Risoluzione n. 79/E/2021 – Base imponibile IVA dell’acquisto di portafogli NPL

A cura di Alessia Angela Zanatto, Paolo Galfano e Caterina Arfilli

Con la Risoluzione n. 79/E del 31 dicembre 2021, l’Agenzia delle Entrate, per la prima volta, ha fornito indicazioni circa l’individuazione della base imponibile ai fini IVA delle operazioni di acquisto di crediti deteriorati (di seguito anche “NPL”).

I chiarimenti di prassi precedentemente pubblicati con riferimento a tali operazioni sono abbastanza risalenti. Infatti, l’ultimo documento pubblico in merito alle cessioni di crediti deteriorati era stato la Risoluzione n. 71/E del 24 maggio 2000.

In tale risoluzione, senza evidenziare particolari distinzioni con le cessioni di crediti in bonis, l’Agenzia delle Entrate aveva sottolineato come anche le cessioni di crediti deteriorati costituissero una prestazione di servizi, resa dal cessionario dei crediti, avente causa finanziaria e rilevante ai fini IVA, in regime di esenzione, ai sensi del combinato disposto dell’art. 3, comma 2, n. 3) d.P.R. n. 633/1972 e del successivo art. 10, comma 1, n. 1), del medesimo decreto.

I chiarimenti forniti nel 2000, tuttavia, non si esprimevano sulla determinazione della base imponibile dell’asserita operazione finanziaria; argomento, questo, di interesse oggi per alcuni operatori del mercato NPL che hanno optato per il c.d. Gruppo IVA (istituto che riunisce in unico soggetto passivo IVA diverse entità giuridiche).  

L’oggetto del quesito della risoluzione del 2000 riguardava, infatti, l’applicabilità dell’imposta di registro alla cessione dei crediti. Pertanto, nell’ambito di detta pronuncia, l’amministrazione finanziaria si era limitata a precisare che, in quanto, a suo avviso, dette operazioni rientravano nel campo di applicazione dell’IVA (sebbene in regime di esenzione), per il principio di alternatività IVA-registro di cui all’art. 40, d.P.R. n. 131/1986, fosse corretto l’assoggettamento, in caso d’uso, all’imposta di registro in misura fissa.

Per completezza, ricordiamo che, successivamente alla Risoluzione n. 71/E del 24 maggio 2000, sulla qualificazione ai fini IVA delle operazioni aventi ad oggetto la cessione di crediti deteriorati, si sono espressi sia la Corte di Giustizia dell’Unione Europea con la sentenza pronunciata nella causa C-93/10, GFKL Financial Services (di seguito anche “GFKL”) che il Comitato IVA in risposta al Working Paper n. 917. In tali documenti, i giudici prima e il Comitato IVA poi avevano valorizzato il fatto che, nel caso dei crediti deteriorati, non sempre si è di fronte ad una prestazione di servizi rilevante ai fini IVA ma che il discrimine è la presenza o meno di un corrispettivo ovvero, nel caso di acquisto cd. “a sconto”, la presenza di uno sconto ulteriore tra il valore economico del portafoglio al momento dell’acquisto ed il prezzo pagato per l’acquisto del portafoglio.

In particolare, ai punti 25 e 26 della GFKL, si legge che “la differenza tra il valore nominale dei crediti ceduti ed il prezzo di acquisto dei medesimi non costituisce il corrispettivo di tale servizio, bensì riflette il valore economico effettivo di tali crediti al momento della loro cessione, su cui incide lo stato di sofferenza dei crediti stessi e l’accresciuto rischio di insolvenza dei debitori” e che, pertanto “un operatore che acquisti, a proprio rischio, crediti in sofferenza ad un prezzo inferiore al loro valore nominale non effettua una prestazione di servizi a titolo oneroso, ai sensi di detto art. 2, punto 1, e non compie un’attività economica che ricade nella sfera di applicazione di tale direttiva qualora la differenza tra il valore nominale dei crediti ed il loro prezzo di acquisto rifletta il valore economico effettivo dei crediti medesimi al momento della loro cessione”.

Peraltro, quanto alla qualificazione ai fini IVA dell’eventuale prestazione di servizi resa dal cessionario degli NPL, nelle conclusioni della sentenza C-305/01, MGK, la Corte di Giustizia qualifica tale attività come “«ricupero dei crediti» ai sensi dell’art. 13, parte B, lett. d), punto 3, in fine, della sesta direttiva n. 77/388/CEE e, pertanto, […] esclusa dall’esenzione stabilita dalla stessa disposizione”. Anche le Linee Guida fornite dal Comitato IVA con riferimento al Working Paper n. 917 ritengono che l’acquisto di crediti NPL, quando effettuato a titolo oneroso nel senso di cui sopra, sia imponibile ai fini IVA[1].

