A cura di Davide Accorsi, Stefano Luigi Airaghi e Paola Bramato
Con le recenti risposte ad Interpello n. 51 e 58, pubblicate lo scorso 17 gennaio 2023, l’Agenzia delle entrate è tornata ad esprimersi in materia di vendite a distanza intracomunitarie e regime One Stop Shop (c.d. “OSS”).
Con la risposta ad interpello n. 51, l’Agenzia delle entrate ha esaminato l’istanza di una casa di moda che effettua vendite a distanza verso consumatori finali nell’Unione europea (di seguito “UE”) tramite un modello di business articolato, c.d. “omnichannel”, che implica il coinvolgimento di proprie boutique, piattaforme elettroniche e società terze e che ha superato la soglia di 10.000 euro prevista.
Più precisamente, l’istante ha prospettato tre possibili scenari.
Caso 1
Nel primo caso, i clienti tedeschi, consumatori finali, acquistano beni tramite piattaforma elettronica o presso la boutique italiana dell’istante. In entrambi i casi i beni vengono inviati dal magazzino italiano dell’istante o dalla boutique italiana al domicilio degli acquirenti in Germania.
Sul punto, l’Agenzia delle entrate conferma che, non operando la disciplina del fornitore presunto (sebbene la cessione venga facilitata da una piattaforma elettronica, il fornitore è un soggetto passivo stabilito nella UE) ed essendo rispettata la condizione del trasporto dei beni in un altro Stato membro a cura del fornitore, sussistono le condizioni per qualificare tali operazioni come vendite a distanza intracomunitarie. Pertanto, gli adempimenti IVA connessi potranno essere assolti tramite OSS previo esercizio dell’opzione tramite registrazione al relativo portale web in Italia.
L’Agenzia delle entrate non ha ritenuto di potersi esprimere nell’ipotesi inversa, ovvero nel caso in cui il fornitore sia stabilito in Germania e il consumatore finale in Italia, in quanto ciò esula dalle competenze dall’Agenzia delle entrate italiana.
In proposito, in ragione dell’obbligo degli Stati membri di garantire il recepimento e l’applicazione uniforme alle disposizioni unionali, è tuttavia ragionevole giungere a conclusioni analoghe, ovvero che il fornitore tedesco possa dichiarare le menzionate vendite tramite OSS in Germania.
Caso 2
Nel secondo caso, i clienti francesi, consumatori finali, acquistano beni tramite piattaforma elettronica. I beni sono precedentemente ceduti all’istante da una società tedesca del medesimo gruppo e sono spediti da un magazzino dell’istante situato in Germania ai clienti finali in Francia. Il trasporto è curato da una società di spedizioni terza su incarico dell’istante, che è munito di proprio identificativo IVA tedesco.
In questo caso l’Agenzia delle entrate ha confermato che la circostanza che i beni siano spediti in Francia dal magazzino dell’istante non osta alla qualifica dell’operazione come vendita a distanza intracomunitaria e, pertanto, rispetto a tali operazioni è possibile assolvere l’imposta francese tramite il regime speciale OSS in Italia.
La cessione tra la società tedesca e l’istante, invece, non può che essere qualificata come cessione domestica in Germania trovandosi i beni nel territorio tedesco.
Caso 3
Nell’ultimo caso prospettato, i clienti francesi, consumatori finali, acquistano beni tramite piattaforma elettronica. In particolare, nel momento in cui i clienti effettuano l’ordine online, l’istante acquista i beni dalla società tedesca del gruppo e li vende contestualmente ai clienti francesi. I beni sono spediti ai clienti in Francia da uno dei negozi o dal magazzino tedesco di proprietà della società tedesca con trasporto a cura dell’istante italiano. L’istante, chiede se può aderire al regime OSS, registrandosi al portale in Italia, per assolvere l’imposta relativa ai beni venduti ai clienti finali francesi e chiede, altresì, come qualificare ai fini IVA la cessione “flash title” tra la società tedesca e l’istante.
