Autoconsumo collettivo e Comunità energetiche: Profili fiscali

A cura di Felice De Lillo e Lucia Pagliari

La definizione di autoconsumo collettivo e di comunità energetiche è stata introdotta con la Direttiva UE 2008/2001 del dicembre 2018 rispettivamente negli articoli 21 e 22 che doveva  trovare attuazione entro giugno 2021 ed attuata con D Lgs 8/11/2021 n 199 in vigore dal 15 dicembre scorso.

Il fine di tale direttiva è la promozione delle forme di energia da fonti rinnovabili che rappresenta uno degli obiettivi di politica energetica dell’Unione europea.

Infatti, favorire il maggior ricorso all’energia da fonti rinnovabili costituisce una parte importante dell’insieme delle misure necessarie per ridurre le emissioni di gas a effetto serra e per rispettare gli impegni dell’Unione Europea nel quadro dell’accordo di Parigi del 2015 sui cambiamenti climatici.

La novità essenziale della nuova disciplina è che abilita tutti i consumatori finali, comprese le famiglie, a diventare piccoli “venditori” di energia rinnovabile, per l’energia non autoconsumata, trasformandoli da soggetti passivi a consumatori attivi, detti anche, in gergo “autoconsumatori”.

Fino all’avvio di questa nuova disciplina un utente poteva al più prodursi l’energia e consumarla in proprio, ma era obbligato a cedere l’eventuale surplus alla rete.

D’ora in avanti si prospetta una partecipazione attiva dei clienti finali d’energia elettrica in cui si condivide l’energia con tutti quelli che risiedono nello stesso edificio o condominio, non solo i nuclei familiari ma sono inclusi anche eventuali esercizi commerciali, officine, supermercati o banche ed uffici vari, purchè non abbiano la produzione e vendita di energia elettrica come attività principale. L’impianto di produzione dell’auto consumatore di energia rinnovabile può essere di proprietà di un soggetto terzo, purchè quest’ultimo rimanga soggetto alle istruzioni dell’auto consumatore di energia rinnovabile.

Con la pubblicazione delle regole tecniche da parte del GSE, avvenuta il 22 dicembre 2020, è divenuta operativa in Italia, ancorchè in via sperimentale, la disciplina delle comunità energetiche, oggetto della direttiva europea 2018/2001, recepita in prima battuta dal DL 162/19 e successivamente tradotta sia dall’Autorità di settore (ARERA) che dal MISE in norme attuative rispettivamente lo scorso 4 agosto (delibera Arera n. 318/2020) e 16 settembre.

L’art 42 bis del D.L 30 dicembre  2019 N 162, meglio conosciuto come decreto milleproroghe nelle more del completo recepimento della direttiva UE 2008 (attuato con D Lgs 199/2021 che ha portato la dimensione degli impianti da 200 kw a 1 MW))  ha consentito l’attivazione dell’autoconsumo collettivo e l’attuazione delle comunità energetiche ricalcando la definizione data dal Legislatore Europeo a tali fattispecie.

E’ definito autoconsumo collettivo il consumo di un gruppo di almeno due auto consumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente e si trovano nello stesso edificio o condominio. In altri termini è’ definito auto consumatore collettivo un cliente finale che, operando in propri siti entro confini definiti, produce energia elettrica rinnovabile da impianti d potenza non superiore a 200 MW   (dal 15 dicembre 2021  1 MW) ubicati nel medesimo edificio o condominio per il proprio consumo e può immagazzinare e vendere energia elettrica rinnovabile  auto prodotta purchè, per un autoconsumatore diverso dai nuclei familiari, tali attività non costituiscano l’attività commerciale o professionale principale.