Tralasciando in questa sede la divergenza tra interpretazione unionale ed interpretazione nazionale sul trattamento IVA (i.e. imponibilità vs. esenzione) dell’eventuale servizio reso al cedente i crediti da parte del cessionario[2], alla luce dell’impostazione unionale sopra citata, ci si sarebbe aspettati una revisione della posizione assunta nella Risoluzione n. 71/E del 24 maggio 2000, quantomeno con riferimento alle condizioni da verificare in merito all’accertamento circa l’esistenza o meno di un servizio reso da parte del cessionario dei crediti deteriorati.

Invece, con la risoluzione oggetto del presente commento, l’Agenzia delle Entrate continua a muovere le sue considerazioni a partire dall’assunto che nell’acquisto cd. “a sconto” di crediti deteriorati vi sia una componente implicita di onerosità dell’operazione (la quale sarebbe sempre caratterizzata da una causa finanziaria).

Nonostante la posizione dell’Agenzia delle Entrate sulla rilevanza e sul trattamento IVA delle operazioni in parola non sia scevra da dubbi, la Risoluzione n. 79/E ha comunque il pregio di aver sgombrato il campo dal timore che, in un tale scenario, la base imponibile IVA degli acquisti di NPL dovesse essere determinata sulla base delle indicazioni fornite con riferimento alle cessioni di crediti in bonis con causa finanziaria (i.e. differenza tra il valore nominale dei crediti ed il prezzo d’acquisto pagato per gli stessi).

In particolare, come correttamente evidenziato dall’Agenzia delle Entrate, in ragione delle differenze strutturali tra portafogli di crediti in bonis e crediti deteriorati, il riferimento al valore nominale non risulta idoneo a “far emergere […] il reale ed effettivo vantaggio economico a favore del cessionario derivante, in termini di corrispettivo, dall’acquisto degli NPLs”, sottolineando la necessità di “far riferimento ad un criterio basato sulla differenza tra il “valore economico” dei crediti al momento della cessione ed il prezzo pagato al cedente per l’acquisto di questi ultimi”.

Nello specifico, l’Agenzia delle Entrate ha avallato la possibilità che tale “valore economico” venga individuato dal cessionario nella stima dei flussi di cassa che lo stesso si attende dalla gestione del portafoglio e che, pertanto, si possa considerare quale base imponibile IVA degli acquisti di NPL la differenza tra flussi di cassa attesi e prezzo d’acquisto pagato.

E’ stata, inoltre, oggetto di analisi la circostanza che, per ragioni commerciali, è usuale che il valore economico determinato nei termini anzidetti non sia riflesso esplicitamente nei contratti di cessione.

A tal riguardo, il fatto che la determinazione della base imponibile IVA sia ancorata ad una valutazione unilaterale non è stato ritenuto da parte dell’Agenzia delle Entrate elemento di incompatibilità né con i principi comunitari sul punto né con il dettato dell’art. 13, d.P.R. n. 633/1972. Ciò a patto che dette valutazioni siano opportunamente documentate e archiviate in documenti societari ufficiali e, pertanto, verificabili da parte dall’amministrazione finanziaria.

Infine, l’Agenzia delle Entrate ha voluto chiarire che il momento impositivo relativo a tali operazioni coincide con il momento in cui viene pagato il prezzo di acquisto del portafoglio di NPL, “è in tale momento, infatti, che si determina l’incasso della componente di sconto legata al servizio finanziario”. Secondo questa impostazione non si renderanno necessari aggiustamenti della base imponibile connessi all’effettivo incasso dei flussi attesi.

Con riferimento al criterio individuato dall’Agenzia delle Entrate per la determinazione del valore economico del portafoglio da acquistare, ci si domanda se tale valore, tenendo conto dello stato di deterioramento dei crediti, possa essere ulteriormente ridotto tenendo conto dei flussi di costo attesi per la gestione dell’operazione e per il recupero dei crediti stessi. Tale aspetto non è stato approfondito dalla risoluzione in commento.
Questo sforzo interpretativo troverebbe la sua giustificazione non tanto nell’ipotizzare la previsione di un corrispettivo al netto dei costi (cosa che ordinariamente ai fini IVA non succede), bensì nel considerare i costi di recupero come parte integrante, di segno negativo, della determinazione del valore economico effettivo del portafoglio. Un chiarimento in tal senso da parte dell’Agenzia delle Entrate sarebbe auspicabile.


[1] “[…] the transfer of an NPL at a price below face value, where the difference between the face value of the NPL and the actual price paid does not reflect the actual economic value of the debt at the time of its assignment but makes up consideration for the transferee, shall constitute a taxable supply of services by the transferee to the transferor consisting in assuming the risk of the debt not being paid.

The VAT Committee further almost unanimously confirms that such a supply may not be exempted in accordance with Article 135(1)(d) of the VAT Directive because of it being debt collection”.

[2] Divergenza legata all’interpretazione della causa principale sottesa all’operazione di cessione dei crediti e su cui, anche con riferimento ai crediti in bonis, l’amministrazione finanziaria ha avuto modo di rimarcare la sua posizione con le Ris. nn. 139/E/2004 e 32/E/2011.

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