A cura di Energy Team
Il potenziale dell’efficienza energetica, attesa anche la crescente esigenza di definire alternative all’approvvigionamento di gas, è al centro del dibattito pubblico nazionale e rappresenta uno dei pilastri del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza nella prospettiva più ampia degli obiettivi di transizione ecologica imposti a livello europeo e nazionale.
In tale contesto, rilievo tutt’altro che trascurabile assumono le potenzialità di riqualificazione del patrimonio immobiliare pubblico.
Dai dati rilevati dall’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA), in effetti, gli edifici della Pubblica Amministrazione sono oltre 13.000 e consumano ogni anno circa 4,3 TWh di energia, per una spesa complessiva di 644 milioni di euro[1].
Il quadro normativo di riferimento risulta piuttosto composito. In primo luogo, gli interventi per il miglioramento della prestazione energetica degli immobili della pubblica amministrazione sono regolati dal D.Lgs 102/2014, di recepimento della Direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica. In particolare, l’articolo 5 del D.Lgs 102/2014, norma di natura programmatica, prevede, a partire dal 2014 e fino al 2030, la realizzazione di interventi sugli immobili della pubblica amministrazione centrale, inclusi gli immobili periferici, con l’obiettivo di conseguire la riqualificazione energetica almeno pari al 3 per cento annuo della superficie coperta utile climatizzata.
In quest’ottica, il Ministero dello Sviluppo Economico di concerto con il Ministero della Transizione Ecologia ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e in collaborazione con l’Agenzia del Demanio, è tenuto a predisporre entro il 30 novembre di ogni anno un programma di interventi per il miglioramento della prestazione energetica degli immobili della pubblica amministrazione centrale (c.d. PREPAC), su proposta – entro il 30 giugno di ogni anno – delle pubbliche amministrazioni centrali, anche avvalendosi dei Provveditorati interregionali opere pubbliche del MIT o dell’Agenzia del Demanio[2].
Le modalità di attuazione del PREPAC sono regolate da un Decreto del MISE del 16 settembre 2016 e dalle Linee Guide pubblicate da ENEA e dal GSE nel giugno 2017 recanti i criteri generali e le indicazioni operative per la predisposizione e la presentazione da parte degli operatori interessati delle proposte progettuali ai fini dell’ammissione al programma.
Al finanziamento del PREPAC sono destinate sia le risorse versate nel bilancio dello Stato dalla Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA) – rinvenienti dal pagamento delle quote “Emission Trading System (Eu-ETS)” da parte delle grandi imprese che operano all’interno dell’UE – che i proventi previsti dall’art. 22, c. 4, del d.lgs. 3 marzo 2011, n. 28 (ex Fondo teleriscaldamento)[3].
In particolare, per la realizzazione del PREPAC nel periodo 2014-2020, le risorse poste a disposizione sono state pari a complessivi Euro 355 mln per 230 progetti ammessi a finanziamento per un importo di Euro 315,8 mln.[4]).
Per il periodo dal 2021-2030, invece, la dotazione annua da stanziare per la realizzazione degli interventi inclusi nel PREPAC è pari a 50 milioni di euro per effetto del D.Lgs 73/2020, attuazione della direttiva (UE) 2018/2002 che modifica la direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica.
Occorre peraltro segnalare, a tal proposito, come sul PREPAC sia stato di recente proposto un emendamento al testo in sede di conversione del D.L 21/2022 (c.d. Decreto taglia Prezzi) che mira ad ampliare la platea degli interventi ammissibili al programma. Nello specifico, per gli immobili non sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, sono ammessi a finanziamento, “gli interventi di installazione di impianti per la produzione di energie rinnovabili e relativi sistemi di accumulo dell’energia, a condizione che si modifichino contestualmente gli impianti di riscaldamento e raffreddamento presenti nei suddetti immobili, al fine di valorizzare al meglio l’energia rinnovabile prodotta”. L’emendamento potrebbe apportare maggior chiarezza rispetto all’espressa ricomprensione di tali impianti nelle opere finanziabili tramite il PREPAC, ad oggi menzionati esclusivamente nelle linee guida.
Sempre nella prospettiva di valorizzare il patrimonio degli enti pubblici, ulteriori misure di natura finanziaria, destinate in tal caso non solo alle amministrazioni centrali ma anche a quelle locali, sono poi previste dall’art. 15, co. 1 del D.Lgs 102/2014 che ha istituito il Fondo Nazionale per l’efficienza energetica[5].
