A cura di Davide Accorsi, Stefano Luigi Airaghi e Cristina Mosca
Con la risposta n. 230/2023, dello scorso 1 marzo 2023, l’Agenzia delle Entrate ha fornito riscontro all’istanza d’interpello presentata da una società che opera nel settore del packaging flessibile e che, in particolare, realizza buste in vari materiali, idonei a contenere alimenti allo stato solido e liquido, personalizzabili a seconda delle esigenze dei clienti, con riguardo ad esempio al formato, agli accessori o alla grafica.
La società istante dispone di un sito web tramite il quale i clienti, principalmente soggetti passivi UE, possono configurare online i prodotti e concludere l’ordine direttamente dal sito. Le forniture di beni sono realizzate con trasporto a cura della società istante per lo più tramite corrieri. Considerato che la transazione avviene telematicamente e la consegna fisica della merce viene eseguita tramite i canali tradizionali, l’attività in questione rientrerebbe nella fattispecie del commercio elettronico indiretto.
Nel contesto sopra descritto, l’istante pone all’attenzione dell’amministrazione finanziaria il fatto che, nel corso del 2022, alcuni clienti localizzati in altri Paesi dell’Unione europea (di seguito anche “UE”) verso cui le merci sono spedite dall’Italia, al momento della conclusione dell’ordine, hanno comunicato un numero identificativo non iscritto nella banca dati VIES.
A tal proposito, la società istante chiede chiarimenti sulla corretta interpretazione del combinato disposto degli artt. 38-bis, 40 e 41 del D.L. n. 331/1993 e, nello specifico, se:
- le vendite realizzate nei confronti di cessionari che hanno comunicato un identificativo IVA non iscritto al VIES, siano da qualificare come vendite a distanza intracomunitarie non imponibili in Italia ai sensi dell’art. 41, comma 1, lett. b), D.L. n. 331/1993 e soggette a tassazione nel paese di destino, oppure come cessioni intracomunitarie da assoggettare ad IVA in Italia;
- ai fini di determinare lo status di soggetto passivo IVA dei propri clienti stabiliti in altri Stati UE, possa fare affidamento sulle informazioni contenute nella citata banca dati VIES.
Per poter fornire un riscontro ad entrambi i quesiti, l’Agenzia delle Entrate, in primis richiama i requisiti che devono sussistere per poter qualificare un’operazione come cessione intracomunitaria non imponibile ai sensi dell’art. 41, comma 1, lett. a), D.L. n. 331/1993. Nello specifico, le condizioni che devono necessariamente essere rispettate sono le seguenti:
- la soggettività passiva ai fini IVA in diversi Stati dell’UE del cedente e del cessionario;
- il trasferimento del diritto di proprietà o di altro diritto reale sui beni;
- l’onerosità dell’operazione;
- l’effettiva movimentazione dei beni dall’Italia verso un altro Stato membro UE.
A tali condizioni, vanno poi ad aggiungersi anche quelle previste dall’art. 41, comma 2-ter, D.L. n. 331/1993, che richiede altresì:
- la comunicazione da parte del cessionario del proprio numero di identificazione IVA in altro Stato UE al cedente; e
- la compilazione o la giustificazione dell’incompleta o mancata compilazione degli elenchi Intrastat da parte del cedente.
Sul punto, l’Agenzia delle Entrate osserva come la Commissione Europea, con le Note esplicative del dicembre 2019 riguardanti le modifiche del sistema dell’IVA nell’UE apportate dalla direttiva “quick fixes”, al paragrafo 4.3.4, abbia chiarito che “ai fini dell’articolo 138 della Direttiva IVA è rilevante solo il numero di identificazione IVA che dispone di un prefisso con cui può essere identificato lo Stato membro che lo ha attribuito. Questo è l’unico numero di identificazione IVA che lo Stato membro di identificazione include nella banca dati VIES e quindi l’unico numero di identificazione IVA che il cedente è in grado di verificare”.
Alla luce di quanto sopra, ne consegue che, come nella fattispecie oggetto d’interpello, la mancata comunicazione da parte del cessionario al proprio fornitore di un numero di partita IVA iscritto alla banca dati VIES, comporta l’impossibilità di beneficiare del regime di non imponibilità IVA sopra descritto e, quindi, l’imponibilità ai fini IVA in Italia della relativa cessione.
