Società a partecipazione pubblica e operazioni straordinarie  Gli orientamenti più recenti

A cura di Guido Ajello, Annalisa Di Ruzza e Edoardo Ferrero

1. Il tema delle operazioni straordinarie in materia di società a partecipazione pubblica costituisce, da sempre, punto delicato di convergenza di interessi e di implicazioni giuridiche:

  • da un lato, le esigenze di razionalizzazione e di efficienza, che inducono all’applicazione di moduli organizzativi di tipo privatistico;
  • da altro lato, il rispetto, inter alia, del principio di massima concorrenza, che impone la parità di trattamento tra gli operatori economici, talvolta attraverso l’obbligo di evidenza pubblica.

La complessità del quadro di riferimento, inoltre, sconta la mancanza di una organica disciplina giuridica (espressa e non). A titolo esemplificativo, il Decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, recante il Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica (“TUSP”), non affronta l’argomento in modo specifico, limitandosi a prendere in considerazioni alcune fattispecie a seconda dell’ambito di applicazione.

Nello specifico, le disposizioni del TUSP che rilevano a tali fini sono:

  • l’articolo 7, comma 7, lettera b), con riguardo all’atto deliberativo dell’amministrazione pubblica di procedere alla trasformazione della società partecipata;
  • l’articolo 8, comma 1, in ordine all’atto deliberativo che programmi l’acquisto, tramite aumento di capitale sociale o altre operazioni straordinarie, di partecipazioni in società già costituite;
  • l’articolo 10, comma 2, afferente l’ipotesi eccezionale di negoziazione diretta con un solo operatore in caso di alienazione di partecipazioni pubbliche;
  • l’articolo 14, comma 5, in merito alle limitate possibilità di ricorrere ad operazioni straordinarie ai fini del ripianamento delle perdite del capitale sociale;
  • l’articolo 20, commi 1, 2 e 5, circa l’obbligo per le amministrazioni pubbliche di predisporre periodicamente un piano di razionalizzazione delle partecipazioni, da attuarsi anche tramite operazioni straordinarie, compresa la fusione (o la messa in liquidazione o la cessione).

2. In questo contesto si inseriscono una serie di pronunce giurisprudenziali, che si propongono di fare chiarezza sull’argomento, soprattutto in merito alla sussistenza, o meno, in capo alla società partecipata di avviare apposita procedura comparativa ad evidenza pubblica per la selezione del soggetto con cui concludere l’operazione straordinaria.

Per vero, a ben vedere, negli anni anche la stessa giurisprudenza ha modificato alcuni convincimenti; con specifico riferimento alla fattispecie della fusione societaria, il Consiglio di Stato aveva avuto occasione di chiarire che “il ricorso alla fusione, nelle circostanze concrete, trattandosi di operazione che coinvolge una società integralmente pubblica e altra controllata da ente pubblico con capitale privato flottante, non sembra comportare alcun previo obbligo di gara” (Sezione VI, ordinanza 1° aprile 2005, n. 1610, con cui è stata confermata la posizione del TAR Lombardia, Brescia, secondo cui: “la fusione, quando ha un effettivo significato economico (…) non è una procedura di affidamento di servizi ma un modello organizzativo che deve essere valutato in maniera autonoma”, non potendo quindi accogliersi la tesi secondo cui “la fusione rappresenti soltanto uno schema formale al di sotto del quale si dovrebbe ricercare la sostanza di una vera e propria compravendita di azioni” – così, TAR Lombardia, Brescia, Sezione I, ordinanza 25 febbraio 2005, n. 273).

Negli anni seguenti, a parte qualche sporadica pronuncia, non si sono formati precedenti giurisprudenziali degni di nota.

3. Più di recente, la giurisprudenza è tornata sull’argomento orientandosi verso una prospettiva sostanzialistica.

In questa direzione, si distingue il parere n. 8/2020 della Corte dei Conti Sezione Regionale Controllo, Lombardia, 29 gennaio 2019, che, in sede consultiva, ha rilevato come “prescindendo, in definitiva, dal nomen iuris che si utilizza, tutte le volte in cui si intende immettere nel sistema una occasione di guadagno, occorrerà procedere attraverso una procedura selettiva, ispirata ai criteri di imparzialità, non discriminazione e trasparenza”, anche con riferimento alle partecipazioni indirette.

