La Corte Costituzionale sollecita un intervento legislativo sui regimi di tutela previsti in caso di licenziamento illegittimo nelle piccole imprese 

A cura di Francesca Tironi, Giulia Spalazzi e Marco Bove

La Corte costituzionale, con sentenza n. 183 depositata il 22 luglio 2022, è intervenuta (nuovamente) sui regimi di tutela previsti dal c.d. Jobs Act (D. Lgs. 23/2015) in caso di licenziamento illegittimo.

A differenza delle precedenti pronunce – n. 194/2018 e n. 150/2020 con le quali la Corte aveva direttamente modificato gli artt. 3 e 4 del Jobs Act ripristinando la discrezionalità del giudice con riferimento alla commisurazione del risarcimento del danno in caso di licenziamento illegittimo – stavolta la Consulta è intervenuta indirettamente sul regime di tutela previsto per i datori di lavoro che non raggiungono i limiti dimensionali previsti dall’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori (più di 15 dipendenti in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo o in ogni caso più di sessanta dipendenti a livello nazionale).

La Consulta ha, infatti, dichiarato inammissibile la remissione del Tribunale di Roma circa l’indennità risarcitoria per il licenziamento illegittimo prevista dall’art. 9 del Jobs Act (“Ove il datore di lavoro non raggiunga i requisiti dimensionali di cui all’articolo 18, ottavo e nono comma, della legge n. 300 del 1970, non si applica l’articolo 3, comma 2, e l’ammontare delle indennità e dell’importo previsti dall’articolo 3, comma 1, dall’articolo 4, comma 1 e dall’articolo 6, comma 1, è dimezzato e non può in ogni caso superare il limite di sei mensilità.”), invitando tuttavia il Parlamento a modificare la norma.

Secondo i giudici, un’indennità così modulata (tra 3 e 6 mensilità) rappresenta “una forma pressocché uniforme di tutela” e attribuirebbe rilievo esclusivo al “numero degli occupati”. Sempre secondo i giudici “un sistema siffatto non attua quell’equilibrato componimento tra i contrapposti interessi, che rappresenta la funzione primaria di un’efficace tutela indennitaria contro i licenziamenti illegittimi”.

Come anticipato, la Consulta ha sì riconosciuto l’esistenza di un vulnus normativo, ma non è intervenuta direttamente sull’impianto legislativo, non avendo ravvisato una soluzione costituzionalmente adeguata che possa orientare l’intervento correttivo. È quindi stato rimesso al legislatore il compito di adottare rimedi adeguati per i licenziamenti illegittimi intimati dai datori di lavoro che non raggiungano i predetti requisiti dimensionali. Sul punto, la Corte Costituzionale ha suggerito l’adozione di criteri distintivi più duttili e complessi per il calcolo dell’indennità in caso di licenziamento illegittimo, che non tengano unicamente conto del requisito del numero degli occupati, ma che si raccordino alle differenze tra le varie realtà organizzative e ai contesti diversificati in cui le stesse operano.

La Corte ha segnalato infine che in caso di ulteriore inerzia legislativa da parte del Parlamento, non potrebbe esimersi dall’intervenire direttamente sull’impianto normativo nonostante le criticità sopra descritte.  

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