Tutela autoriale e registrazione come marchio di claim pubblicitari
A cura di Paola Furiosi e Sara Renon
Due recenti pronunce della Suprema Corte di Cassazione (Cass., sez. I, n. 8276 del 14 marzo 2022; Cass. sez. I, n. 37697 del 23 dicembre 2022) in tema di proteggibilità di slogan pubblicitari ci offrono uno spunto di riflessione in merito a questo stratagemma di marketing e alle forme di tutela applicabili, anche in considerazione degli investimenti economici, spesso ingenti, sottesi all’ideazione di claim di successo.
Le società ricorrono ad uno slogan quando vogliono che il consumatore associ ai loro prodotti o servizi un motivo accattivante, ad effetto, facile da memorizzare e con la capacità di imprimersi nella memoria del pubblico più del nome stesso del prodotto o del logo scelto per identificarlo.
Come proteggere, da un punto di vista legale, uno slogan e quali sono gli strumenti che l’ordinamento italiano offre a sua tutela?
In primo luogo, uno slogan può, a determinate condizioni, rientrare tra le opere dell’ingegno protette ai sensi della Legge sul Diritto d’Autore (L. 633/1941).
Come è noto, il diritto d’autore protegge le opere aventi carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro ed alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione (art. 2 L. 633/1941). La tutela autoriale non è subordinata a forme di registrazione, ma sorge nel momento stesso della creazione dell’opera in capo al suo autore, a condizione che questa abbia i requisiti richiesti dalla Legge sul Diritto d’Autore. In particolare, tale tutela è riconosciuta laddove l’opera sia espressione intellettuale dell’autore e della sua personalità e l’idea dell’autore sia espressa in una creazione nuova ed originale (l’idea in sé, infatti, non è suscettibile di tutela poiché il diritto d’autore protegge solo l’espressione di un’idea).
Sebbene la dottrina e la giurisprudenza pacificamente ammettano la tutela autoriale di uno slogan pubblicitario, affinché un claim possa essere considerato un’opera dell’ingegno ai sensi della Legge sul Diritto d’Autore è necessario che soddisfi alcuni requisiti: deve essere dotato di un minimo carattere creativo e, dunque, non deve essere meramente finalizzato alla presentazione al pubblico del prodotto commercializzato.
Proprio in tema di carattere creativo di uno slogan è particolarmente interessante una delle pronunce della Suprema Corte sopra menzionate (Cass., sez. I, n. 8276 del 14 marzo 2022) che, nello specifico, ha avuto ad oggetto una pratica estremamente diffusa a livello di marketing, ovvero quella di utilizzare all’interno di uno slogan pubblicitario un marchio noto, per sfruttarne la capacità attrattiva sui consumatori.
A riguardo, la Cassazione, condividendo la posizione del giudice di merito, ha statuito che la rivendicazione ai sensi dell’articolo 2 della Legge sul Diritto d’Autore della tutela su un messaggio pubblicitario (che nel caso di specie era anche stato registrato presso la SIAE) postula la dimostrazione dell’originalità del creato. Tale originalità deve escludersi nelle ipotesi in cui all’interno del messaggio pubblicitario sia utilizzato un marchio registrato avente una forte e autonoma capacità evocativa: il collegamento al marchio, infatti, fa venir meno il carattere creativo dello slogan considerato nella sua interezza.
Alla luce di questa posizione assunta dalla Cassazione è pertanto consigliabile agli ideatori di slogan pubblicitari di non agganciare un claim al marchio che si vuole sponsorizzare se si vuole ottenere la relativa tutela autoriale. Fermo restando come non si possa escludere a priori che l’eventuale accostamento di un claim pubblicitario ad un marchio lo renda privo di innovatività e creatività, dovendosi sempre procedere ad una valutazione caso per caso, è pur vero che un claim privo di riferimenti espliciti ad un marchio avrà maggiori possibilità di essere riconosciuto quale opera creativa proteggibile.
Nel caso di specie, peraltro, il messaggio pubblicitario controverso era stato registrato presso la SIAE. In proposito si segnala che tale registrazione ha efficacia meramente probatoria circa l’esistenza dell’opera alla data del deposito in quanto, come detto, la tutela autoriale prescinde da qualsiasi formalità o registrazione.
La decisione in esame pone peraltro l’attenzione sull’importanza di una idonea e preventiva regolamentazione contrattuale dello sfruttamento dei diritti d’autore su un’opera. Infatti, è molto frequente che una società commissioni ad un terzo, per esempio un’agenzia di marketing, l’ideazione di uno slogan da utilizzare nella campagna pubblicitaria di un proprio prodotto. Laddove le parti non provvedano a disciplinare adeguatamente la titolarità del diritto d’autore sullo slogan ideato possono sorgere in seguito, anche a distanza di anni e soprattutto dopo che lo slogan abbia già acquisito una certa notorietà, dei conflitti tra le parti. Inoltre, ogni cessione dei diritti di utilizzazione economica di un’opera protetta dal diritto d’autore richiede la prova scritta ai sensi dell’articolo 10 L. 633/1941 e, dunque, un’adeguata regolamentazione contrattuale. Diventa, pertanto, di fondamentale importanza avvalersi di professionisti competenti per contrattualizzare adeguatamente sia la commissione di uno slogan ad agenzie di marketing sia eventuali cessioni di diritti sullo slogan.
