A cura di Davide Accorsi e Giacomo Merenda
Con la risposta ad interpello 409/2022, pubblicata lo scorso 4 agosto, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che la fornitura di corsi di formazione in modalità “online” sono rilevanti ai fini IVA dove è stabilito o residente il cliente, a prescindere dal fatto che quest’ultimo sia un soggetto passivo o un privato.
Nel caso oggetto di interpello, l’Istante è una società che fornisce servizi in ambito formativo per mezzo di corsi erogati in modalità virtuale (tramite piattaforma “Zoom” o “Adobe Connect”) da parte di docenti collegati in tempo reale prevalentemente da remoto (i.e.: dalla propria abitazione o ufficio situati in Paesi dell’Unione europea diversi dall’Italia o extra Unione europea). Viene precisato che tale modalità consente l’interazione tra i fruitori del corso ed i docenti attraverso la medesima piattaforma di streaming, nonché l’accesso alla piattaforma e-learning per la consultazione dei materiali didattici del corso a cui i partecipanti hanno assistito e per l’invio di ulteriori quesiti specifici ai docenti del corso. I partecipanti possono essere sia soggetti passivi (B2B) che consumatori finali (B2C), residenti in paesi dell’Unione europea diversi dall’Italia o extra Unione europea.
Premesso quanto sopra, in primo luogo, per quanto concerne l’erogazione dei corsi di formazioni resi a committenti soggetti passivi d’imposta (B2B), l‘Istante ha richiesto all’Agenzia delle Entrate di chiarire se possa trovare applicazione: (i) il criterio di territorialità previsto per le prestazioni di servizi generici, di cui all’articolo 7-ter, comma 1, lett. a), d.P.R. 633/1972, secondo il quale rileva il luogo di stabilimento del committente, ovvero (ii) il criterio di territorialità specifico previsto per i servizi di accesso alle manifestazioni, ai sensi dell’articolo 7-quinquies, comma 1, lett. b), del medesimo decreto[1], per il quale rileva il luogo di svolgimento delle medesime manifestazioni.
In secondo luogo, con riferimento all’erogazione dei già menzionati corsi resi a committenti non soggetti passivi d’imposta (B2C), fermo restando l’applicazione della disposizione di cui all’articolo 7-quinquies, comma 1, lett. a), d.P.R. 633/1972[2], l’Amministrazione Finanziaria è stata chiamata a pronunciarsi in merito al criterio da utilizzare per stabilire il luogo in cui la prestazione viene “materialmente svolta”, in ragione del fatto che non esiste un luogo fisico in cui la prestazione è svolta e utilizzata .
Innanzitutto, l’Agenzia delle Entrate precisa che le prestazioni oggetto di interpello non possono rientrare tra i servizi resi elettronicamente, in quanto lo strumento elettronico utilizzato (i.e.: la piattaforma “Zoom” o “Adobe Connect”) è solo un mezzo per accedere a tale servizio.
Per quanto riguarda il primo quesito, l’Amministrazione Finanziaria, cita l’articolo 32, regolamento 282/2011/UE[3], il quale, al primo paragrafo, stabilisce che “i servizi aventi per oggetto l’accesso alle manifestazioni culturali, artistiche, sportive, scientifiche, educative, ricreative o affini comprendono la prestazione di servizi le cui caratteristiche essenziali consistono nel concedere un diritto di accesso ad una manifestazione in cambio di un biglietto o di un corrispettivo”. Inoltre, l’Agenzia delle Entrate sottolinea che il menzionato articolo, al paragrafo successivo, precisa che: “il paragrafo 1 si applica, in particolare, al diritto di accesso a manifestazioni educative e scientifiche quali conferenze e seminari”. Sulla base di quanto sopra, l’Agenzia delle Entrate distingue tra servizi di formazione o aggiornamento, da un lato, e conferenze e seminari, dall’altro lato, chiarendo che tale distinzione non sempre è agevole e va operata caso per caso sulla base delle caratteristiche concrete del servizio prestato.
A tal fine, l’Amministrazione Finanziaria, citando i principi espressi dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea nella causa C-647/17[4], chiarisce che l’accesso ad una manifestazione si verifica nel caso di una prestazione unica ma composita, i cui elementi essenziali presentano uno stretto collegamento fisico con il luogo in cui la manifestazione si svolge[5].
In considerazione di quanto sopra e in assenza di un luogo fisicamente e univocamente individuabile come luogo di materiale svolgimento dei corsi oggetto di interpello, l’Agenzia delle Entrate chiarisce che l’erogazione dei corsi nei confronti di soggetti passivi d’imposta (B2B) si configura come una prestazione di servizi relativa ad attività educativa/culturale, ed in quanto tale, soggetta alle regole generali di territorialità previste dall’articolo 7-ter, comma 1, lett. a), d.P.R. 633/1972, per le quali rileva il luogo di stabilimento del committente, in quanto, nel caso di partecipazione virtuale, la nozione di accesso perde la sua tangibilità (intesa come diritto di accedere fisicamente al luogo in cui si svolge l’evento).
