A cura di Lucia Pagliari, Amélie Mammone e Giulia Cannatelli
Con la risposta ad interpello n. 386 dello scorso 20 luglio 2022, a poco più di un anno di distanza dalla riforma apportata all’art. 26 del d.P.R. n. 633/1972 dal decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73 (c.d. “Decreto Sostegni bis”) convertito con modificazioni dalla legge 23 luglio 2021, n. 106, l’Amministrazione finanziaria è intervenuta nuovamente sulla disciplina delle note di variazione in diminuzione dell’IVA, fornendo chiarimenti in relazione a cinque situazioni specifiche accompagnate dall’inadempimento di somme dovute in base ad un contratto di somministrazione avente ad oggetto prestazioni continuative e periodiche di merci.
In particolare, l’istante è un operatore che esegue forniture di merci nei confronti dei propri soci (che con attività individuale o tramite società sia di persone che di capitali gestiscono punti vendita). Tali forniture (a fronte delle quali l’istante emette regolare fattura) possono avvenire in virtù di i) un contratto scritto che contiene una clausola risolutiva espressa e ii) “ordini” periodici di merci e successive forniture.
Quando l’istante deve recuperare crediti insoluti invia ai clienti morosi una lettera di primo intervento contenente una diffida ad adempiere. In caso di mancato riscontro a tale lettera, viene avviata un’azione monitoria verso il cliente. Se l’inadempimento è grave ed ingente viene invocata la risoluzione del contratto per inadempimento anche in forza della clausola risolutiva nel caso in cui tra le parti sussista un contratto (caso sub i), sopra descritto)
L’Agenzia delle Entrate è stata chiamata a pronunciarsi su alcuni aspetti operativi nelle seguenti situazioni:
- risoluzione unilaterale del contratto ad esecuzione continuata e periodica;
- tentativi di recupero giudiziale delle somme nel caso di società di persone;
- tentativi di recupero giudiziale delle somme nel caso di società di capitali;
- fallimento della società di capitali e pagamento parziale del garante;
- risoluzione e riconoscimento dell’inadempimento a seguito di accordo transattivo.
Con il primo quesito, si chiede all’Amministrazione finanziaria se l’operatore possa invocare la risoluzione del contratto per inadempimento ai fini dell’emissione della nota di credito in relazione alle forniture di merci che avvengono secondo le modalità sopra descritte e, quindi, sia nel caso di i) contratti (eventualmente) contenenti una clausola risolutiva espressa sia nel caso di ii) “ordini” periodici (caso a)).
Con il secondo, il terzo ed il quarto quesito, l’istante chiede chiarimenti in merito al trattamento IVA delle somme recuperate a seguito dell’emissione delle note di variazione in diminuzione ed, in particolare:
- nel caso di società di persone, se l’esecuzione nei confronti della società risulta infruttuosa ma si recuperano le somme accessorie o a titolo di capitale a fronte di azioni esecutive nei confronti dei soci illimitatamente responsabili (caso b));
- nel caso di società di capitali, se l’esecuzione nei confronti della società risulta infruttuosa ma si recuperano le somme accessorie o a titolo di capitale a fronte di esecuzione nei confronti di terzi garanti (caso c));
- nel caso di società di capitali dichiarata fallita, si recuperano le somme accessorie e/o eventualmente a titolo di capitale a fronte di esecuzione nei confronti del garante che aveva che aveva garantito il debito (caso d)).
L’istante chiede, poi, di precisare la tipologia e la forma dei documenti eventualmente da emettere, le tempistiche di emissione ed il soggetto nei cui confronti emettere tali documenti.
Infine, con l’ultimo quesito l’istante chiede “se sia possibile ed entro quale termine emettere la nota di variazione in diminuzione a fronte della risoluzione del rapporto di somministrazione (ordini continuativi e periodici) per inadempimento formalizzata in un accordo transattivo non novativo, nel quale il debitore riconosce l’inadempimento e si impegna a versare una parte del debito (saldo e stralcio) a fronte dell’interruzione delle procedure esecutive comunque rimaste infruttuose o al fine di evitare il contenzioso e l’avvio delle procedure esecutive” (caso e)).