Una soluzione alternativa per la tutela di uno slogan pubblicitario che, a differenza della tutela ai sensi della Legge sul Diritto d’Autore, consente di ottenere una privativa titolata, è la registrazione dello slogan come marchio.
Il Codice della Proprietà Industriale (D.lgs. n. 30/2010) prevede alcuni requisiti indispensabili per la registrabilità di un segno come marchio, i quali trovano necessariamente applicazione anche nel caso di uno slogan: liceità, novità e distintività. Lo slogan, dunque, per essere registrabile come marchio, non può essere contrario all’ordine pubblico e al buon costume, non può essere identico o simile ad un claim precedentemente registrato e non può essere descrittivo dei prodotti o servizi contraddistinti.
Non è raro che l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (UIBM) neghi la concessione della registrazione ove ritenga che il segno proposto come marchio sia descrittivo e, dunque, carente di capacità distintiva, cioè inidoneo a distinguere i prodotti o servizi di un’impresa rispetto a quelli di altre imprese. Sull’argomento si segnala un’altra recente pronuncia della Suprema Corte (Cass. sez. I, n. 37697 del 23 dicembre 2022) che ha confermato la decisione dell’UIBM di diniego della registrazione di un claim per prodotti cosmetici in quanto privo di carattere distintivo.
La Suprema Corte, chiamata a pronunciarsi sulla decisione dell’UIBM, ha chiarito che la registrazione di marchi composti da segni o indicazioni che sono utilizzati quali slogan commerciali o espressioni incitanti ad acquistare prodotti o servizi cui detto marchio si riferisce non è esclusa in ragione di una siffatta utilizzazione. I segni utilizzati per scopi pubblicitari devono però rispettare i criteri di registrazione richiesti, incluso quello del carattere distintivo. Se è ben possibile che un marchio sia contemporaneamente percepito dal pubblico come un messaggio promozionale e al tempo stesso come una indicazione dell’origine commerciale dei prodotti, una volta che venga ritenuto sussistente il carattere promozionale del marchio è indispensabile accertare anche l’effettiva sussistenza del carattere distintivo. Sul punto, l’UIBM, come poi confermato dalla Cassazione, ha escluso la sussistenza di carattere distintivo nello slogan e negato conseguentemente la registrazione precisando che “lo slogan, per possedere carattere distintivo, non deve tradursi in espressioni comunemente utilizzate nel linguaggio, né limitarsi ad informare in termini comuni circa la natura o i vantaggi o le qualità del prodotto essendo invece indispensabile la compresenza di un quid pluris atto a farlo percepire dal pubblico come tramite di identificazione dell’origine commerciale dei prodotti consentendone la distinzione da quelli concorrenti”.
Se un marchio possiede tutti i requisiti per la sua registrazione, e la registrazione viene concessa – fermo restando il rischio di eventuali opposizioni o azioni volte ad accertare la nullità del marchio registrato – il titolare gode di una tutela che reca significativi vantaggi rispetto a quella autoriale. Infatti, il certificato di registrazione consente di individuare con certezza il titolare dei diritti sul marchio – mentre per la tutela autoriale è necessario fornire prova di essere l’autore effettivo dell’opera – e consente di avere una data certa a partire dalla quale far decorrere l’esistenza della privativa, ovvero la data di deposito.
In ogni caso, anche la registrazione come marchio presuppone delle valutazioni strategiche che richiedono l’assistenza di professionisti esperti in materia: in quali territori registrare il marchio, in quali classi procedere alla registrazione, la scelta tra marchio denominativo o figurativo.
L’operatore di settore, al fine di tutelare al meglio i propri claim e tutti gli investimenti sottesi alla loro creazione, dovrà allora avvalersi delle prestazioni di professionisti specializzati che possano offrirgli assistenza e consulenza nella registrazione di un marchio a livello nazionale ed internazionale, anche grazie ad un network capace di fornire servizi in modo integrato, multidisciplinare e a livello internazionale. Occorrerà, in primo luogo, l’assistenza di un consulente che provveda alla registrazione del segno, al mantenimento della relativa registrazione e al monitoraggio di possibili registrazioni in violazione della privativa registrata. Di fondamentale importanza, poi, è l’attuazione di un diffuso monitoraggio online (e, oggi anche nel metaverso) di eventuali contraffazioni, in presenza delle quali sarà necessario procedere immediatamente con le attività di notice and take down; tale monitoraggio può essere efficacemente realizzato anche attraverso l’ausilio di partner tecnologici.
Infine, per il migliore sfruttamento economico dei diritti sul proprio claim, occorre valutare anche la concessione in licenza o la cessione a terzi di tali diritti e farsi assistere nella negoziazione e redazione della relativa contrattualistica da professionisti esperti di proprietà intellettuale.
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