A cura del Team Payroll e del Team Employment
In vigore dal 13 agosto le nuove regole in materia di congedi parentali, permessi genitoriali e prescrizioni minime relative alle condizioni di lavoro.
In data 29 Luglio 2022 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 176 il D. Lgs. n. 105 del 30 giugno 2022, attuativo della Direttiva Europea n. 2019/1158 che si prefigge di migliorare l’equilibrio tra la vita lavorativa e quella familiare dei genitori e dei prestatori di assistenza nei confronti dei soggetti disabili con l’obiettivo di perseguire una più equa condivisione delle responsabilità di cura tra uomini e donne e di promuovere un’effettiva parità di genere sia in ambito lavorativo, sia in ambito familiare.
In particolare, il suddetto decreto interviene modificando e integrando le disposizioni di legge già vigenti con riferimento alla tutela della maternità e paternità, nonché dei diritti delle persone che assistono soggetti portatori di handicap (c.d. “caregivers”).
Le nuove disposizioni normative, come di seguito brevemente sintetizzate, producono i loro effetti a decorrere dal 13 agosto u.s.
Congedo di paternità obbligatorio
La norma in esame rende strutturale il congedo della durata di 10 giorni lavorativi (20 in caso di parto plurimo) di cui sono titolati a fruire – in modo continuativo o frazionato – i lavoratori padri nel periodo che va dai due mesi precedenti al parto (o all’ingresso del minore in famiglia/in Italia in caso di adozione nazionale/internazionale) ai cinque mesi successivi. Si ricorda che, in passato, era previsto che la fruizione avvenisse entro i cinque mesi successivi al parto, senza possibilità di fruirne antecedentemente all’evento di nascita).
Il congedo, sinora previsto per i soli lavoratori dipendenti del settore privato, si applica anche ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni.
Dall’altro lato, viene abrogata la disposizione normativa che disciplina il congedo facoltativo del padre, della durata di un giorno, di cui quest’ultimo poteva usufruire in alternativa al congedo obbligatorio della madre.
Congedo parentale
Il D.Lgs. n. 105/2022 apporta significative modifiche anche alla disciplina del congedo parentale.
In particolare, al fine di offrire un reale sostegno ai nuclei monoparentali, la durata massima del congedo parentale spettante al genitore solo o con affidamento esclusivo del figlio è estesa da 10 a 11 mesi (di cui 9 indennizzabili nella misura del 30%).
Il periodo entro il quale i genitori – naturali, adottivi o affidatari, possono usufruire del congedo parentale indennizzato viene innalzato dai 6 ai 12 anni di vita del bambino.
Viene incrementata l’entità dell’indennità giornaliera prevista per i periodi di congedo parentale, in quanto la misura del 30% – rimasta invariata – si applica ora su una base di calcolo che tiene conto anche del rateo di tredicesima, nonché di premi ed eventuali ulteriori trattamenti accessori (come già avviene per l’indennizzo del periodo di congedo di maternità). Inoltre, salvo diversa previsione della contrattazione collettiva, durante la fruizione del congedo parentale, i genitori continueranno a maturare il diritto al trattamento di fine rapporto, delle ferie, permessi, mensilità aggiuntive e ogni altro elemento che non sia connesso all’effettiva presenza in servizio.
Infine, fermi restando i limiti complessivi di durata del congedo parentale di cui i genitori possono fruire, il nuovo provvedimento dispone che i mesi di congedo parentale indennizzati al 30% siano innalzati da 6 a 9. In particolare, in aggiunta ai tre mesi, non trasferibili, che spettano a ciascun genitore, si aggiunge, in alternativa tra loro, un ulteriore periodo di congedo indennizzato della durata complessiva di tre mesi, quest’ultimo non trasferibile (vedasi il Messaggio n. 3066 del 4 agosto 2022 per una chiara ripartizione dei periodi di congedo fruibili dai genitori).
Con riferimento all’operatività dei nuovi congedi, l’INPS ha chiarito che, in attesa dei necessari aggiornamenti delle procedure informatiche, gli stessi potranno essere fruiti con richiesta al proprio datore di lavoro o committente, salvo successiva presentazione della domanda telematica all’INPS.
Congedo straordinario per prestatori di assistenza
Il diritto a fruire di un congedo retribuito della durata massima di 2 anni riconosciuto ai lavoratori dipendenti conviventi di soggetti disabili in situazione di gravità accertata è esteso anche al convivente di fatto ed alla parte di un’unione civile (estensioni che, a dire il vero, erano già state riconosciute dalla Corte Costituzionale e dall’INPS).
