Gennaio 2023: cosa cambia nel processo civile italiano

A cura di Elisabetta Caccavella, Alessandra Annicchino e Francesca Rottino

Il Decreto Legislativo n. 149/2022, emanato in attuazione della Legge delega n. 206/2021, ha operato una consistente riforma della giustizia civile da realizzarsi in diversi tempi secondo quanto recentemente previsto dalla Legge n. 197/2022.

Le nuove disposizioni normative sono entrate in vigore, in parte, il 1° gennaio scorso, mentre quelle più consistenti saranno applicabili in due tempi, dal 28 febbraio 2023 e dal 30 giugno 2023.

I principali obiettivi perseguiti sono la semplificazione e l’accelerazione del processo civile, al fine di garantire una tutela giurisdizionale effettiva.

Fra le novità in vigore a partire dal 1° gennaio 2023, si annoverano:

  • l’incremento della digitalizzazione nell’amministrazione della giustizia con la previsione di depositi solo telematici;
  • la possibilità generalizzata di svolgere le udienze civili con collegamenti audiovisivi a distanza (ossia “da remoto”) o di sostituirle con il deposito di note scritte;
  • l’abolizione dell’udienza di comparizione per il giuramento del consulente tecnico d’ufficio, sostituita da una dichiarazione sottoscritta dal consulente con firma digitale recante il giuramento;
  • l’abolizione della c.d. “sezione filtro” della Corte di Cassazione e la riformulazione del procedimento di ammissibilità dei ricorsi;
  • la possibilità per il giudice di rivolgersi direttamente alla Corte di Cassazione per la risoluzione di alcune questioni di diritto pregiudiziali;
  • alcune innovazioni in tema di revocazione delle sentenze.

Depositi telematici

In materia di processo civile telematico, il legislatore è intervenuto, da un lato, cristallizzando le norme emanate in via d’urgenza durante la pandemia da Covid-19, dall’altro lato, introducendo alcune importanti novità.

Fra queste, viene generalizzato l’obbligo del deposito telematico di tutti gli atti ed i documenti di causa per i procedimenti pendenti davanti al Tribunale, alla Corte d’Appello ed alla Corte di Cassazione.

Dal 1° gennaio 2023, dunque, solo in caso di malfunzionamento dei sistemi informatici, potrà essere ammesso ed autorizzato il deposito cartaceo di atti e documenti di causa.

Udienze tenute da remoto o sostituite dalla trattazione scritta

Muta anche lo svolgimento delle udienze stesse. Con l’introduzione degli artt. 127, terzo comma, 127 bis e 127 ter c.p.c. vengono, infatti, formalizzate due modalità alternative di svolgimento dell’udienza, già testate durante il periodo emergenziale e che hanno trovato largo favore anche successivamente.

 Al giudice viene data la possibilità di disporre lo svolgimento dell’udienza mediante collegamenti audiovisivi a distanza (ossia “da remoto”) o la sostituzione della stessa con il deposito di note scritte (art. 127, terzo comma, c.p.c.) nel rispetto di alcune specifiche condizioni (artt. 127 bis e 127 ter c.p.c.).

In particolare, la possibilità di disporre udienze da remoto o in modalità scritta viene ammessa solo laddove non sia necessaria la presenza di soggetti terzi rispetto ai difensori, alle parti, al pubblico ministero e agli ausiliari del giudice (ad esempio, l’udienza quindi dovrà sempre svolgersi in presenza in caso di partecipazione dei testimoni). La possibilità per il giudice di sostituire l’udienza in presenza con quella scritta si trasforma in obbligo, quando la relativa richiesta venga formulata da tutte le parti costituite.

Al fine di contemperare poi le diverse esigenze che possono essere presentate dalle parti, l’art. 127 bis c.p.c. prevede la possibilità che sia disposta una “udienza mista”, ovvero in presenza per le parti che ne hanno fatto richiesta e con collegamento audiovisivo per le altre.

Giudizio dinanzi alla Corte di Cassazione

Quanto al giudizio dinanzi alla Corte di Cassazione, a partire dal 1° gennaio 2023 è stata modificata la modalità con la quale veniva effettuato il c.d. “filtro” in Cassazione.

L’art. 376 c.p.c. (in vigore fino al 31 dicembre 2022) prevedeva, infatti, che tutti i ricorsi presentati in Cassazione – ad eccezione di quelli di competenza delle Sezioni Unite a norma dell’art. 374 c.p.c. – siano indirizzati ad una sezione ad hoc, c.d. “sezione filtro”, affinché ne valutasse il solo profilo di ammissibilità, nonché di manifesta fondatezza o infondatezza. I ricorsi non dichiarati inammissibili tornavano al Primo Presidente il quale provvedeva ad assegnarli ad una delle Sezioni semplici affinché fossero decisi.

La riforma è intervenuta di fatto abolendo la “sezione filtro” e sostituendola con un procedimento accelerato per la definizione dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, affidato al medesimo giudice cui viene assegnata la decisione della causa. In particolare, se il giudice – c.d. “giudice filtro” – ravvisa profili di inammissibilità / improcedibilità o infondatezza, lo comunica alle parti lasciando però loro la possibilità di richiedere la fissazione di una camera di consiglio o, alternativamente, di rinunciare al ricorso.

La decisione di rinunciare al ricorso è incentivata escludendo, per la parte che rinuncia, il pagamento di una sanzione. Tale sanzione (pari al valore del contributo unificato dovuto per l’impugnazione che varia sulla base del valore della causa) sarà invece dovuta dalla parte che decida di richiedere comunque la valutazione del ricorso in camera di consiglio e il cui ricorso risulti inammissibile.

Tra le altre novità in vigore dal 1° gennaio 2023 vi è l’introduzione del nuovo articolo 363 bis c.p.c., rubricato “rinvio pregiudiziale”.

Il giudice di merito, che deve decidere una particolare questione di diritto sulla quale ha preventivamente provocato il contraddittorio tra le parti, può sottoporre direttamente la questione alla Corte di Cassazione.

Ovviamente tale possibilità non è generalizzata, ma tale rinvio può avvenire solo quando la questione di diritto sia necessaria per la definizione del giudizio e non sia ancora stata risolta dalla Corte di Cassazione in pregresse pronunce, nonché quando presenti sostanziali difficoltà interpretative o sia suscettibile di ripresentarsi in numerosi giudizi.

Revocazione delle sentenze

La revocazione è un rimedio straordinario che permette di impugnare le sentenze emesse sulla base di presupposti errati, anche se già passate in giudicato.

La riforma introduce una nuova disposizione, l’art. 391 quater c.p.c., il quale prevede una nuova ipotesi di revocazione del giudicato civile, laddove siano state riscontrate violazioni della Convenzione europea dei diritti dell’uomo accertate dalla Corte europea, che abbiano procurato un pregiudizio ad un diritto di stato della persona (ossia tutti quei diritti, pubblici e privati, attinenti alla persona).

L’azionabilità di tale rimedio è stata circoscritta al ricorrere di due condizioni:

  • la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha riconosciuto il diritto del ricorrente ad una “equa indennità”;
  • tuttavia, tale indennità sia in concreto inidonea a compensare del tutto il ricorrente rispetto alle conseguenze della violazione riscontrata.

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