La riforma del Codice della Proprietà Industriale

A cura di Paola Furiosi e Alice Minisini

1. Origine ed esigenze della riforma

Nella giornata del 6 aprile 2022 il Consiglio dei Ministri ha approvato, su proposta del Ministro dello sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, il disegno di legge di revisione del Codice della proprietà industriale (C.P.I.) emanato con il decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30.

Il DDL si pone nella scia di quell’insieme di provvedimenti aventi ad oggetto la proprietà industriale che ha recentemente interessato il dibattito italiano e sovranazionale. Risale, infatti, al 25 novembre 2020 il Piano di azione della Commissione UE “Sfruttare al meglio il potenziale innovativo dell’UE – Piano di azione sulla proprietà industriale per sostenere la ripresa e la resilienza dell’UE” a partire dal quale sono state elaborate, con il decreto ministeriale del 23 giugno 2021 e previa consultazione pubblica, le Linee di intervento strategiche sulla proprietà industriale per il triennio 2021-2023.

Queste ultime rappresentano il primo provvedimento di natura programmatoria di attuazione in Italia del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, nel quale, per l’appunto viene, annoverata anche la “riforma del sistema della proprietà industriale” cui il PNRR destina un finanziamento straordinario di 30 milioni di euro.

In tale contesto il disegno di legge, laddove superasse il vaglio parlamentare, potrebbe quindi assumere il ruolo di pietra angolare e costituire le prime fondamenta di tale Piano strategico di riforma della proprietà industriale, di concerto con lo stanziamento delle agevolazioni per il deposito di brevetti, marchi e disegni già predisposto dai bandi Brevetti+, Marchi+ e Disegni+.

Gli interventi menzionati esprimono, nel loro complesso, un’esigenza specifica e non più trascurabile, ossia quella di incentivare e valorizzare l’innovazione quale propulsore della crescita economica e dello sviluppo industriale, senza ignorare, al contempo, il sempre più mutevole quadro storico-sociale in cui questi si inseriscono. All’interno di tale cornice, in particolare, assume un ruolo di primario rilievo la veloce evoluzione tecnologica, alla quale è necessario fornire una risposta normativo-procedurale rapida e semplificata.

Le modifiche poste in essere dal provvedimento in esame costituiscono, dunque, come esplicitato da una nota pubblicata dal Ministero dello Sviluppo Economico, un intervento organico a tutela della proprietà industriale che punta a rafforzare la competitività tecnologica e digitale delle imprese e dei centri di ricerca nazionali facilitando e valorizzando la conoscenza, l’uso e la diffusione del sistema di protezione di brevetti al fine di incentivare gli investimenti e il trasferimento tecnologico delle invenzioni dal mondo della ricerca a quello produttivo.

2. Gli interventi di modifica

Pur tenendo in considerazione che il disegno di legge deve ancora essere sottoposto all’esame del Parlamento, si può in ogni caso procedere con un’analisi preliminare del testo legislativo. In tal senso, la riforma si basa su tre diverse direttrici che convergono nel medesimo intento di perseguire le finalità sopra descritte. Tra le modifiche al Codice della proprietà industriale, nello specifico, ve ne sono alcune destinate al rafforzamento della competitività del sistema Paese e alla protezione della proprietà industriale (Capo I), altre volte alla semplificazione amministrativa e alla digitalizzazione delle procedure (Capo II) e, infine, un gruppo di norme di coordinamento e adeguamento (Capo III).

All’interno di tale contesto assumono particolare rilevanza le previsioni del Capo I il cui articolo 1, a modifica dell’articolo 14, comma 1, lettera b) C.P.I., ha introdotto esplicitamente l’esclusione della registrazione di marchi che possono risultare evocativi, usurpativi o imitativi di indicazioni geografiche e denominazioni di origine protetta, conferendo così alle stesse la medesima protezione prevista per le altre tipologie di marchio. In tale modo non solo è stata posta in essere un’opera di armonizzazione delle tutele,al fine di scongiurare il riproporsi di casi come quello relativo al marchio “Parmesan”, ma è anche stata riconosciuta l’importanza dei marchi volti a valorizzare i prodotti del territorio e rappresentativi del Made in Italy.

Altrettanto significativa è l’introduzione, ai sensi dell’articolo 2 del DDL, dell’articolo 34-bis C.P.I. che sancisce la possibilità per chi ne ha interesse di chiedere la protezione temporanea di disegni e modelli presentati in fiere e manifestazioni espositive. Tale intervento, che dà attuazione all’articolo 11 della Convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale del 1883, consente di far risalire la protezione giuridica dei disegni e modelli alla data di esposizione, laddove la relativa domanda di registrazione sia depositata entro sei mesi. La ratio della norma sembrerebbe risiedere nell’intento di incentivare la correttezza delle pratiche professionali sul mercato al fine di evitare che, nell’arco temporale intercorso tra la presentazione al pubblico e la futura registrazione della privativa, possa intervenire l’azione di soggetti terzi in mala fede.

Tra le norme accolte con maggiore entusiasmo vi è, inoltre, l’articolo 3 che attraverso la riscrittura dell’articolo 65 C.P.I. prevede il superamento del cosiddetto “Professor’s Privilege”, meccanismo introdotto nel sistema universitario italiano con la legge 18 ottobre 2001, n. 383 “Primi interventi per il rilancio dell’economia”, in forza del quale le invenzioni sviluppate in ambito accademico sono di titolarità dei professori o ricercatori che le hanno concepite e non delle strutture di ricerca che ne hanno finanziato i costi di sviluppo. Con la riforma, tuttavia, sembrerebbe che le modalità individuate per rilanciare l’economia abbiano subito una netta inversione di rotta: il nuovo articolo 65 C.P.I., infatti, attribuisce la proprietà delle invenzioni maturate in ambito di ricerca pubblica non più al singolo professore o ricercatore, bensì all’Ateneo o all’Ente di ricerca. È questo quindi un altro strumento di cui l’Italia si è dotata, allineando la propria legislazione alle normative degli altri Paesi europei, al fine di promuovere l’innovazione e la ricerca.

Alla medesima esigenza risponde poi l’inserimento dell’articolo 65-bis C.P.I. con il quale viene riconosciuta formalmente la possibilità per le istituzioni universitarie, gli enti pubblici di ricerca e gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico di dotarsi di un ufficio di trasferimento tecnologico (c.d. UTT) volto alla promozione e alla valorizzazione dei titoli di proprietà industriale, anche per mezzo della collaborazione con le imprese.

Infine, non si può trascurare l’azione di semplificazione amministrativa e di digitalizzazione delle procedure realizzata dal disegno di legge, la quale trova attuazione, ad esempio, attraverso la riduzione da quaranta a trenta giorni dei termini per la convocazione delle parti in udienza dinanzi alla Commissione dei ricorsi (ex articolo 139 C.P.I. come modificato dall’articolo 9 DDL) e mediante lo snellimento della procedura di concessione di nuove varietà vegetali (ex articolo 170 C.P.I. come modificato dall’articolo 12 DDL). Tali iniziative sono volte da una parte a reagire tempestivamente alla velocità della rivoluzione digitale cui è soggetta la nostra società e dall’altra a incentivare gli operatori economici a partecipare attivamente alla crescita industriale del Paese.

Let’s Talk

Per una discussione più approfondita ti preghiamo di contattare:

Andrea Lensi Orlandi

PwC TLS Avvocati e Commercialisti

Partner

Paola Furiosi

PwC TLS Avvocati e Commercialisti

Director

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.