Ai fini del riconoscimento del diritto, la convivenza potrà essere instaurata anche successivamente alla presentazione della domanda, purché sia garantita per tutta la fruizione del congedo.
Al riguardo, l’INPS specifica che, in attesa del necessario aggiornamento delle procedure per la presentazione telematica delle domande, i lavoratori potranno richiedere i permessi (di cui sotto), nonché il congedo come modificati dalla norma in esame. Tuttavia, in attesa dei necessari aggiornamenti delle procedure telematiche, il convivente di fatto che intenda fruire del congedo straordinario dovrà allegare alla domanda una dichiarazione sostitutiva di certificazione dalla quale risulti la convivenza di fatto di cui all’articolo 1, comma 36, della legge n. 76/2016 con il disabile da assistere.
Allo stesso modo, nel caso in cui la convivenza non sia ancora instaurata all’atto della presentazione della domanda, il richiedente dovrà allegare alla domanda una dichiarazione sostitutiva di certificazione da cui risulti che provvederà a instaurare la convivenza con il familiare disabile in situazione di gravità entro l’inizio del periodo di congedo richiesto e a mantenerla per tutta la durata dello stesso.
Permessi per l’assistenza ai familiari disabili in situazione di gravità
Viene sancito il divieto di discriminazione nei confronti dei lavoratori che chiedono o usufruiscono dei benefici previsti dal nostro ordinamento in relazione alla propria condizione di disabilità o di quella di coloro ai quali viene prestata assistenza e cura.
Inoltre, viene meno il principio del c.d. “referente unico dell’assistenza”, in base al quale, nel previgente sistema, ad esclusione dei genitori, cui è sempre stata riconosciuta la peculiarità del ruolo svolto, non poteva essere riconosciuta a più di un lavoratore dipendente la possibilità di fruire dei giorni di permesso per l’assistenza alla stessa persona in situazione di disabilità grave.
Il decreto in esame, infatti, stabilisce che, fermo restando il limite complessivo di tre giorni, per l’assistenza allo stesso individuo con disabilità, il diritto può essere riconosciuto – su richiesta – a più soggetti tra gli aventi diritto, i quali potranno fruirne in modo alternativo tra loro. Tra gli aventi diritto rientrano, anche in questo caso, il convivente di fatto e la parte dell’unione civile.
Come specificato dal Messaggio INPS n. 3096 del 5 agosto 2022, il venir meno del principio del “referente unico” comporta che dal 13 agosto 2022, più soggetti aventi diritto possano richiedere l’autorizzazione a fruire dei permessi in argomento alternativamente tra loro, per l’assistenza alla stessa persona disabile grave.
Priorità di accesso al lavoro agile
Coerentemente con i nuovi contenuti del Testo Unico in materia di maternità e paternità, il D.Lgs. n. 105/2022 modifica anche la normativa disciplinante il c.d. lavoro agile (Legge n. 81/2017) prevedendo il diritto di priorità, nell’accesso a tale forma di svolgimento dell’attività lavorativa, delle lavoratrici e dai lavoratori con figli fino a 12 anni di età, o senza alcun limite di età nel caso di figli in condizioni di disabilità.
La stessa priorità è riconosciuta anche alle richieste dei lavoratori c.d. “caregivers”, ovvero a coloro che si prendono cura del coniuge, dell’altra parte dell’unione civile o del convivente di fatto, di un familiare o di un affine entro il secondo grado, ovvero – nei soli casi indicati dall’articolo 33, comma 3 della Legge 5 febbraio 1992, n. 104 – di un familiare entro il terzo grado che, a causa di malattia, infermità o disabilità, anche croniche o degenerative, non sia autosufficiente e in grado di prendersi cura di sè, sia riconosciuto invalido in quanto bisognoso di assistenza globale e continua di lunga durata, o sia titolare di indennità di accompagnamento.
Diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale
Un’altra importante modifica introdotta dal decreto in esame riguarda i lavoratori che, al fine di assistere familiari affetti da patologie oncologiche o gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti, vantano il diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale. Tra gli aventi diritti vengono ora previsti anche i conviventi di fatto (la parte dell’unione civile, invece, era già prevista).
