Il contributo sugli extra-profitti del settore energivoro: criticità e possibili rimedi

A cura dell’Energy Team

Il decreto legge n. 21 del 21 marzo 2022 (convertito con Legge n. 51 del 20 maggio 2022) ha introdotto, con l’art. 37, una misura impositiva straordinaria, definita “contributo a titolo di prelievo solidaristico straordinario” a carico delle imprese che (i) esercitano l’attività di produzione o rivendita di energia elettrica, di gas metano o di estrazione di gas naturale, (ii) esercitano l’attività di produzione, distribuzione e commercio di prodotti petroliferi; (iii) importano a titolo definitivo energia elettrica, gas naturale o gas metano, prodotti petroliferi o che introducono nel territorio dello Stato detti beni provenienti da altri Stati dell’Unione europea. La base imponibile del detto contributo è rappresentata dall’incremento del saldo tra le operazioni attive IVA e le operazioni passive IVA, riferito al periodo dal 1° ottobre 2021 al 30 aprile 2022, rispetto al saldo del periodo dal 1° ottobre 2020 al 30 aprile 2021. Tale contributo si applica nella misura del 25 per cento nei casi in cui il suddetto incremento sia superiore a euro 5.000.000,00 e superiore al 10 per cento. Secondo quanto disposto dal Direttore dell’Agenzia delle Entrate con il Provvedimento del 17 giugno 2002, i soggetti colpiti da questo contributo avrebbero dovuto versare una prima parte (a titolo di acconto) pari al 40 per cento entro il 30 giugno scorso e il restante saldo entro il prossimo 30 novembre.

Si evidenzia inoltre come l’attuale governo Meloni abbia in programma delle rilevanti modifiche all’attuale struttura del contributo prevedendo un aumento dell’aliquota dall’attuale 25% al 35% (che secondo le stime del Ministero dell’Economia porterà alle casse dello Stato almeno 3 miliardi) e l’applicazione dello stesso sugli utili e non più sull’imponibile Iva.

Le sentenze gemelle nn. 15217, 15216, 15215, 15214 emesse dal TAR del Lazio

Lo scorso 16 novembre il TAR del Lazio si è pronunciato sui ricorsi proposti da alcune società operanti nel settore dell’energia avverso il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate (con il tentativo di veicolare in questo modo una domanda di illegittimità costituzionale della norma in questione). Nonostante tale tentativo non abbia sortito l’effetto sperato dalle società ricorrenti, avendo il TAR rigettato i ricorsi dichiarandosi nel caso di specie privo di potestas iudicandi  (per mancato riscontro della natura di atto generale amministrativo o regolamento nel provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate), le sentenze gemelle hanno, innanzitutto, rilevato la natura tributaria del contributo in questione. In particolare, hanno riconosciuto la sussistenza di tutti gli elementi tipizzanti la detta natura tributaria, ossia:

  • la matrice legislativa;
  • la doverosità della prestazione verso l’ente;
  • l’obbligatorietà della prestazione;
  • il nesso diretto con la spesa pubblica;
  • la circostanza che il contributo colpisca un indice di capacità contributiva; e, infine,
  • la finalità del contenimento dell’aumento dei prezzi e delle tariffe.

Inoltre, il TAR ha evidenziato come, proprio in virtù della natura di tributo riconosciuta in capo al contributo in questione, la giurisdizione in futuro sarà certamente del giudice tributario (attualmente non competente per assenza di un atto avente natura impositiva). Pertanto, sarà in queste sede che, eventualmente, il contribuente potrà far valere le proprie ragioni circa l’illegittimità del contributo, evidenziando, altresì, le criticità della norma sotto il profilo costituzionale, provando, tra l’altro, a convincere il giudice a rimettere la questione alla Corte costituzionale per violazione del principio di uguaglianza (art. 3 Cost.) e di capacità contributiva (art. 53 Cost.). A tal riguardo, si evidenzia che la norma in questione, per come strutturata, può colpire non soltanto gli extraprofitti conseguiti dagli operatori del settore ma l’intero profitto comportando così un trattamento differenziato tra gli operatori del settore oltre ad una possibile distorsione del mercato. Inoltre, la prevista indeducibilità ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP si porrebbe in contrasto, oltre che con il principio di capacità contributiva, anche con i principi di ragionevolezza e coerenza, in quanto ogni costo inerente il profitto dovrebbe essere ritenuto deducibile. Infine, si segnala che per alcune società operanti nel settore energivoro (i.e. produttori di fonti rinnovabili) per le quali sussiste già l’obbligo di retrocedere al GSE i ricavi eccedenti il prezzo di riferimento, così come stabilito dall’art. 15-bis del Decreto “Sostegni-ter”, questo contributo potrebbe configurarsi come un onere ulteriore generando una discriminazione di trattamento rispetto agli altri players del settore.

Per concludere

Sussistono alcune criticità della struttura del contributo in questione che fanno sorgere dubbi sulla legittimità del medesimo. Il contribuente potrebbe quindi eccepire tali criticità in sede tributaria (provando anche a far rimettere la questione di legittimità costituzionale della norma alla Corte Costituzionale) impugnando: l’atto impositivo, in caso di omesso o insufficiente versamento del contributo nei termini di legge, o il diniego espresso o tacito ad una istanza di rimborso, ove la Società abbia versato o decida di versare il contributo.

Al di là delle perplessità insite nel calcolo del contributo in questione sui dati rinvenibili nelle liquidazioni periodiche IVA (che non sono necessariamente allineate con i profitti effettivamente conseguiti), la strada del contenzioso tributario va valutata caso per caso, considerando di volta in volta l’applicabilità di principi derivanti dalla Costituzione e/o dal diritto dell’Unione. 

A titolo di puro esempio, potrebbe rappresentare una strada percorribile per quelle società che nel periodo interessato dal prelievo in questione hanno avuto un incremento dei profitti dovuto ad altri fattori, quali ad esempio le dismissioni di asset, oppure che non hanno potuto tenere in considerazione elementi ulteriori che si pongono al di fuori dal campo applicativo dell’IVA (sulle cui liquidazioni il contributo in esame viene calcolato) come i differenziali negativi su derivati e quindi non solo per l’aumento dei prezzi dell’energia elettrica.

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