A cura di Davide Accorsi, Stefano Luigi Airaghi e Tommaso Costa
Con la risposta n. 253/2023, dello scorso 17 marzo 2023, l’Agenzia delle Entrate ha fornito riscontro all’istanza d’interpello presentata da una società stabilita nell’Unione Europea (di seguito, ”UE”) che, nel periodo d’imposta 2016-2021, ha effettuato, tra le altre, prestazioni di servizi elettronici ai sensi dell’articolo 7 del Regolamento di esecuzione (UE) n. 282/2011, verso committenti non soggetti passivi, assoggettando erroneamente ad IVA tali operazioni nel proprio Stato di stabilimento anziché nel luogo in cui il cessionario è stabilito oppure ha l’indirizzo permanente o la residenza abituale, come previsto dell’art. 58 della Direttiva 2006/112/CE.
Riferendo di aver aderito al regime One Stop Shop (c.d. “OSS”) dal 1° gennaio 2022, la società istante chiedeva autorizzazione a pagare l’IVA dovuta per il periodo 20162021 mediante la prima dichiarazione OSS utile, evitando di registrarsi in Italia.
Con il proprio parere, l’Agenzia delle Entrate osserva come il legislatore italiano abbia recepito la Direttiva 2008/8/CE con il D.lgs. n. 42/2015 e che, con lo stesso decreto, è stato anche reso operativo in Italia, a partire dal 1° gennaio 2015, il regime speciale Mini One Stop Shop (c.d. “MOSS”), che offriva, ai soggetti che effettuano prestazioni di servizi di telecomunicazione, di teleradiodiffusione ed elettronici (anche noti come “TTE”) nei confronti di consumatori finali (B2C) domiciliati all’interno dell’UE, la possibilità di identificarsi in un unico Stato membro al fine di adempiere agli obblighi relativi all’assolvimento dell’IVA per le prestazioni rese in ciascuno Stato membro.
Successivamente, con il D.lgs. n. 83/2021, sono state recepite le disposizioni introdotte dalla Direttiva 2017/2455/UE e dalla Direttiva 1995/2019/UE riguardanti le regole IVA applicabili all’ecommerce transfrontaliero B2C, comportando l’estensione del MOSS (inizialmente operante limitatamente alle prestazioni di servizi “TTE”) anche alle seguenti operazioni:
- cessioni a distanza intracomunitarie di beni;
- vendite a distanza di merci importate da territori terzi o Paesi terzi;
- cessioni domestiche di beni facilitate da piattaforme;
- forniture di servizi da parte di soggetti passivi non stabiliti all’interno dell’UE o da soggetti passivi stabiliti nell’UE ma non nello Stato membro di consumo.
Tramite il nuovo sportello unico, che comprende i regimi c.d. “OSS” e “iOSS” (i.e., import One Stop Shop), risulta quindi possibile dichiarare e versare l’IVA relativa alle vendite intraunionali di beni e servizi solo nello Stato membro di registrazione.
Tuttavia, ai sensi dell’art. 57-quinquies, comma 1 del Regolamento di esecuzione (UE) n. 282/2011, l’adesione ha effetto solo dall’inizio del trimestre successivo all’iscrizione al portale. La sola eccezione prevista riguarda la prima operazione rilevante ai fini del regime in esame, per la quale è ammessa la fruizione ”anticipata” (rectius, sin dal momento della sua effettuazione) del regime speciale “purché il soggetto passivo comunichi allo Stato membro di identificazione l’inizio delle proprie attività rientranti nel regime entro il decimo giorno del mese successivo a detta prima cessione o prestazione”.
Analogamente, la Direttiva 2006/112/CE, nel disciplinare termini e contenuto delle dichiarazioni IVA (articoli 364 e ss.), fa riferimento alle sole cessioni e prestazioni, rientranti nei regimi speciali, effettuate nel corso del periodo d’imposta. Coerentemente, l’art. 74-sexies del d.P.R. n. 633/1972 dispone che le dichiarazioni presentate dai soggetti aderenti ai regimi speciali debbano riportare l’ammontare delle operazioni “effettuate nel periodo di riferimento”.
Per le ragioni appena descritte, l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto non percorribile la soluzione proposta dalla società istante di regolarizzare il debito IVA relativo alle prestazioni di servizi elettronici rese nel periodo 20162021 a privati consumatori stabiliti nello Stato utilizzando il regime OSS.
Inoltre, l’Agenzia delle Entrate specifica che alle violazioni commesse nell’ambito del regime speciale MOSS si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie contenute nel D.lgs. n. 472/1997.
A tal proposito, nella circolare n. 22/E del 26 maggio 2016, l’Agenzia delle Entrate aveva già chiarito che “il soggetto passivo non residente, con riferimento alle operazioni effettuate nel territorio nazionale, possa sanare l’omessa o tardiva presentazione della dichiarazione trimestrale, nonché l’omesso o tardivo versamento dell’IVA avvalendosi dell’istituto del ravvedimento operoso di cui all’articolo 13 del d.lgs. n. 472 del 1997. Resta inteso che, ai fini della regolarizzazione della violazione commessa, il soggetto passivo non residente dovrà versare l’imposta allo Stato di identificazione, mentre gli interessi e le sanzioni ridotte calcolati sulla parte di imposta dovuta per le operazioni effettuate nel territorio dello Stato direttamente all’Italia, quale Stato membro di consumo”.
Pertanto, la società istante dovrebbe verificare con il proprio Stato di identificazione la possibilità di una tardiva iscrizione al MOSS, finalizzata a regolarizzare l’imposta dovuta in Italia, nei limiti di quanto ammesso dal citato articolo 13 del d.lgs. n. 472/1997.
Se la registrazione tardiva fosse possibile, la società istante potrebbe versare l’imposta nel proprio Stato di stabilimento, tramite (M)OSS, e versare interessi e sanzioni ridotte in Italia mediante Modello F24, previa acquisizione di un codice fiscale italiano (senza identificazione ai fini IVA).
Qualora, invece, tale opzione di registrazione tardiva non fosse percorribile, per effettuare i predetti adempimenti, contabili e di versamento, la società istante dovrà registrarsi ai fini IVA in Italia secondo quanto previsto dagli articoli 17, comma 3 e 35-ter del d.P.R. n. 633/1972.
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