azienda, comprensiva tra l’altro di rimanenze di magazzino situate in Italia (in particolare, attrezzature per la lavorazione di semiconduttori e pezzi di ricambio), ad un’altra società, anch’essa stabilita al di fuori dell’Unione Europea (di seguito anche “società acquirente”). Nessun altro asset esistente in Italia è stato incluso nella cessione d’azienda. Inoltre, né la società istante, né la società acquirente hanno una stabile organizzazione in Italia.

In tali circostanze, la società istante ha richiesto all’Agenzia di confermare che la cessione di rimanenze di magazzino comprese nel trasferimento del complesso aziendale avvenuto all’estero debba essere considerata ai fini dell’IVA come una autonoma cessione di beni ai sensi dell’art. 2, primo comma, D.P.R. n. 633/1972 e non come parte integrante di una cessione d’azienda non soggetta ad IVA ai sensi dell’art. 2, terzo comma, lett. b), D.P.R. n. 633/1972 e che la cessione delle rimanenze di magazzino non sia da assoggettare all’imposta di registro.

In riferimento al primo quesito, ricorrendo alle medesime motivazioni[1] già addotte nella precedente risposta ad interpello n. 536 del 6 agosto 2021, l’Agenzia ha confermato che, mancando un complesso aziendale esistente in Italia, anche in relazione alle rimanenze di magazzino trasferite in Italia dall’istante alla società acquirente del complesso aziendale situato all’estero, non può ritenersi applicabile il regime di neutralità, previsto per le cessioni d’azienda o di rami d’azienda, di cui all’art. 2, terzo comma, lettera b), D.P.R n. 633 del 1972. Al contrario, il trasferimento delle rimanenze di magazzino va qualificato ai fini IVA come un’autonoma cessione di beni, ai sensi dell’art. 2, primo comma, D.P.R. n. 633/1972, la quale, dal momento che i beni sono esistenti nel territorio dello Stato, è territorialmente rilevante ai fini IVA in Italia ai sensi dell’art. 7-bis, D.P.R. n. 633/1972.

In riferimento al secondo quesito, l’Agenzia delle Entrate ha ribadito che, considerato che la cessione dell’azienda, comprensiva tra l’altro delle rimanenze di magazzino, è avvenuta con atto formato all’estero e che non esiste in Italia alcun complesso aziendale, non può trovare applicazione la disposizione contenuta nell’art. 2, lettera d), d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (di seguito, “TUR”) e dunque nemmeno l’aliquota proporzionale del 3% prevista dalla Tariffa, Parte Prima, art. 2 allegata al TUR.

Tuttavia, nel momento in cui si verifica il caso d’uso, ai sensi e per gli effetti dell’art. 6 del TUR, l’atto di cessione andrà registrato con l’applicazione dell’imposta fissa di registro di 200 euro prevista dalla Tariffa, Parte Seconda, art. 11 allegata al TUR.


[1] Per informazioni più dettagliate, si rimanda alla nostra precedente newsletter del 26 agosto 2021.

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