Chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate in merito ad alcuni aspetti del regime speciale “One Stop Shop” (OSS)

Le vendite a distanza intracomunitarie effettuate dall’Italia e dichiarate tramite OSS sono rilevanti per la determinazione dei requisiti per i rimborsi IVA, per le compensazioni trimestrali dell’IVA e per lo status di esportatore abituale, ma solo se si rispettano gli obblighi documentali ordinari

A cura di Davide Accorsi e Stefano Luigi Airaghi

A seguito della riforma della disciplina IVA unionale relativa alle vendite a distanza sancita dall’approvazione del cd. “pacchetto e-commerce”[1], il d.lgs. 83/2021 ha recepito nell’ordinamento nazionale le disposizioni delle Direttive (UE) 2017/2455 e 2019/1995 introducendo, inter alia, all’articolo 38bis, commi 1 e 3, del D.L. 331/1993, una nuova definizione di vendite a distanza intracomunitarie e prevedendo, all’articolo 41, comma 1, lettera b), del medesimo D.L., la loro non imponibilità.

Il nuovo articolo 74-sexies, del D.P.R. 633/1972, delinea le regole del regime speciale opzionale di dichiarazione e versamento adottabile dagli operatori che effettuano tali operazioni e prevede, mediante il richiamo al nuovo articolo 74-quinquies del medesimo D.P.R., che i soggetti che aderiscono al regime OSS cd. UE siano “dispensati dagli obblighi di cui al titolo II” inoltre “qualora sia emessa fattura si applicano le disposizioni di cui agli articoli 21 e seguenti” del D.P.R. citato (ndr).

In sostanza, al fine di documentare le operazioni effettuate nel contesto del regime speciale in discussione, non è prevista la tenuta della documentazione ordinaria ai fini IVA, né è obbligatoria la fatturazione, stante la dispensa dagli obblighi documentali di cui al Titolo II del D.P.R. 633/1972. Il regime speciale OSS implica un obbligo specifico di conservare documentazione idonea al fine di supportare le vendite effettuate. Tale documentazione è elencata all’articolo 369duodecies, della Direttiva 2006/112/CE. Inoltre, il menzionato regime implica la presentazione della specifica dichiarazione trimestrale di cui agli articoli 369septies e opties della Direttiva 2006/112/CE.

Con la risposta ad interpello 802 del 9 dicembre 2021, l’Agenzia delle Entrate ha confermato che, dal momento che l’articolo 41, comma 4 , del D.L. 331/1993 continua a definire le operazioni di cui ai commi 1 e 2 del medesimo articolo come non imponibili, anche le vendite a distanza intracomunitarie di cui all’articolo 41, comma 1, lettera b), del medesimo D.L., sono considerate cessioni intracomunitarie non imponibili e, quindi, operazioni idonee sia ad essere computate ai fini del calcolo del plafond per i cd. “esportatori abituali”, ai sensi dell’articolo 8, comma 2, del D.P.R. 633/1972, che del calcolo dei requisiti previsti dall’articolo 30, comma 2, lettera b), del D.P.R. 633/1972, per ottenere i rimborsi annuali ed i rimborsi e le compensazioni trimestrali di cui all’articolo 38bis, comma 2, del medesimo D.P.R..

Tuttavia, sulla base della menzionata interpretazione dell’Agenzia delle Entrate, la dispensa dagli adempimenti per i soggetti che si avvalgono del regime speciale riguarda esclusivamente le dinamiche dichiarative e documentali del regime speciale stesso e non può valere anche nel contesto dell’adozione, seppur concomitante, di strumenti definiti in ambito nazionale e connaturati da esigenze di controllo diverse.

Pertanto, i soggetti che effettuano vendite a distanza intracomunitarie dall’Italia, avendo optato per il regime OSS cd. UE, per potersi avvalere della possibilità di far concorrere le menzionate vendite all’ammontare del plafond ai fini del beneficio concesso ai cd. “esportatori abituali” ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera c), del D.P.R. 633/1972, nonché far concorrere le menzionate vendite al fine di avere i requisiti per ottenere i rimborsi e le compensazioni trimestrali ex artt. 30 e 38bis dello stesso D.P.R., debbono (in aggiunta alla documentazione da conservare secondo le regole previste nell’ambito del regime speciale unionale) continuare ad adottare le modalità di fatturazione e contabilizzazione delle vendite a distanza stabilite dalla normativa nazionale in via ordinaria (si vedano l’articolo 2, comma 2 della Legge 28/1997 e la circolare dell’Agenzia delle dogane circolare 8/D del 27 febbraio 2003).

Essi dovranno, pertanto, fatturare le vendite a distanza intracomunitarie effettuate dall’Italia (verso altri Stati membri dell’Unione europea) a norma dell’articolo 46, del D.P.R. 331/1993, registrare le stesse operazioni nei registri di cui agli articoli 23 e 24, del D.P.R. 633/1972, presentare la dichiarazione IVA annuale inserendo le transazioni tra quelle di cui al Quadro VE, Rigo VE30, campo 3 ai fini del plafond e, nel caso di compilazione del modello TR, inserendo le menzionate operazioni ai righi TA30 e TD2 ai fini dei rimborsi/compensazioni trimestrali.

È infine opportuno sottolineare che, nel menzionato documento di prassi non viene fatto alcun riferimento alla compilazione dei modelli Intrastat, che, a seguito delle novità introdotte dalle cd. “quick fixes”, sono ora un adempimento necessario al fine di applicare la non imponibilità delle operazioni intracomunitarie[3].

Sul punto, il disposto dell’articolo 50, comma 6, del D.L. 331/1993, stabilisce che gli elenchi Intrastat sono dovuti solamente per operazioni intracomunitarie effettuate nei confronti di controparti soggetti passivi IVA. Pertanto, in attesa di un chiarimento in merito da parte dell’Amministrazione fiscale, si potrebbe ritenere che gli elenchi Intrastat non siano obbligatori nel caso di vendite a distanza intracomunitarie effettuate dall’Italia nei confronti di soggetti privati con movimentazione dei beni verso altri Stati dell’Unione europea.


[1] Il “pacchetto e-commerce” è composto da diversi atti legislativi, i più significativi dei quali sono la Direttiva (UE) 2017/2455, la Direttiva (UE) 2019/1995, il Regolamento (UE) 2017/2454, il Regolamento (UE) 2019/2026 ed il Regolamento (UE) 2020/194, che hanno principalmente modificato la Direttiva 2006/112/CE ed il Regolamento (UE) 282/2011.

[2] Il quale recita: “Agli effetti del secondo comma degli articoli 8, 8-bis e 9 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, le cessioni di cui ai precedenti commi 1 e 2, sono computabili ai fini della determinazione della percentuale e dei limiti ivi considerati”.

[3] In particolare, ai sensi del nuovo articolo 138, comma 1 bis, della Direttiva 2006/112/CE, la non imponibilità delle cessioni intracomunitarie “non si applica qualora il cedente non abbia rispettato l’obbligo, di cui agli articoli 262 e 263, di presentare un elenco riepilogativo o l’elenco riepilogativo da lui presentato non riporti le informazioni corrette riguardanti tale cessione come previsto dall’articolo 264, a meno che egli non possa debitamente giustificare la sua mancanza secondo modalità ritenute soddisfacenti dalle autorità competenti“.

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