A supporto del chiarimento fornito, l’Agenzia delle Entrate cita, inoltre, l’articolo 1 della direttiva 2022/542/UE, che deve essere implementato dagli Stati membri dell’Unione europea entro dicembre 2024, il quale ha aggiunto un ulteriore paragrafo al citato articolo 53, stabilendo che non si applica il criterio di territorialità relativo all’accesso a manifestazioni nei casi in cui la presenza a dette manifestazioni sia solo virtuale.
In riferimento al secondo quesito, l’Agenzia delle Entrate chiarisce che ciò che rileva ai fini della territorialità per le prestazioni oggetto di interpello rese nei confronti di consumatori finali (B2C) è il luogo in cui il consumatore finale è stabilito, ha il suo indirizzo permanente o risiede abitualmente; vale a dire il luogo in cui “le medesime attività sono ivi materialmente svolte” ai sensi dell’articolo 7-quinquies, comma 1, lett. a), d.P.R. 633/1972, il quale implementa nell’ordinamento nazionale l’articolo 54, direttiva 2006/112/CE.
A supporto della predetta tesi, l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto opportuno richiamare le linee guida contenute nel Working Paper 1013/2021 del Comitato IVA, il quale ritiene che, in caso di attività/eventi virtuali rientranti nella disciplina del menzionato articolo 54, il luogo di svolgimento di tali attività dovrebbe coincidere con il luogo dove il consumatore finale è stabilito e fruisce del servizio.
Inoltre, a sostegno delle proprie conclusioni, l’Agenzia delle Entrate cita le modifiche operate dalla già citata direttiva 2022/542/UE[6] al menzionato articolo 54, direttiva 2006/112/CE, le quali stabiliscono che “se i servizi e i servizi accessori si riferiscono ad attività che sono trasmesse in streaming o altrimenti rese virtualmente disponibili, il luogo delle prestazioni è tuttavia il luogo in cui la persona che non è soggetto passivo è stabilita oppure ha l’indirizzo permanente o la residenza abituale”.
I chiarimenti forniti con la risposta ad interpello 409/2022, oggetto di questa newsalert, sembrano essere in linea con i principi espressi nella precedente risposta ad interpello 353/2022 del 28 giugno scorso, in merito alla territorialità ai fini IVA delle prestazioni di servizi di accesso virtuale (“online”) ad un evento scientifico materialmente svolto in Italia. In questo caso, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che tali prestazioni sono da considerarsi rilevanti ai fini IVA in Italia ai sensi dell’articolo 7 quinquies, comma 1, lettere a) e b), d.P.R. 633/1972, a seconda che ci si riferisca a privati o a soggetti passivi.
In proposito, viene precisato che la modalità di partecipazione a distanza, in tale fattispecie, non comporta la fruizione di una prestazione di servizio differente da quella offerta rispetto a chi partecipa all’evento in presenza, dato che ciascun partecipante, seppur con modalità differenti, ha egualmente la possibilità di assistervi e di parteciparvi, con annessa possibilità per ciascun fruitore di interagire con i relatori.
[1] Ai sensi dell’articolo 7-quinquies, comma 1, lett. b), d.P.R. 633/1972 “le prestazioni di servizi per l’accesso a manifestazioni culturali, artistiche, sportive, scientifiche, educative, ricreative e simili, ivi comprese fiere ed esposizioni, nonché le prestazioni di servizi accessorie connesse con l’accesso, rese a committenti soggetti passivi si considerano effettuate nel territorio dello Stato quando ivi si svolgono le manifestazioni stesse”.
[2] In base alla menzionata disposizione, “le prestazioni di servizi relativi ad attività culturali, artistiche, sportive, scientifiche, educative, ricreative e simili, ivi comprese fiere ed esposizioni, le prestazioni di servizi degli organizzatori di dette attività, nonché le prestazioni di servizi accessorie alle precedenti rese a committenti non soggetti passivi, si considerano effettuate nel territorio dello Stato quando le medesime attività sono ivi materialmente svolte. La disposizione del periodo precedente si applica anche alle prestazioni di servizi per l’accesso alle manifestazioni culturali, artistiche, sportive, scientifiche, educative, ricreative e simili, nonché alle relative prestazioni accessorie”.
[3] L’articolo in questione chiarisce alcuni aspetti dell’articolo 53, direttiva 2006/112/CE, implementato in Italia dal citato articolo 7-quinquies, comma 1, lett. b), d.P.R. 633/1972.
[4] Il caso riguarda un’attività di formazione nel settore della contabilità e della gestione aziendale, della durata di cinque giorni, erogata da una società svedese a committenti soggetti passivi previa iscrizione e previo pagamento di un corrispettivo. La Corte di Giustizia dell’Unione europea ha giudicato che, al fine di determinare la territorialità ai fini IVA di tali prestazioni, sia opportuno fare riferimento alla regola di cui all’articolo 53, direttiva 2006/112/CE (implementato in Italia dall’articolo 7-quinquies, comma 1, lettera b), d.P.R. n. 633/1972) relativo all’accesso a manifestazioni.
[5] Tali elementi, nella causa giudicata dalla Corte, sono rappresentati dal contributo del docente, dalla contemporanea presenza di docenti e partecipanti nello stesso luogo e dai servizi accessori consumati.
[6] Come già anticipato, tali modifiche devono essere implementate dagli Stati membri dell’Unione europea entro dicembre 2024.
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