La comunità energetica è un soggetto giuridico che si basa sulla partecipazione aperta e volontaria;

  • è autonomo e controllato da membri che sono situati nelle vicinanze degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili che appartengono e sono sviluppati dalla comunità energetica;
  • gli azionisti o membri sono persone fisiche, PMI, autorità locali, comprese le amministrazioni comunali,
  • l’obiettivo principale è fornire benefici ambientali, economici e sociali a livello di comunità, ai suoi azionisti o membri, alle aree locali in cui opera piuttosto che profitti finanziari.  A tal fine la delibera Arera citata definisce comunità energetica il “soggetto giuridico, quale a titolo d’esempio, associazione, ente del terzo settore, cooperativa, cooperativa benefit, partenariato, organizzazione senza scopo di lucro.”

Inoltre, l’art 42 bis sopra citato, precisa che entrambe le fattispecie operano nel rispetto delle seguenti condizioni:

  1. i soggetti partecipanti producono energia elettrica per il proprio consumo con impianti alimentati da fonti rinnovabili di potenza complessiva non superiore a 200 Kw entrati in esercizio dal 1 marzo 2020 ed entro  i 60 giorni successivi alla data di entrata in vigore del provvedimento di recepimento  della direttiva UE 2008/2001 (dal 15 dicembre scorso e la capacità degli impianti è stata aumentata portandola ad 1 MW );
  2. i soggetti partecipanti condividono l’energia prodotta utilizzando la rete di distribuzione esistente.  L’energia condivisa è pari al minimo, in ciascun periodo orario, tra l’energia elettrica prodotta e immessa in rete dagli impianti a fonti rinnovabili e l’energia prelevata dall’insieme dei clienti finali associati;
  3. l’energia è condivisa per l’autoconsumo istantaneo che può avvenire anche attraverso sistemi di accumulo sia presso gli edifici o condomini che presso i punti di prelievo delle comunità energetiche.

Le normativa associa queste nuove configurazioni alla produzione esplicita di energia rinnovabile e distingue – ad oggi – due tipologie di aggregazione abilitate ad un comportamento attivo: i “gruppi di auto consumatori che agiscono collettivamente” e le comunità di energia rinnovabile, che richiedono invece la costituzione di un soggetto giuridico, e che riguardano un perimetro più esteso, pur limitato – almeno nella fase di prima applicazione– al vincolo di essere collegati alla medesima cabina secondaria di distribuzione dell’energia elettrica.

Nel caso di un gruppo di auto consumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente e che regolano i loro rapporti tramite un contratto di diritto privato, si ha la nomina del referente che può essere il legale rappresentante dell’edificio o del condominio ovvero del produttore di energia elettrica che gestisce uno o più impianti di produzione e che agisce per conto degli auto consumatori in base ad un mandato senza rappresentanza verso il GSE e che può essere delegato anche alla gestione delle partite di incasso e di pagamento.

Nel caso delle comunità energetiche il referente è la comunità stessa.

Con riferimento alle condizioni tariffarie[1] da applicare a tali configurazioni è stabilito che sull’energia elettrica prelevata dalla rete pubblica dai clienti finali, compresa quella condivisa, si applichino gli oneri generali di sistema e che l’Arera sia tenuta ad individuare, anche in via forfetaria, il valore delle componenti tariffarie disciplinate in via regolata nonché di quelle connesse al costo della materia prima energia che non risultino tecnicamente applicabili all’energia condivisa, in quanto energia istantaneamente auto consumata sulla stessa porzione di rete di bassa tensione e, per tale ragione, equiparabile all’autoconsumo fisico in situ. In particolare, la Delibera introduce un modello regolatorio virtuale per le nuove configurazioni di gruppi di autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente e per la  comunità energetica che consente di riconoscere sul piano economico i benefici, ove presenti, derivanti dal consumo in sito dell’energia elettrica localmente prodotta.

