Ulteriori chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate in tema di detrazione IVA nel caso di payback farmaceutico

A cura di Felice De Lillo, Davide Accorsi, Luca Ghelli e Beatrice Ottaviani

Con la Risposta ad interpello n. 440/2022 dello scorso 29 agosto 2022, l’Agenzia delle Entrate si è pronunciata con riferimento ad un caso sottoposto da un contribuente in merito alla possibilità di recuperare l’IVA inclusa nelle somme dovute a titolo di payback[1], ai sensi del D.L. n. 78/2015, in relazione alle procedure relative agli anni 2015 e 2020, per le quali, in via prudenziale, la relativa IVA non era stata portata in detrazione dal contribuente.

Il payback oggetto di interpello non è tra quelli espressamente regolati dalla Legge di bilancio per il 2018 ed in particolare dall’art. 1, comma 394, lettera a) e b), della Legge n. 205/2017[2], ma si riferisce alla riduzione di prezzo che le aziende farmaceutiche devono concedere alle regioni in particolari circostanze per consentire ad un proprio farmaco di non essere incluso nella fascia C, ovvero la fascia di prodotti per la quale il Servizio Sanitario Nazionale non rimborsa la spesa sostenuta dal cittadino. Per tale tipo di payback non risulta essere specificamente regolata, né dal diritto positivo né dalla prassi precedente, la possibilità di recupero dell’IVA. 

Attesa la poca chiarezza in materia di IVA per tale tipologia di payback, il contribuente ha prudenzialmente evitato di detrarre l’IVA sugli ammontari restituiti alle regioni e non ha quindi emesso note di credito, né ha evidenziato il relativo ammontare di IVA detraibile in alcuna dichiarazione in attesa dei chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate con la risposta in commento.

A questo proposito, l’Agenzia delle Entrate ha affermato che non è possibile estendere in via generalizzata le disposizioni regolate dalla Legge di bilancio per il 2018 e, quindi, al fine di definire l’eventuale diritto alla detrazione dell’IVA in capo al contribuente è necessario fare riferimento alle ordinarie disposizioni in tema di variazioni e detrazione ai fini dell’IVA, costituendo il payback una forma di revisione dei prezzi prevista dalla legge ed attuata tramite apposite determinazioni dell’AIFA.

Sulla scorta di ciò, la nota di variazione in diminuzione deve essere emessa entro il termine di presentazione della dichiarazione IVA dell’anno in cui si sono verificati i relativi presupposti (i.e. definitività della determina AIFA oppure definizione della lite), in ossequio alle ordinarie disposizioni previste dall’articolo 26, d.P.R. n. 633/1972.Per ciò che concerne, invece, il diritto alla detrazione dell’imposta, applicando i principi disposti dalla prassi (cfr. Circolare n. 20/E del 29 dicembre 2021), può essere esercitato al più tardi nella dichiarazione IVA riferita all’anno in cui è stata emessa la nota di variazione in diminuzione. Infatti, oltre al presupposto dell’emissione, ai fini della detrazione/recupero dell’IVA, secondo l’Agenzia delle Entrate occorre avere riguardo anche del momento di materiale emissione della nota di variazione stessa quale presupposto formale per l’esercizio del diritto (per quanto, nel caso di specie, come si vedrà di seguito, la nota di credito può non essere inviata alla controparte).

Pertanto, con riferimento al caso sottoposto dal contribuente, l’Amministrazione finanziaria esclude che “l’istante possa emettere, ad ora, note di variazione in diminuzione connesse a riversamenti che si riferiscono a determinazioni AIFA, con relativa pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, anteriori al 1° gennaio 2022”.Tuttavia, viene precisato che laddove intervenisse una sentenza che dichiara illegittimo il contenuto della determinazione emessa dall’AIFA (con conseguente rideterminazione dell’imponibile relativamente alle operazioni originarie), il termine per emettere la nota di variazione decorrerebbe da tale momento.

L’Agenzia chiarisce, inoltre, che, anche al fine di non gravare i contribuenti con adempimenti di difficile attuazione, la variazione in diminuzione possa essere effettuata in linea con quanto previsto dall’articolo 1, comma 396, della Legge di bilancio per il 2018 e, dunque, emettendo un apposito documento contabile da annotare nei registri IVA e da conservare ai sensi dell’articolo 39 del decreto IVA, nel quale indicare gli estremi dell’atto con cui l’AIFA ha determinato, in via definitiva, gli importi da versare, ovvero della sentenza con cui i giudici competenti hanno statuito sul punto (cd. “nota di credito interna”).

Da ultimo, l’Agenzia evidenzia che, nel caso di versamenti riferiti a delibere antecedenti al 1° gennaio 2022, non è precluso il ricorso alla restituzione dell’IVA ai sensi dell’art. 30-ter del d.P.R. 633/1972. In tal caso la domanda deve essere presentata entro il termine di due anni dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione (i.e. la data della determina dell’AIFA o la data delle sentenze con cui vengono rideterminati gli importi da versare). Tale possibilità sembra ammessa nel caso di specie stante le obiettive condizioni di incertezza che investivano la questione prima di tale chiarimento le quali, a detta dell’Agenzia delle Entrate, possono “superare” l’iniziale inerzia dell’Istante, dovuta anche alla pendenza del giudizio amministrativo. Tale precisazione sembra di particolare rilievo, atteso che la stessa Agenzia ha spesso rimarcato come il ricorso alla procedura ex art. 30-ter abbia carattere di specialità e non possa (se non in casi particolari) sostituirsi ai termini previsti dal citato art. 26 (si veda sul punto, tra le altre, le Risposte ad interpello n. 432 del 24 agosto 2022, n. 309 del 27 maggio 2022, n. 858 del 22 dicembre 2021, n. 762 del 4 novembre 2021).


[1] Come chiarito dall’Agenzia delle Entrate nella risposta in commento, “il c.d. “pay-back” è uno degli strumenti utilizzati nel nostro ordinamento per il governo della spesa farmaceutica […] volto, insieme agli altri, ad adeguare la spesa per l’erogazione di medicinali da parte del Servizio Sanitario Nazionale al livello di risorse finanziarie disponibili. Nelle sue varie forme ed articolazioni, tale strumento si caratterizza comunque per la restituzione da parte delle aziende di una quota dei corrispettivi percepiti per le cessioni effettuate”.

[2] In particolare, il comma in questione regola il payback relativo allo sforamento del tetto di spesa farmaceutica territoriale ed ospedaliera, nonché quello derivante delle riduzioni di prezzo del 5% e dell’1,83%.

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