A cura di John Shehata, Paola Furiosi, Eugenia Guarda Nardini, Alessandro Di Stefano, Giuseppe Falduto e Hanyu Lan
La tutela della proprietà intellettuale in Cina costituisce un tema di grande rilevanza e, al contempo, delicatezza, sia per le aziende locali, sia per gli stakeholder stranieri che intendono investire in questo Paese. In particolare, questi ultimi, si trovano spesso di fronte ad una legislazione complessa e, talvolta, meno tutelante rispetto alla legislazione del proprio Paese di origine.
Negli ultimi anni, vi è stato un notevole impegno da parte della Cina volto ad incrementare – a livello legislativo, ma anche culturale – la tutela della proprietà intellettuale.
Tra le più recenti novità, occorre segnalare il nuovo sistema di tutela dei c.d. “IP assets”. Di seguito una breve disamina.
Il nuovo sistema di tutela degli IP asset
La Cina ha recentemente innovato il suo sistema di tutela della proprietà intellettuale, con particolare riferimento al sistema brevettuale. A far data dal 1° giugno 2021, infatti, è entrata in vigore la nuova Legge sui Brevetti della Repubblica Popolare Cinese, frutto dell’impegno bilaterale tra la Cina e gli Stati Uniti siglato il 15 gennaio 2020.
La tanto attesa legge rappresenta, in realtà, una quarta revisione della Legge sui Brevetti della Repubblica Popolare Cinese del 1984 ed interessa tutte le tipologie di brevetti disponibili in Cina, ovvero brevetto per design, brevetto per modello di utilità e brevetto di invenzione.
Tra le modifiche di rilievo che meritano di essere segnalate vi è certamente l’inasprimento delle sanzioni relative ai c.d. “Statutory Damages” (ovvero i danni il cui risarcimento è fissato dalla legge e non sulla base dell’entità dei danni effettivamente arrecati). Tali danni possono essere liquidati dal giudice nel caso in cui l’attore in giudizio non sia in grado di fornire prove sufficienti in merito alla misura delle perdite subite a causa della violazione, o in merito al guadagno di controparte, oppure laddove non sia possibile determinare il canone che l’autore della violazione avrebbe dovuto pagare, qualora avesse ottenuto una licenza dal titolare del diritto leso.
Il risarcimento è oggi liquidato in una somma compresa tra 30.000 yuan, ovvero circa 4.210 euro (precedentemente era 10.000 yuan) e 5.000.000 yuan, ovvero circa 702.300 euro (precedentemente era 1.000.000 yuan).
Sono stati inaspriti anche gli importi relativi ai cd. “punitive damages”, ovvero quella somma superiore all’equivalente monetario del pregiudizio subito dal danneggiato prevista per finalità punitive. L’importo del risarcimento per tali danni può essere, infatti, portato fino a cinque volte il valore del guadagno realizzato dal contraffattore (guadagno che può essere calcolato sulla base della documentazione contabile rinvenuta del contraffattore, oppure, stimato in forza delle prove e delle richieste presentate dal titolare del brevetto violato).
Un’altra importante novità riguarda l’estensione della durata di tutela del brevetto per design, che è stata portata a quindici anni (rispetto ai dieci precedentemente previsti) al fine di allinearla a quanto previsto nell’Accordo dell’Aja[1]).
Di grande attualità risultano senz’altro anche (i) l’introduzione di un sistema di Patent Linkage che riconosce al titolare di un’autorizzazione all’immissione in commercio, al titolare di un brevetto farmaceutico o ad altro beneficiario la possibilità di instaurare un procedimento innanzi al competente organo giudiziario per l’accertamento di un’eventuale contraffazione durante il processo di valutazione e approvazione per l’autorizzazione all’immissione in commercio del farmaco, e (ii) la previsione di un meccanismo paragonabile al certificato complementare di protezione che estende la durata del brevetto farmaceutico fino ad un massimo di cinque anni nei casi in cui la durata effettiva del brevetto – dopo aver ottenuto l’autorizzazione all’immissione in commercio – sia inferiore a quattordici anni.
Sicuramente tali modifiche legislative si fondano sulla consapevolezza che i brevetti rappresentano ad oggi uno strumento essenziale sia per incoraggiare l’innovazione tecnologica, sia per garantire un maggior livello di sicurezza agli stakeholder stranieri con riferimento al trasferimento tecnologico.
Tale necessità di riforma legislativa era già sentita da diversi anni in Cina: già nell’Outline of the National Intellectual Property Strategy (ONIPS) pubblicato dal Consiglio di Stato nel 2008, si sottolineava il ruolo cruciale degli IP asset nello sviluppo della nazione, descrivendo la proprietà intellettuale come elemento chiave per accrescere la competitività a livello internazionale e per la costruzione di un Paese innovativo.
La registrazione dei diritti di proprietà intellettuale in Cina
Con riferimento alla registrazione dei diritti di proprietà intellettuale in Cina, occorre segnalare che in tale Paese vige il principio di territorialità, in forza del quale – fatta salva la presenza di accordi bilatera/multilaterali e/o convenzioni internazionali che prevedano una diversa disciplina –la tutela nel proprio Paese di origine non varrà anche nel territorio cinese, e, pertanto, sarà necessario procedere ad una registrazione locale.
