A cura di Alessia Zanatto, Luca Ghelli e Alberto Corvitto
Con la risposta n. 643/2021, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in merito all’ambito applicativo dell’art. 17, comma 6, lettera c), d.P.R. n. 633/1972. Tale disposizione individua le operazioni soggette al meccanismo dell’inversione contabile (“reverse charge”) in relazione “alle cessioni di console da gioco, tablet PC e laptop, nonché alle cessioni di dispositivi a circuito integrato, quali microprocessori e unità centrali di elaborazione, effettuate prima della loro installazione in prodotti destinati al consumatore finale“.
L’Istante (di seguito anche “Alfa”) svolge attività di distribuzione di prodotti IT (hardware, software) ed elettronica di consumo nei confronti di diverse tipologie di clienti (i.e. rivenditori, operatori della grande distribuzione) operanti nella fase distributiva che precede l’attività di commercio al dettaglio.
Per mezzo della suddetta istanza di interpello, Alfa ha richiesto all’Agenzia dell’Entrate chiarimenti circa le seguenti fattispecie ricorrenti.
1° Quesito – Dichiarazione di uso del bene
Alfa cede ai propri clienti rivenditori, soggetti passivi IVA, “tablet”, “laptop”, “console” da gioco. Può accadere che, all’atto dell’acquisto, i predetti rivenditori dichiarino che lo stesso è effettuato per finalità differenti dalla rivendita fornendo, altresì, all’Istante una specifica dichiarazione di utilizzo del bene.
Sul punto, l’Agenzia delle Entrate, richiamando quanto precedentemente espresso per mezzo della Circolare n. 21/E/2016, ha confermato l’applicabilità del meccanismo del “reverse charge” di cui articolo 17, comma 6, lettera c), d.P.R. n. 633/1972, considerando irrilevante la dichiarazione dei cessionari e l’utilizzo che questi ultimi faranno dei beni acquistati.
In particolare, l’Amministrazione finanziaria ha ribadito la propria precedente interpretazione della disposizione soprarichiamata ritenendo il “reverse charge” applicabile alle “sole operazioni effettuate nella fase distributiva che precede quella del commercio al dettaglio dei prodotti”.
A parere dell’Agenzia delle Entrate, la ratio della sopradescritta limitazione risiede nel fatto che, nel commercio al dettaglio, la frequenza delle operazioni è tale da rendere eccessivamente onerosa l’applicazione del meccanismo del reverse charge in relazione alle qualità di soggetto passivo del cessionario.
Non è chiaro, a chi scrive, se la risposta fornita sia dovuta al fatto che l’Istante ha dichiarato nella richiesta che tali clienti sono dei “rivenditori” oppure se effettivamente l’Agenzia delle Entrate ritiene che il meccanismo sia applicabile, in generale, in tutte le operazioni tra produttore ed un soggetto passivo IVA.
2° Quesito – Ambito oggettivo di applicazione del meccanismo del reverse charge
Alfa acquista dai propri fornitori prodotti soggetti al meccanismo del “reverse charge” di cui all’articolo 17, comma 6, lettera c), d.P.R. n. 633/1972 unitamente a prodotti ad essi connessi (e.g. cavi, adattatori, “monitor”). I suddetti “prodotti connessi” sono oggetto di successiva rivendita con consegna unica o consegne multiple (unitamente o meno ai prodotti normativamente soggetti al “reverse charge”) nei confronti dei clienti di Alfa.
L’Agenzia delle Entrate ha confermato l’applicabilità del regime del “reverse charge” esclusivamente ai beni individuati dalla suddetta disposizione legislativa.
Sono, invece, esclusi dalla disciplina di cui all’articolo 17, comma 6, lettera c), d.P.R. n. 633/1972 le cessioni di prodotti connessi (e.g. cavi, adattatori e monitor), per i quali troverà applicazione il regime ordinario di applicazione dell’imposta.
3° Quesito – Cessioni di prodotti elettronici nei confronti di soggetti passivi non residenti e senza stabile organizzazione in Italia
Nell’esercizio della propria attività, Alfa cede i prodotti, ricompresi nell’elenco di cui all’articolo 17, comma 6, lettera c), d.P.R. n. 633/1972, nei confronti dei propri clienti soggetti passivi non residenti in Italia e senza stabile organizzazione nel territorio dello Stato.
In tali ipotesi, l’Agenzia delle Entrate ha confermato, richiamando quanto precedentemente espresso con la risoluzione n. 28/2012 e la risposta all’istanza di interpello n. 11/2020, che il debitore dell’imposta è comunque il cessionario. Pertanto, ne consegue che costui, se soggetto passivo non residente e privo di stabile organizzazione in Italia, avrà l’obbligo di identificarsi a fini IVA in Italia tramite identificazione diretta (se ne ricorrono i presupposti) o mediante la nomina di un rappresentante fiscale.
Tale chiarimento, tuttavia, non sembra in linea con la più recente giurisprudenza della Corte di Cassazione (si veda la sentenza n. 10152 del 28 maggio 2020), ove, seppur con riferimento ad una fattispecie diversa dal caso oggetto della risposta in commento, i giudici della Corte di Cassazione hanno affermato che per le cessioni di rottami ferrosi (soggette al meccanismo dell’inversione contabile ex art. 74, settimo e ottavo comma, del d.P.R. n. 633/1972), l’IVA è dovuta dal cessionario con il meccanismo del “reverse charge” laddove quest’ultimo sia un soggetto passivo stabilito in Italia, non essendo sufficiente la mera qualifica di soggetti passivi stabiliti in uno Stato membro dell’UE degli operatori coinvolti in una cessione posta in essere all’interno del territorio nazionale.
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