Tutela della maternità e paternità per i lavoratori autonomi e per i lavoratori iscritti alla Gestione Separata INPS
Il diritto all’indennità di maternità previsto per le lavoratrici autonome e libere professioniste è esteso anche agli eventuali periodi di astensione anticipata dal lavoro motivati da gravi complicanze della gravidanza o da persistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza stesso (c.d. “gravidanza a rischio”). In tali ipotesi, l’indennità è riconosciuta, entro i limiti massimi già previsti, anche per i 2 mesi antecedenti il parto.
Il diritto a fruire del congedo parentale viene ora riconosciuto anche al lavoratore padre autonomo (3 mesi per ciascuno dei genitori), e deve essere fruito entro entro l’anno di vita (o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento) del minore.
Infine, con riferimento ai lavoratori iscritti alla Gestione separata INPS, conformemente a quanto stabilito con riferimento ai lavoratori dipendenti, viene disposto il prolungamento del congedo parentale indennizzato che passa da 6 a 9 mesi complessivi, di cui tre mesi non trasferibili tra i genitori. Anche in questo caso, l’età del bambino entro cui spetta la relativa indennità è elevata a dodici anni.
Sanzioni
La norma dispone, infine, un inasprimento delle sanzioni previste dal nostro ordinamento nelle ipotesi in cui il datore di lavoro si rifiuti, si opponga o ostacoli l’esercizio dei diritti tutelati dal Decreto in esame. Tale violazione, se rilevata nei due anni antecedenti alla richiesta della nuova certificazione della parità di genere o di analoghe certificazioni, implica il mancato riconoscimento al datore di lavoro delle suddette certificazioni.
Ulteriori disposizioni previste dal c.d. “Decreto Trasparenza” (D. Lgs. N. 104/2022): cumulo di impieghi, prevedibilità minima del lavoro e transizione a forme di lavoro più stabili
In aggiunta a quanto segnalato con la newsletter dello scorso 3 agosto 2022, si segnalano tre ulteriori disposizioni previste dal Decreto Trasparenza.
• Cumulo di impieghi: l’art. 8 del Decreto prescrive il divieto per il datore di lavoro di impedire al dipendente di svolgere un’altra attività al di fuori dell’orario di lavoro concordato né di riservagli, per tale ragione, un trattamento sfavorevole. Fanno eccezione le ipotesi in cui l’eventuale seconda occupazione rechi pregiudizio alla salute e alla sicurezza del lavoratore (compreso il rispetto della normativa sui riposi), o non garantisca l’integrità del servizio pubblico, o ancora sia in conflitto d’interessi con l’attività principale (pur non violando il dovere di fedeltà).
• Prevedibilità minima del lavoro: l’art. 9 del Decreto prescrive che il datore di lavoro non possa imporre al lavoratore di svolgere l’attività lavorativa se l’orario di lavoro e la sua collocazione temporale non sono predeterminati; per l’effetto, è riconosciuto il diritto per il lavoratore di rifiutarsi di svolgere la prestazione, senza subire alcun pregiudizio, anche di natura disciplinare. Tale disposizione non si applica (i) se il lavoro si svolge entro ore e giorni di riferimento predeterminati, (ii) se il lavoratore è informato dal suo datore di lavoro in merito all’incarico o alla prestazione da eseguire con un ragionevole periodo di preavviso. Infine, qualora il datore di lavoro abbia previsto un numero minimo di ore retribuite garantite su base settimanale deve informare il lavoratore che le stesse sono conformi alla misura indicata dalla contrattazione collettiva e che le maggiorazioni retributive spettano in misura percentuale rispetto alla retribuzione oraria base e per le ore lavorate in aggiunta a quelle minime retribuite garantite.
• Transizione a forme di lavoro più stabili: l’art. 10 del Decreto prescrive la possibilità, per il lavoratore che abbia maturato un’anzianità di lavoro di almeno sei mesi presso lo stesso datore di lavoro o committente e che abbia completato l’eventuale periodo di prova, di richiedere al datore di lavoro (per iscritto) il riconoscimento di una forma di lavoro con condizioni più prevedibili, sicure e stabili, se disponibile. Il lavoratore che abbia ricevuto risposta negativa può presentare una nuova richiesta dopo che siano trascorsi almeno sei mesi dalla precedente. Entro un mese dalla richiesta del lavoratore il datore di lavoro o il committente forniscono risposta scritta motivata. In caso di richiesta reiterata da parte del lavoratore di analogo contenuto, le persone fisiche in qualità di datori di lavoro o le imprese che occupano fino a cinquanta dipendenti possono rispondere in forma orale qualora la motivazione della risposta rimanga invariata rispetto alla precedente.
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