Di estrema importanza è la previsione in forza della quale viene applicata la regola “first-to-file” (ad accezione del copyright), che implica che il primo soggetto che procede alla registrazione di un marchio, brevetto o altra privativa industriale titolata otterrà i diritti in modo esclusivo, indipendentemente dalla circostanza che fosse già registrato altrove.
Per quanto riguarda la durata della registrazione di un brevetto in Cina, occorre effettuare una distinzione tra:
– brevetto per invenzione, che prevede una tutela per un periodo di venti anni,
-brevetto per modello di utilità, che prevede una tutela per un periodo di dieci anni, e
-brevetto per il design, che ha invece una tutela per un periodo di quindici anni.
I requisiti ai fini della registrazione quale brevetto richiesti per le invenzioni e i modelli di utilità sono la novità, l’attività inventiva e la funzionalità; invece, l’unico requisito richiesto per la registrazione quale brevetto per design è che questo non sia già stato registrato.
I marchi registrati in Cina godono di una tutela per un periodo di dieci anni. Per poter essere registrato, un marchio deve essere nuovo (cioè non deve essere uguale e/o simile a marchi precedentemente registrati), avere carattere distintivo (i.e. deve permette di identificare il prodotto o il servizio per il quale è chiesta la registrazione come proveniente dal suo titolare) ed essere lecito (i.e non deve contenere segni contrari alla legge, all’ordine pubblico e al buon costume, e non deve ingannare il pubblico, in particolare sulla provenienza geografica, sulla natura o sulla qualità dei prodotti o servizi).
Per quanto concerne, invece, il copyright, peculiarmente a quanto avviene in Italia, e comunque a livello europeo, tale tutela sorge con la semplice creazione dell’opera e la presenza del requisito della creatività. Anche in Cina viene fatta altresì salva la possibilità di registrare le opere che rappresentino un particolare risultato nel campo della letteratura, dell’arte o della scienza presso l’autorità locale competente.
Cenni ad aspetti fiscali cinesi connessi agli IP asset
I compensi per l’utilizzazione di opere dell’ingegno, di brevetti industriali e di marchi d’impresa nonché processi, formule ed informazioni relativi ad esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico sono generalmente riconducibili nella definizione di “royalty”, ai sensi della normativa fiscale cinese.
I redditi in questione si considerano prodotti nel territorio cinese, se corrisposti da soggetti ivi residenti. Ne consegue che, in presenta di royalty corrisposte da società cinesi a soggetti esteri (e.g. società residenti in Italia), sarà applicata una ritenuta del 10% in Cina a titolo di ritenuta alla fonte.
Si segnala che l’Autorità fiscale cinese potrebbe includere tra i canoni da assoggettare a ritenuta alla fonte non solo i corrispettivi dovuti in base ad un contratto di licenza, ma anche dei risarcimenti dovuti (da soggetti residenti in Cina) per l’uso abusivo o la violazione del diritto di proprietà intellettuale. Questo appare in linea con il riferimento alla definizione di “use or right to use” contenuta nel Commentario al Modello OCSE (para. 8 dell’art. 12).
La ritenuta domestica del 10% può essere ridotta a un’aliquota inferiore ai sensi della Convenzione per evitare le doppie imposizioni applicabile. Per poter beneficiare di un’aliquota ridotta secondo relativi trattati fiscali è necessario presentare una domanda all’autorità fiscale cinese con cui si attesta il possesso dei requisiti incluso la qualifica di beneficiario effettivo dei redditi. A tal riguardo, nel determinare il beneficiario effettivo, le autorità fiscali cinesi tendono ad applicare il principio della “sostanza rispetto alla forma” e condurre un’analisi basata sulle circostanze effettive del caso.
Infine, un ulteriore tema da considerare attiene al trattamento IVA e altri tributi minori. In particolare, il pagamento di royalty da società cinesi a società estere sarebbe soggetto a IVA cinese del 6% nonché altre sovrattasse fiscali minori. In ossequio alla norma interna, il soggetto pagatore cinese funge da sostituto d’imposta nell’applicazione dell’IVA e delle imposte minori che vengono trattenuti all’atto del pagamento delle royalty alle società estere e rimessi all’erario locale. Tali imposte, non rientranti tra quelle coperte dalla convenzione per evitare le doppie imposizioni, costituirebbero un costo a carico della società estera. In alcuni casi è possibile richiedere alle Autorità fiscali cinesi esenzione per l’applicazione dell’IVA.
Alle società italiane che si trovano ad affrontare il mercato cinese è raccomandato conoscere i meccanismi legali preposti alla tutela dei diritti di proprietà intellettuale, nonché gli aspetti di fiscalità connessa per l’importanza strategica che questi assumono nell’ambito delle loro trattative commerciali.
[1] La Cina diventerà parte dell’Accordo dell’Aja a far data dal 5 maggio 2022, tuttavia l’Atto di Ginevra non si applica a Hong Kong e a Macao.
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