L’Agenzia delle entrate, ritenendo che nello scenario descritto l’istante non possa beneficiare delle semplificazioni previste dal regime speciale OSS, chiarisce che l’operazione debba essere scomposta in tre distinte operazioni:
- la prima cessione tra la società tedesca e l’istante, che costituisce una vendita locale in Germania;
- il trasferimento di beni propri dell’istante dalla Germania alla Francia, che costituisce una cessione intracomunitaria assimilata con la conseguenza che l’istante è tenuto ad identificarsi ai fini IVA in Francia per rilevare l’acquisto intracomunitario assimilato; e
- la cessione ai consumatori finali francesi che costituisce una vendita locale in Francia.
A tal riguardo, è opportuno sottolineare che la risposta dell’Agenzia delle entrate sembra essere in contrasto con quanto chiarito dal Working Paper n. 1040 del comitato IVA citato dalla stessa Agenzia nella menzionata risposta ad interpello come documento a cui il chiarimento dovrebbe allinearsi.
Sul punto, il citato Working Paper chiarisce che “si potrebbe verificare una vendita a distanza intracomunitaria di beni in alcune operazioni a catena B2B2C in cui il trasporto è effettuato da o per conto del secondo cedente (che si considera promotore ai sensi dell’articolo 36 bis, paragrafo 3, della direttiva IVA) e inoltre tale promotore (i) è registrato ai fini IVA nello Stato membro da cui i beni sono spediti o trasportati e (ii) non comunica al suo fornitore un numero di partita IVA assegnatogli da uno Stato membro diverso da quello da cui i beni sono spediti o trasportati. In tal caso, la prima cessione tra le due imprese (il primo cedente e il promotore) sarà una cessione domestica nello Stato membro 1 seguita da una vendita a distanza intracomunitaria di beni che il promotore deve dichiarare nell’OSS dell’Unione se ha optato per la registrazione in tale regime”.
Tale apparente incongruenza potrebbe essere giustificata dal fatto che la casa di moda non sembra aver sottolineato nell’istanza la possibilità di poter utilizzare una propria partita IVA in Germania, comunicandola al proprio fornitore (i.e., la società tedesca del gruppo).
A parere di chi scrive, il trattamento IVA dell’operazione descritta, nel caso in cui la società italiana comunichi la propria partita IVA tedesca alla società tedesca del gruppo, dovrebbe essere allineato a quanto chiarito dal menzionato Working Paper. Pertanto, l’utilizzo dell’OSS dovrebbe essere consentito anche per questa operazione, garantendo così la finalità semplificativa delle riforme introdotte dall’UE in materia di e-commerce.
Infine, con la risposta n. 58 del 17 gennaio 2023, l’Agenzia delle entrate ha confermato che, ricorrendo i requisiti per l’opzione al regime OSS, una società non residente e senza stabile organizzazione in Italia è tenuta ad iscriversi allo sportello OSS UE dello Stato membro di stabilimento, a nulla rilevando la circostanza che in un diverso Stato membro (nel caso in commento, l’Italia) sia presente una logistica, appartenente a terzi, dalla quale la società spedisce i beni ai relativi acquirenti. Restano, in ogni caso, escluse dal predetto regime le vendite a distanza nazionali e, cioè, le cessioni di beni che si trovano nello stesso Stato membro dell’acquirente al quale vengono inviate, a meno che esse non risultino facilitate mediante l’utilizzo di una piattaforma elettronica come previsto dall’articolo 74 sexies, comma 4, lett. d) del d.P.R. n. 633/1972. Nel caso in esame, in particolare, una volta iscrittasi allo sportello OSS UE del Paese di stabilimento (Irlanda), la società istante indicherà nella relativa dichiarazione IVA OSS solo le vendite a distanza intracomunitarie effettuate. Al contrario, le vendite in Italia dei beni ivi stoccati presso la logistica di terzi si configurano quali cessioni nazionali e dovranno essere incluse nella dichiarazione IVA italiana, previa identificazione della società istante.
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