Gli interventi, da realizzarsi su immobili, impianti e processi produttivi riguardano, nello specifico, la riduzione dei consumi di energia nei processi industriali, la realizzazione e l’ampliamento di reti di teleriscaldamento, la riqualificazione energetica degli edifici e l’efficientamento di servizi ed infrastrutture pubbliche, inclusa l’illuminazione pubblica.
Il fondo è alimentato da una dotazione annua per il periodo 2014-2030 fino a 15 milioni di euro a carico del MISE e fino a 35 milioni di euro a carico del MiTE.
A quanto sopra si aggiunge poi il conto termico, gestito dal GSE e introdotto a partire dal 2012 per incentivare tra l’altro interventi per la riqualificazione energetica e la produzione di energia termica da fonti rinnovabili per impianti di piccole dimensioni (ricordiamo che il PREPAC non prevede, al contrario, limiti dimensionali).
Il conto termico stanzia fino a 200 milioni di euro per anno in relazione agli interventi su edifici di proprietà della Pubblica Amministrazione sia centrale che locale tramite il finanziamento fino al 65% delle spese sostenute per gli interventi di manutenzione sull’involucro e sugli impianti degli edifici che ne incrementano l’efficienza energetica.
Sono questi i tratti essenziali del quadro normativo su cui si innesta la missione 2, componente 3 del PNRR rubricata “efficienza energetica e riqualificazione degli edifici”, la quale dispone lo stanziamento di oltre 15 miliardi per l’aumento dell’efficientamento energetico del parco immobiliare pubblico e privato e di cui più di un miliardo è destinato all’efficienza degli immobili pubblici, tra cui edifici scolastici e giudiziari[6].
Tale linea di investimento introdotta dal PNRR, aggiuntiva alle misure finanziarie sopra descritte, presenta tuttavia dei profili di connessione con le stesse, in quanto si pone anche l’obiettivo di potenziare il Fondo nazionale per l’efficienza energetica e facilitare l’accelerazione della fase realizzativa dei progetti finanziati tramite il PREPAC.
Nel solco dei target fissati dal Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) – che già prevede ambiziosi obiettivi in termini di efficientamento – la componente in questione prevede un risparmio pari a 209 Ktep l’anno di energia finale e 718 KtCO2 l’anno a regime (a partire dal 2027).
Con il PNRR il panorama normativo nazionale ha dunque ulteriormente arricchito e consolidato gli strumenti finanziari e le linee di investimento a sostegno della riqualificazione energetica del parco immobiliare della pubblica amministrazione centrale e locale.
A tal riguardo, per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione del settore pubblico potrebbe essere opportuno che tali linee di intervento di carattere prettamente economico siano affiancate da misure volte a rimuovere le barriere di natura non finanziaria che limitano l’appetibilità di tali investimenti da parte degli operatori privati.
In quest’ottica, un buon punto di partenza potrebbe essere una strutturale semplificazione degli iter amministrativi connessi alla realizzazione di tali interventi unitamente ad un maggior ricorso da parte delle Pubblica Amministrazione a strumenti già esistenti e, in particolare, ai meccanismi di Partenariato Pubblico Privato quali i c.d. Energy Performance Contracts.
[1] Dato tratto dalla piattaforma telematica della Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile – Dipartimento Unità per l’Efficienza Energetica.
[2] L’attribuzione all’Agenzia del Demanio del ruolo di soggetto “facilitatore” nella fase di predisposizione delle proposte progettuali è stata inserita di recente per effetto dell’art. 19 del Decreto Energia convertito in Legge lo scorso 27 aprile
[3] “È istituito presso la Cassa conguaglio per il settore elettrico un fondo di garanzia a sostegno della realizzazione di reti di teleriscaldamento, alimentato da un corrispettivo applicato al consumo di gas metano, pari a 0,05 c€/Sm3, posto a carico dei clienti finali”,
[4] Dati tratti da Corte dei Conti, Deliberazione del 12 luglio 2021 relativa agli interventi di efficienza energetica sugli immobili della PA centrale
[5] Per effetto del Decreto del MISE del 22 dicembre 2017 la gestione di tale fondo è stata affidata ad Invitalia ed è mirato a supportare interventi di efficientamento, tra l’altro, sugli edifici di proprietà delle pubbliche amministrazioni, col coinvolgimento di istituti finanziari, nazionali e comunitari, e investitori privati sulla base di un’adeguata condivisione dei rischi.
[6] Gli interventi previsti sugli edifici pubblici, da compiersi entro il 2026, riguardano circa 195 edifici scolastici e 48 edifici giudiziari.
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