In primo luogo, l’Amministrazione finanziaria ha richiamato i principi generali che informano l’emissione delle note di variazione in diminuzione ai sensi dell’art. 26, commi 2, 3 e 3-bis del d.P.R. n. 633/1972.
Rinviando, poi, come ormai di consueto, alla giurisprudenza di legittimità in tema di emissione di note di variazione in diminuzione nel caso di risoluzione contrattuale è stato ribadito il principio secondo cui non è “necessario un formale atto di accertamento (negoziale o giudiziale) del verificarsi dell’anzidetta causa di risoluzione” ai fini dell’emissione della nota di variazione stessa (cfr. sentenza della Corte di Cassazione 17 giugno 1996, n. 5568 e 8 novembre 2002, n. 15696),.
Al riguardo, è stato precisato che non è rilevante che la risoluzione del contratto per inadempimento sia una “risoluzione di diritto” se lo scioglimento del contratto si verifica alla luce di eventi previsti dalla legge, ben potendo, ad esempio, costituire presupposto legittimante l’emissione di una nota di variazione in diminuzione anche il verificarsi della condizione prevista da una clausola risolutiva espressa apposta ad un contratto come chiarito dalla precedente prassi in materia (cfr. principio di diritto n. 11 del 6 agosto 2021).
A seguito di tale premessa generale, al fine di rispondere al primo quesito posto dall’istante relativo alla risoluzione unilaterale del contratto ad esecuzione continuata e periodica (lett. a)), l’Agenzia delle Entrate ha commentato anche la disciplina prevista al successivo comma 9 del medesimo art. 26 del d.P.R. n.633/1972.
Alla luce di tale disposizione (in linea con quanto disposto in ambito civilistico dall’art. 1548 del codice civile), in caso di risoluzione contrattuale per inadempimento di contratti ad esecuzione continuata o periodica, la facoltà di emettere la nota di variazione “non si estende a quelle cessioni o a quelle prestazioni per cui sia il cedente o prestatore che il cessionario o committente abbiano correttamente adempiuto alle proprie obbligazioni”. Infatti, la facoltà di emettere la nota di credito sussiste solo con riferimento a quelle operazioni, già eseguite e fatturate, per le quali la controparte risulti insolvente lasciando, invece, impregiudicate quelle per le quali si sia realizzata la piena soddisfazione delle reciproche ragioni creditorie delle parti in attuazione del nesso sinallagmatico (si veda in tal senso, il richiamato principio di diritto n. 13, pubblicato il 2 aprile 2019).
Di conseguenza, nel presupposto che la fattispecie oggetto dell’istanza di interpello rientri nell’ambito di un contratto di somministrazione periodica di cose di cui all’art. 1559 del codice civile, l’Amministrazione finanziaria, conformandosi ai precedenti di prassi e di giurisprudenza sul punto, ha sottolineato che l’avverarsi della condizione posta dalla clausola risolutiva espressa, quale il mancato pagamento del corrispettivo o la scadenza del termine intimato per iscritto alla controparte inadempiente, determina, con effetti ex tunc, la risoluzione contrattuale che costituisce il presupposto per l’emissione della nota di credito con riferimento alla prima fattura rimasta insoluta (richiamando la risposta ad interpello n. 261, pubblicata in data 11 agosto 2020).
Successivamente al verificarsi del presupposto per l’emissione della nota, che rappresenta, dunque, il presupposto formale per il concreto esercizio del diritto alla detrazione, quest’ultimo resta soggetto alle regole previste dall’art. 19 del d.P.R. n. 633/1972 per quanto concerne i termini di emissione e la gestione del documento ai fini della recuperabilità dell’imposta, coerentemente ai principi espressi, da ultimo, nella recente circolare 29 dicembre 2021, n. 20/E ( e alle risposte ad interpello n. 192 e 119 pubblicati, rispettivamente, in data 24 giugno 2020 e 17 febbraio 2021).
