Calcolo dell’effective tax rate in presenza di perdite fiscali estere pregresse

Applicazione dell’articolo 47-bis TUIR per i dividendi esteri

A cura di Lucia Pagliari, Gian Maria Minnella, Alessandro Scala

Attraverso questa nota ci si prefigge l’obiettivo di effettuare alcune brevi riflessioni concernenti le modalità di tassazione dei dividendi extra UE, alla luce del combinato disposto di cui agli artt. 89, comma 3 e 47-bis del TUIR.

L’obiettivo nello specifico è quello di fornire una soluzione operativa, connessa all’effettuazione del cd. effective tax rate test, in caso di sussistenza congiunta di: (i) perdite fiscali riportabili dalla società controllata estera e (ii) effettivo utilizzo delle stesse ad abbattimento del reddito imponibile.

Tale soluzione, come vedremo, è da ricercare a nostro parere nei chiarimenti di prassi forniti in passato dall’Agenzia delle Entrate riferiti alla disciplina CFC; la cui applicazione, si rammenta, prevedeva già a partire dal periodo di imposta 2010, un raffronto dei tax rates (estero e virtuale domestico). E’ bene specificare, inoltre, che il testin esame, assume ad oggi una valenza molto più significativa, in caso di distribuzione di dividendi, piuttosto che nei casi di deferral degli utili stessi; richiedendo infatti, la disciplina CFC, ai fini della sua applicazione, anche il superamento del cd. passive income test, ed essendo, disapplicata totalmente, in caso di sussistenza dell’unica esimente afferente allo svolgimento di “(…) un’attività economica effettiva, mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali”.

Ciò detto si evidenzia che l’art. 89, comma 3, TUIR, detta le modalità di tassazione dei dividendi esteri, ed effettua un rimando all’art. 47-bis, invece, per quanto concerne i criteri di individuazione dei Paesi a fiscalità privilegiata, ed i criteri connessi all’attribuzione di una determinata colorazione agli utili oggetto di distribuzione.

L’art. 47-bis, ha introdotto nello specifico, una disciplina applicabile alle partecipazioni (dirette ovvero indirette) di controllo in società diverse da quelle residenti nell’Unione Europea ovvero dello SEE, ed una disciplina ad hoc applicabile alle partecipazioni di minoranza in società diverse da quelle residenti nell’Unione Europea ovvero dello SEE.

Il primo dei due test da applicare alle società controllate non residenti (oggetto di analisi), prevede che l’applicazione della norma operi ove il tax rate effettivo estero risulti inferiore al 50 per cento di quello virtuale domestico, e più nello specifico all’IRES virtuale domestica.

Un aspetto di grande criticità, legato al calcolo della tassazione effettiva, afferisce come anticipato alla gestione delle perdite fiscali riportabili della società controllata estera e formate in esercizi precedenti al 2019 ovvero all’anno a partire dal quale si è introdotto per le società controllate non residenti il test dell’effective tax rate. Infatti lo stock di perdite riportabili è destinato a ridurre ovvero ad azzerare la base imponibile estera (nonostante le modalità di tassazione possano essere pressoché simili a quelle esistenti in Italia), potendo determinare quindi il mancato superamento del test e conseguentemente la tassazione al 50%  o al 100% dei dividendi ricevuti dalle controllate estere a seconda che la stessa  rispettivamente eserciti o meno un’effettività attività economica nel Paese in cui è locata mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali.

Sul punto, l’Amministrazione Finanziaria all’interno della Circolare n. 51 del 2010, a commento della disciplina CFC, riteneva che le perdite maturate prima che entrasse in vigore la modifica alla disciplina contenuta nell’art. 167 del TUIR (che introduceva il comma 8-bis, e quindi la predisposizione dell’effective tax rate test) non dovevano essere considerate nel calcolo del tax rate estero, per ovvie ragioni di omogeneizzazione del calcolo.

Mentre, le perdite fiscali realizzate a partire dall’introduzione della norma (ovvero dall’esercizio di imposta in essere al 31.12.2010), dovevano essere considerate ai fini dell’effettuazione del test, e tracciate quindi all’interno della dichiarazione dei redditi (come se si trattasse di perdite riportabili maturate dal soggetto controllante, al fine di omogeneizzare i test per le annualità successive).

In tal caso, rendere valide tali conclusioni anche al test di cui all’art. 47-bis, comporterebbe l’integrale sterilizzazione delle perdite fiscali maturate dalle controllate estere per i periodi d’imposta fino al 31.12.2018.

Alla base di tale convincimento depone anche il fatto che il contribuente, antecedentemente all’introduzione della norma in esame, non era obbligato a tracciare in dichiarazione (quadro FC) le perdite virtuali domestiche della controllata estera; poiché potevano non esservi i presupposti applicativi della disciplina CFC (quando la norma concernente l’effective tax rate test, riguardava unicamente l’art. 167 del TUIR), per effetto ad esempio del non superamento del passive income test, piuttosto che per la sussistenza dell’esimente (che a differenza della norma contenuta all’interno dell’art. 89, comma 3, TUIR, prevede la disapplicazione totale della disposizione).

In conclusione sulla base delle argomentazioni sopraesposte, si ritiene che il calcolo della tassazione effettiva estera, a partire dal periodo d’imposta 2019 (ovvero a partire dall’anno di entrata in vigore della normativa) debba avvenire al lordo delle perdite maturate antecedentemente all’entrata in vigore di tale normativa; mentre le perdite maturate a partire da tale annualità andrebbero in teoria tracciate all’interno del quadro FC della dichiarazione dei redditi, e considerate tanto ad abbattimento del tax rate estero, quanto ad abbattimento del virtual tax rate domestico.

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