Dello stesso avviso è il TAR Lombardia Milano, che si è pronunciato con riguardo ad una complessa operazione che riguardava una società interamente pubblica ed una società a partecipazione pubblica con l’attribuzione della partecipazione societaria a fronte del conferimento del ramo di azienda.

In tale fattispecie, dunque, non si era verificata una cessione di partecipazioni a fronte di una somma di denaro (i.e., l’ipotesi tipica presa in considerazione dall’articolo 10, comma 1 TUSP, per l’espletamento di una procedura ad evidenza pubblica). Ebbene, seguendo un approccio aderente al principio sostanzialistico, il Collegio meneghino ha affermato che si sarebbe dovuto ricorrere alla procedura competitiva per “stimolare la valorizzazione economica degli assetti aziendali da conferire e il confronto sulla loro effettiva utilità allo svolgimento dell’attività di impresa e alla realizzazione del fine pubblico per la quale viene esercitata” (così, TAR Lombardia, Milano, Sezione I, 15 febbraio 2021, n. 412).

4. La menzionata decisione è stata confermata dal Consiglio di Stato con le sentenze nn. 6142 del 1° settembre 2021 e 6213 del 6 settembre 2021, con cui il Magistrato di appello ha enucleato una serie di principi che possono essere applicabili estensivamente, anche al di fuori della fattispecie concreta. In linea generale, è stato affermato che “la adozione della delibera di fusione e scissione di società partecipata non è, anzitutto e preliminarmente, sottoposta in quanto tale ai vincoli del procedimento aggravato contenuto invece per l’operazione di trasformazione ai sensi dell’art. 7, comma 7 TUSP”. Come noto, l’aggravio procedimentale consiste nella preventiva approvazione dell’amministrazione partecipante e nella congrua motivazione dell’atto deliberativo anche sulla convenienza economica e sulla sostenibilità finanziaria per il socio pubblico.

Fermo il predetto principio, il Consiglio di Stato ha ritenuto che tali vincoli procedimentali debbano comunque applicarsi allorquando “le operazioni di fusione e scissione s[ia]no idonee a produrre modificazioni dell’assetto organizzativo non meno invasive e radicali rispetto alle operazioni di trasformazione”.

Si tratta di situazioni nelle quali l’effetto dell’operazione è l’allargamento della compagine sociale a soci privati o la creazione di una società nella quale coesistano soci pubblici e privati, come avviene nel caso di operazioni di fusione e scissione che comportino un mutamento del modello organizzativo o la costituzione di un nuovo ente.

Pertanto, se una società partecipata progetta la fusione con una società privata, allora “il progetto di fusione deve esattamente indicare la società privata selezionata attraverso una procedura di evidenza pubblica – precisando, peraltro, i compiti operativi del socio privato – e predeterminare il rapporto di cambio in modo che al socio privato venga assegnata una quota di partecipazione non inferiore al 30% del nuovo capitale sociale della società derivante dalla fusione”.

Parimenti, se l’operazione è funzionale alla creazione di una società c.d. mista, allora l’operazione deve essere progettata in modo tale che il socio privato venga selezionato mediante esperimento di “procedure aperte o, nei casi previsti dalla legge, di procedure competitive di negoziazione” e la quota di partecipazione sia superiore al 30%.

Tali conclusioni poggiano sull’assunto in base al quale “dal punto di vista degli obblighi strumentali di evidenza pubblica, le operazioni straordinarie che, a vario titolo e in varia forma, coinvolgano società pubbliche, sono di per sé neutre”; ciò che determina l’assoggettamento al regime interamente privatistico oppure alla gara pubblica dipende, in concreto, dall’accertamento degli effetti sostanziali perseguiti dall’operazione.

5. Alla luce degli orientamenti più recenti, sembrerebbe quindi potersi concludere che l’obbligo di gara sussista con riferimento a operazioni straordinarie che realizzino una diluizione della partecipazione pubblica totalitaria in favore di una partnership istituzionale con un soggetto privato.

Si tratta, comunque, di un principio generale, di matrice essenzialmente pretoria, che potrebbe atteggiarsi diversamente a seconda delle singole fattispecie concrete, che, come ha precisato la stessa giurisprudenza, possono giustificare l’assoggettamento a un regime procedimentale differente in considerazione degli effetti che l’operazione è destinata a realizzare.

Let’s Talk

Per una discussione più approfondita ti preghiamo di contattare:

Guido Ajello

PwC TLS Avvocati e Commercialisti

Director

Annalisa Di Ruzza

PwC TLS Avvocati e Commercialisti

Director