Al fine di incentivare la diffusione delle due iniziative già recepite, il decreto MISE del settembre 2020 ha riconosciuto per entrambe le fattispecie un contributo per l’energia prodotta ed auto consumata ed immagazzinata dai nuovi impianti rinnovabili intorno ai quali andranno a costituirsi e che sarà utilizzata dagli utenti che ne faranno parte: precisamente 100 € per ogni MWh prodotto e condiviso dagli auto consumatori che agiscono collettivamente e 110 €/MWh dagli utenti che daranno invece vita alle Comunità di energia rinnovabili. La tariffa incentivante è erogata per un periodo di 20 anni ed è modulata per garantire la redditività degli investimenti ed il meccanismo è realizzato in modo da non incrementare i costi vigenti.    La suddetta tariffa è applicata al minor valor calcolato per ciascun ora, tra l’energia elettrica immessa in rete dagli impianti alimentati da fonti rinnovabili facenti parte della configurazione e l’energia elettrica prelevata dall’insieme dei clienti finali della configurazione.

Viene inoltre precisato che i costi sostenuti dal GSE relativo all’erogazione degli incentivi definiti dal MISE ai sensi dell’art 42 bis comma 9 del decreto milleproroghe sono posti a valere sul conto per nuovi impianti alimentati da fonti rinnovabili e assimilate di cui all’art 41, comma 41.1.lettera b del TIT ovvero componente ASOS (prima denominata componente A3.)

Le componenti tariffarie che Arera ha riconosciuto tecnicamente non applicabili sono la tariffa di trasmissione (TRAS-E) e la componente variabile della tariffa di distribuzione (BTAU) per le basse tensioni. Inoltre Arera riconosce i risparmi sulle perdite associate, esempio pari al 2,6% in caso di impianti connessi alla bassa tensione.

Su tali componenti è previsto un unico  conguaglio. I costi sostenuti dal  GSE relativo ai citati contributi sono posti a valere sul conto per la perequazione dei costi di trasmissione, distribuzione e misura dell’energia elettrica di cui all’art 41 comma 41.1 lettera g) del TIT ovvero componente “UC3”.

Per i clienti che sceglieranno di partecipare a queste due nuove configurazioni, il GSE, erogherà le seguenti somme:

  • tariffa incentivante in forma di tariffa premio prodotta da ciascuno degli impianti a fonte rinnovabile che risulti condivisa nella misura sopra descritta ovvero 100 €/MWh per autoconsumo collettivo e 110 €/MWh per la comunità energetica superiore rispetto all’autoconsumo collettivo per il fine spiccatamente sociale;
  • ristoro delle componenti tariffarie e di quelle connesse al costo dell’energia che non risultano tecnicamente applicabili all’energia condivisa in quanto energia istantaneamente autoconsumata;

Infine, per l’energia elettrica non auto consumata o immagazzinata si prevede la possibilità di cederla al mercato.

Per gli impianti fotovoltaici che hanno goduto del superbonus di cui all’art 119 del decreto Rilancio (DL34/2020) si fa obbligo all’autoconsumatore collettivo ed  agli enti non commerciali che hanno posto in essere una comunità energetica di cedere l’energia non consumata al GSE che quindi dovrà corrispondere un corrispettivo per la vendita di energia elettrica non condivisa.

Considerato il contenuto della Risoluzione n. 18 del 12 marzo 2021 in cui l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti relativamente:

  1. alla  possibilità per le comunità energetiche rinnovabili costituite in forma di enti non commerciali o per i condomìni che aderiscono alle “configurazioni” di cui all’articolo 42-bis sopracitato, di fruire della detrazione di cui all’articolo 119 del decreto legge n. 34 del 2020 e della detrazione di cui all’articolo 16-bis, comma 1, lettera h), del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917;
  2.  al trattamento fiscale da riservare alle somme erogate dal Gestore dei servizi energetici (GSE) S.p.a. a condomìni, composti solo da persone fisiche al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa, arti e professioni, che aderiscono alle configurazioni di cui al citato articolo 42-bis del decreto legge n. 162 del 2019;

ad oggi non è stato ancora chiarito da parte dell’agenzia delle entrate il trattamento IVA da riservare:

  • alla  tariffa premio incentivante;  
  • all’importo a titolo di ristoro di componenti tariffarie TRAS-e BTAU, nonché delle perdite di rete evitate (nel seguito il “Ristoro”);
  • al  corrispettivo per la vendita dell’energia (nel seguito il “Corrispettivo”), nella misura in cui l’energia prodotta e immessa in rete resta nella disponibilità del referente della configurazione, con facoltà di cessione al GSE con le modalità di cui all’articolo 13, comma 3, del decreto legislativo 387/2003 (“Ritiro dedicato”);

Inoltre occorre approfondire il trattamento fiscale ai fini delle imposte dirette da riservare alle citate somme erogate dal GSE a:

  • autoconsumatori finali qualora il referente sia un soggetto produttore o un soggetto che svolge attività d’impresa, arte o professione in modo abituale;
  • comunità energetiche strutturatesi come enti non commerciali che svolgono esclusivamente attività istituzionale ovvero perseguono per i partecipanti benefici ambientali, economici e sociali.
Tariffa premio incentivante

A parere di chi scrive l’incentivo per l’Energia elettrica condivisa, nella forma della Tariffa premio autoconsumo rappresenta un contributo pubblico che trae il suo fondamento dalla norma  (decreto MISE)  e percepito dall’auto consumatore collettivo o dalla comunità energetica senza alcuna controprestazione resa al soggetto erogatore escluso  quindi dall’applicazione dell’IVA ex art 2, comma 3 lettera a) del DPR 633/72, stante l’assenza di rapporto sinallagmatico, ma rilevante ai fini delle imposte dirette soltanto per i soggetti che svolgono attività di impresa per i quali si rende applicabile la ritenuta di cui all’articolo 28 del DPR 600/73.

Tali conclusioni sono suffragate da orientamenti espressi dall’Amministrazione Finanziaria in materia di trattamento fiscale di sovvenzioni erogate dal GSE, così come previste da precedenti decreti.

In particolare, con riferimento alla tariffa incentivante disciplinata dall’art. 7 del D.Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, la quale costituiva un contributo a fondo perduto per la costruzione di impianti idonei alla produzione di energia rinnovabile, risultando indipendente dalla produzione e/o immissione dell’energia sul mercato, l’Amministrazione Finanziaria con Circolare 46/E del 19 luglio 2007 aveva qualificato la tariffa in esame come fuori dal campo di applicazione dell’IVA, così affermando: “Non si ravvisa, nel caso di specie, alcun rapporto sinallagmatico tra le prestazioni poste in essere dal soggetto che eroga il contributo e quelle poste in essere dal soggetto che lo riceve, che, infatti, non è tenuto a prestare alcun servizio o a cedere alcun bene in contropartita. Il soggetto beneficiario della tariffa si limita a produrre energia elettrica che utilizza direttamente per soddisfare il proprio fabbisogno energetico o vende al gestore di rete cui è collegato; mentre il soggetto attuatore non ricava evidentemente nessuna utilità diretta dall’attività del soggetto al quale corrisponde la tariffa”. Attesa l’assenza del presupposto oggettivo, l’esclusione da Iva opera anche nel caso in cui il soggetto realizza l’impianto fotovoltaico nell’esercizio di attività di impresa, arte o professione.”

Con riferimento alla persona fisica che utilizza l’impianto al di fuori dell’attività commerciale e ai soli fini privati la predetta circolare aveva chiarito altresì che: “Dal punto di vista tributario, in tale fattispecie la tariffa incentivante percepita dal responsabile dell’impianto non assume alcuna rilevanza, sia ai fini Iva, in assenza dei presupposti soggettivi ed oggettivi del tributo, sia ai fini delle imposte dirette, configurando un contributo a fondo perduto non riconducibile ad alcuna delle categorie reddituali di cui all’art. 6, comma 1, del Tuir.