Nel rispondere al secondo, terzo e quarto quesito (in particolari fattispecie di cui ai punti b), c) e d sopra enunciati) relativi ai tentativi di recupero giudiziale del credito ed all’ipotesi di fallimento della società con parziale pagamento da parte del garante, l’Amministrazione finanziaria ha evidenziato che, a fronte dell’inadempimento del debitore, la possibilità di invocare la risoluzione per inadempimento contrattuale come presupposto per emettere la nota di credito costituisce una facoltà per il creditore che, alternativamente, può rinunciare a tale beneficio optando, nel caso di avvio di una procedura concorsuale o esecutiva, di emettere la nota di credito alle condizioni prevista dal comma 3-bis dell’art. 26 del d.P.R. n. 633/1972.
Secondo tale ultima previsione, la nota di credito può essere emessa: i) a partire dalla data in cui il debitore è assoggettato ad una procedura concorsuale – indipendentemente dal suo esito e anche nell’ipotesi di omessa insinuazione al passivo come chiarito nella circolare n. 20/E del 29 dicembre 2021 (per le procedure concorsuali avviate dal 26 maggio 2021) o ii) a causa di procedure esecutive individuale rimaste infruttuose.
In ossequio al disposto del nuovo comma 5-bis dell’art. 26 del d.P.R. n. 633/1972, se poi, successivamente alla variazione in diminuzione, a fronte dell’avvio di azioni esecutive a carico dei soci illimitatamente responsabili della società di persone o del garante del debito di società di capitali, il creditore incassa le somme spettanti (indistintamente imputabili a spese legali per le azioni intraprese, interessi e accessori per il residuo a capitale), detti importi, ritenuti dall’Agenzia come riconducibili per natura al corrispettivo non percepito, saranno oggetto di fatture autonome da emettere nei confronti dell’originario debitore al momento dell’incasso, indicando imponibile ed imposta.
A parere dell’Amministrazione finanziaria, tale obbligo sussisterebbe anche nell’ipotesi di emissione della nota di credito sin da subito invocando, quale presupposto di emissione, la “risoluzione di diritto” se, successivamente, all’esito della procedura concorsuale viene incassato il corrispettivo, in tutto o in parte.
Infine, con riferimento all’ultimo quesito (lett. e) relativo alla risoluzione ed al riconoscimento dell’inadempimento a seguito di un accordo transattivo, l’Amministrazione finanziaria ha ricondotto tale scenario, verificatosi “in dipendenza di sopravvenuto accordo fra le parti”, alle ipotesi contemplate al comma 3 dell’art. 26 del d.P.R. n. 633/1972, ammesse entro un anno dall’effettuazione dell’operazione imponibile. Inoltre, in questo caso, l’importo della nota di credito sarà pari alla somma oggetto di rinuncia all’incasso per effetto della transazione, distinto tra imponibile ed imposta.
Alla luce di quanto sopra, nonostante la specificità dei casi posti all’attenzione dell’Agenzia, la risposta ad interpello in commento fornisce alcuni interessanti chiarimenti.
In primo luogo, nella risposta ad interpello in esame viene precisato il regime di alternatività sussistente tra la risoluzione per inadempimento e l’avvio di una procedura esecutiva al fine dell’emissione della nota di variazione in diminuzione.
A parere dell’Agenzia, infatti, si tratterebbe di percorsi alternativi, dal momento che l’emissione della nota di credito in virtù della risoluzione per inadempimento è una facoltà concessa al creditore che non ritiene proficua un’azione esecutiva e l’avvio di una procedura esecutiva implica la rinuncia da parte del creditore ad invocare la risoluzione contrattuale quale presupposto per l’emissione della nota di credito.
Avrebbe meritato una maggiore argomentazione, da parte dell’Agenzia, la conclusione secondo cui sarebbero da assoggettare ad IVA le somme recuperate dopo l’emissione delle note di variazione per esecuzione infruttuosa nei confronti delle società così come quelle recuperate a seguito di procedura concorsuale nelle ipotesi di note di variazione emesse “sin da subito” invocando la “risoluzione di diritto”.
Viene fornito, poi, un interessante spunto con riferimento alla rinuncia all’incasso, da parte del fornitore, successivamente alla conclusione di una transazione con la controparte, venendo espressamente ammessa, in questa ipotesi, l’emissione della nota di credito, seppur entro il più stringente limite di un anno dal momento di effettuazione dell’operazione originaria.
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