Ad avviso dell’Amministrazione finanziaria, dunque, nel caso di specie non trova applicazione la disciplina prevista dall’art. 38bis, D.L. n. 331/1993, in base alla quale per vendite a distanza intracomunitarie di beni si intendono le cessioni di beni spediti o trasportati dal fornitore o per suo conto, anche quando il fornitore interviene indirettamente nel trasporto o nella spedizione dei beni, a partire da uno Stato membro diverso da quello di arrivo della spedizione o del trasporto a destinazione di:
- persone fisiche non soggetti d’imposta;
- organismi internazionali e consolari individuati in conformità della Direttiva 2006/112/CE, corrispondente all’art. 72, comma 2, d.P.R. n. 633/1972;
- con esclusione dei beni soggetti ad accisa, di cessionari non tenuti ad applicare l’imposta sugli acquisti intracomunitari e che non hanno optato per l’applicazione della stessa. Come precisato al paragrafo 3.2.5 delle Note esplicative sulle norme sull’IVA nel commercio elettronico, pubblicate a settembre 2020, vi sono inclusi: i) soggetti passivi che effettuano unicamente cessioni di beni o prestazioni di servizi che non danno loro alcun diritto a detrazione; ii) soggetti passivi assoggettati al regime comune forfettario per i produttori agricoli; iii) soggetti passivi assoggettati al regime del margine per i beni d’occasione; e iv) enti non soggetti passivi (altresì noti come il “gruppo dei 4”).
Ciò nell’assunto che i cessionari della società istante non appartengano ad alcuna delle categorie sopra menzionate (non siano, ad esempio, soggetti passivi assoggettati al regime forfettario previsto per i produttori agricoli che non hanno optato per l’applicazione dell’IVA sugli acquisti intracomunitari e la cui partita IVA non risulta, per tale ragione, inserita nel VIES), considerato che dall’istanza presentata non è riscontrabile alcuna circostanza di senso contrario.
Infine, evidenziando che “l’istante non avrebbe specificato rispetto a quale disposizione tributaria rileverebbe lo status del cessionario oggetto della richiesta di chiarimenti”, l’Agenzia delle Entrate risolve la seconda questione, dichiarandola assorbita nella risposta fornita alla prima. In particolare, aggiunge l’Agenzia delle Entrate, la comunicazione, da parte del cessionario, del numero identificativo IVA iscritto nell’archivio VIES assume, nei termini anzidetti, valenza sostanziale, alla luce del nuovo articolato normativo unionale e interno (i.e. art. 41, comma 2ter, D.L. n. 331/1993 e art. 138 della Direttiva 2006/112/CE, come modificato dalla Direttiva UE 2018/1910 del Consiglio del 4 dicembre 2018), ai fini dell’applicazione del regime di non imponibilità alla cessione (intracomunitaria) di cui al citato art. 41, comma 1, lett. b), D.L. n. 331/1993.
La risposta fornita a tale ultimo quesito, tuttavia, non sembra essere completamente chiara. In particolare, per via del richiamo all’art. 41, comma 1, lett. b), D.L. n. 331/1993, sembrerebbe che l’Agenzia delle Entrate ritenga che l’iscrizione all’archivio VIES dell’identificativo IVA del cessionario sia rilevante non solo ai fini della non imponibilità delle cessioni intracomunitarie, ma anche ai fini della non imponibilità delle vendite a distanza intracomunitarie, quantomeno nei casi in cui il cessionario rientri in una delle categorie riservate ai soggetti passivi tra quelle previste dall’art. 38bis del D.L. n. 331/1993.
Tuttavia, considerato che le condizioni di iscrizione al VIES della partita IVA del cessionario e della predisposizione degli elenchi Intrastat da parte del cedente previste dall’articolo 41, comma 2-ter, D.L. n. 331/1993 sono applicabili solamente alle cessioni di cui al comma 1, lettera a), ed al comma 2, lettera c), del medesimo articolo, ma non anche a quelle di cui al comma 1, lettera b), sembrerebbe più corretto concludere che l’iscrizione al VIES (così come la compilazione degli elenchi Intrastat) non sia mai necessaria ai fini della non imponibilità in caso di vendite a distanza intracomunitarie, nemmeno qualora il cessionario rientrasse in una delle categorie riservate ai soggetti passivi tra quelle previste dall’art. 38bis, D.L. n. 331/1993.
In ogni caso, la ricezione di un numero identificativo IVA del cessionario, la cui validità non sia confermabile a seguito dell’interrogazione dell’archivio VIES, non sembrerebbe essere una condizione sufficiente affinché il cedente possa considerare che il proprio cliente abbia lo status di persona non soggetto passivo, come invece potrebbe accadere, ai sensi dell’articolo 18, comma 2, secondo periodo del regolamento UE n. 282/2011, per i prestatori di servizi di telecomunicazione, di teleradiodiffusione e prestati tramite mezzi elettronici.
A tal riguardo, dalla risposta dell’Agenzia delle Entrate non emergono chiarimenti circa le modalità con cui, in caso di vendite a distanza intracomunitarie, il cedente possa verificare e comprovare se un proprio cliente non sia un soggetto passivo e, pertanto, considerare la cessione non imponibile ai fini IVA in Italia ed applicare l’IVA nello Stato membro UE di destinazione dei beni.
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