In particolare come anche espresso nella risoluzione sopra citata, la tariffa non è riconducibile alla categoria dei redditi diversi, in quanto non rientra in alcuna delle ipotesi contemplate dall’art. 67 del Tuir. Nella fattispecie, infatti, l’assenza di una specifica obbligazione a carico del soggetto che riceve il contributo esclude anche che lo stesso possa configurare un reddito derivante “dalla assunzione di obblighi di fare non fare, o permettere” di cui al comma 1, lettera l), del richiamato art. 67 del Tuir.

Quanto sopra affermato si può ritenere valido anche in relazione ad un impianto fotovoltaico realizzato da un condominio che produce energia elettrica destinata esclusivamente a soddisfare i consumi condominiali.”

Anche con riferimento alla persona fisica, giuridica  e/o ente non commerciale (residente o meno) che realizza un impianto fotovoltaico nell’ambito di un’attività commerciale la citata circolare aveva individuato quale trattamento fiscale, l’esclusione dal campo di applicazione dell’Iva dei contributi spettanti a titolo di tariffa incentivante per assenza di rapporto sinallagmatico e, dunque, per mancanza del presupposto oggettivo. In relazione al profilo delle imposte dirette, il citato documento di prassi aveva invece chiarito che la tariffa incentivante percepita è interamente da assoggettare alla ritenuta del 4 per cento di cui all’art. 28 del D.P.R. n. 600 del 1973 laddove il percipiente sia un soggetto che svolge attività commerciale.

Ristoro di oneri contenuti nella tariffa

In merito al trattamento fiscale delle somme corrisposte a titolo di rimborso di componenti tariffarie, si evidenzia che le componenti tariffarie oggetto di ristoro sono state corrisposte da ciascun cliente finale aderente ad una delle configurazioni in oggetto, sulle fatture di acquisto dell’energia, ma che per ragioni perequative – ben espresse nella delibera 318/2020 – devono essere restituite.

Il legislatore prevede il ristoro di una somma che è stata pagata dal consumatore finale di energia elettrica al fornitore originario di energia direttamente in bolletta a titolo di oneri di distribuzione e di utilizzo della rete che deve essere rimborsata in quanto  attraverso il ricorso a tali configurazioni di cui all’art 42 bis citato  non si è usufruito in tutto di tali servizi che costituiscono  componenti della bolletta elettrica. In altre parole il ristoro rappresenta e valorizza il risparmio dell’utilizzo della rete e dei costi di distribuzione e trasmissione  dell’ energia. Il GSE come illustrato all’art 8 dell’Allegato A della delibera Arera 318/2020 quantifica tale contributo mensilmente e lo stesso viene sommato alla tariffa incentivante. Trattandosi quindi di un contributo pubblico a fondo perduto dovuto per legge che trova il suo fondamento per le perdite di rete evitate,  lo stesso, a parere di scrive,  è escluso da IVA ex art 2, comma 3, lettera a ) DPR 633/72.

Come chiarito dalla Risoluzione del 12 marzo scorso ai fini delle imposte dirette, tale componente è fiscalmente irrilevante per le persone fisiche che non svolgono attività d’impresa e per gli enti non commerciali che non svolgono attività commerciale.

Il ristoro di tali oneri, ai fini delle imposte dirette, concorrerà a formare reddito sia ai fini Ires che Irap in capo a persone fisiche imprenditori, lavoratori autonomi e soggetti d’ impresa.

Corrispettivo per la vendita di energia

Le somme corrisposte dal GSE per la vendita dell’energia esuberante rappresentano dei corrispettivi di vendita. In merito ai corrispettivi di vendita dell’energia prodotta da impianti di potenza complessiva non superiore a 200KW (dal 15 dicembre 2021 1 MW) da parte delle Comunità energetiche che agiscono in qualità di ente non commerciale che svolge  esclusivamente un’attività istituzionale avente fine sociale non lucrativo, e dell’autoconsumo condiviso, in veste di ente non commerciale, condominio o persona fisica non svolgente attività d’impresa abituale o di lavoro autonomo, residente o non residente, si ritiene che possa applicarsi il contenuto espresso nella più volte citata circolare 46 /E al solo paragrafo 9.2.1 e risoluzione 18 del 21/3/2021.

Ebbene la prassi citata  chiarisce che l’attività di produzione e vendita di energia elettrica non costituisce attività commerciale o professionale abituale  in quanto gli impianti di energia rinnovabile sono destinati ad uso privatistico e ubicati nello stesso edificio o condominio   nell’ autoconsumo collettivo, e  nelle vicinanze dei propri membri per le comunità energetiche. Stessa conclusione ai fini Iva per la comunità energetica costituita come ente non commerciale che persegue esclusivamente un beneficio ambientale, economico e sociale.

Pertanto contestualizzata alla normativa in oggetto che è riferita ad  impianti di potenza fino a 200 Kw (dal 15 dicembre 1 MW) in cui l’impianto è volto ad essere utilizzato in un contesto sostanzialmente privatistico,  si ritiene che la vendita dell’energia in esubero da parte dell’autoconsumatore collettivo non concretizza lo svolgimento di un’attività commerciale abituale.

Conseguentemente la vendita di energia è fuori campo IVA e, ai fini delle imposte dirette, costituisce reddito diverso ai sensi dell’art 67, comma 1, lettera i) del TUIR  (cfr Risoluzione  N. 81 del 12 marzo scorso)

Invece, si configurerebbe attività commerciale in capo alle comunità energetiche ed agli  autoconsumatori collettivi la vendita di energia prodotta con impianti di potenza complessiva superiore ai 200 KW (dal 15 dicembre 1 MW)con la conseguenza che i ricavi derivanti da tale attività concorrono alla formazione del reddito d’impresa ai fini delle imposte dirette ed assoggettabilità ad IVA dei corrispettivi conseguiti ancorchè in regime di reverse charge. Ai fini delle imposte dirette, sia nel caso dell’autoconsumo collettivo in cui l’impianto è condominiale che per gli enti non commerciali che svolgono esclusivamente attività istituzionale,  il corrispettivo dalle vendita di energia costituisce reddito diverso  mentre configurerà reddito d’impresa /reddito lavoro autonomo rispettivamente per persone fisiche imprenditori o lavoratori autonomi.

Nel caso in cui il referente sia  un produttore o comunque un soggetto IVA che svolge per professione abituale un’attività commerciale, il corrispettivo per la vendita di energia è soggetta ad IVA, ancorchè in regime di reverse charge ex art 17, 6 comma DPR 633/72. Tale ricavo concorrerà a formare reddito ai fini Ires ed Irap.

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[1] L’art 8 del D. Lgs 199/2021 intitolato “Regolamentazione degli incentivi per la regolamentazione degli incentivi per la condivisione dell’energia” dispone  al comma 1 che ”entro 180 gg dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con le modalità di cui al comma 9 dell’art 42-bis del D. L 162/2019, convertito in legge n. 8 del 28/02/202, sono aggiornati i meccanismi di incentivazione per gli impianti a fonti rinnovabili inseriti in configurazioni di autoconsumo collettivo o i comunità energetiche rinnovabili di potenza non superiore a 1 MW, sula base di criteri direttivi” stabiliti dallo stesso articolo.  Il comma 2 prevede che “nelle more dell’adozione del decreto di cui al comma 1  continua ad applicarsi il decreto ministeriale adottato in attuazione dell’art 42 bis, comma 9, del D. L  30/12/ 2019 n. 162  e che il nuovo decreto stabili le modalità di transizione e raccordo tra il vecchio ed il  nuovo regime, al fine di garantire la tutela degli investimenti avviati.

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