Appalti non genuini: rileva il potere direttivo esercitato direttamente dal committente tramite dispositivi informatici

A cura di Francesca Tironi

In linea con quanto già statuito nel 2019, il Tribunale di Padova si è recentemente pronunciato (3/3/23) in un caso in cui, nell’ambito di un appalto di logistica, i carrellisti impiegati dall’appaltatore utilizzavano, per lo svolgimento delle attività appaltate, alcuni strumenti di proprietà del committente (in particolare, un muletto dotato di un tablet in cui era indicato il luogo del prelievo dei pallet e il varco di uscita del carico, con tracciamento dello spostamento della merce attraverso lo scanner che l’addetto utilizzava per fotografare il codice a barre).

In questi casi, osserva la pronuncia in esame, se l’organizzazione del lavoro è basata essenzialmente su software e strumenti automatizzati (nei termini di cui sopra), il rapporto di lavoro va imputato al soggetto che abbia la disponibilità di tali sistemi e dei dati personali acquisiti tramite gli stessi (ossia il committente, nel caso di specie), dovendosi ritenere l’appalto di servizi non genuino.

Giova ricordare, sul punto, come un appalto genuino risulti tale qualora una parte (appaltatore) assuma, con organizzazione di mezzi propri e rischio di impresa, l’obbligazione di compiere per un’altra parte (committente) un’opera o un servizio a fronte di un corrispettivo (in sostanza, dovrebbero riscontrarsi l’organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore; l’esercizio, da parte dell’appaltatore, del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto; e l’assunzione da parte del medesimo del rischio d’impresa).

Orbene, la pronuncia in esame chiarisce che “Il sistema descritto sopra, come altresì confermato dalla ctu svolta, è un sistema altamente informatizzato … non vi è altra mediazione umana”; che “Il lavoro che carellisti e picker devono svolgere è puramente manuale e privo di autonomia”; concludendo che “dovendosi quindi rilevare, nel caso in esame, un difetto di organizzazione, quando un fattore decisivo, quale quello costituito dal sistema informatico, sia governato dal committente”.

Sulla scorta di questi rilievi, il Tribunale di Padova ha riconosciuto l’intermediazione illecita delle prestazioni rese dai soci lavoratori della cooperativa appaltatrice del servizio che si erano rivolti al giudice perché venisse dichiarata la costituzione ciel rapporto di lavoro con l’impresa committente e, quindi, disposto ii versamento di differenze retributive in relazione alle prestazioni lavorative svolte.

Trattasi, ovviamente, di un caso – quello analizzato dalla pronuncia in commento – sicuramente non frequente, ma che potrebbe diventare tale tenuto conto dell’evoluzione tecnologica in corso. Sul punto, se da un lato non si discute sull’attendibilità (e completezza) del ragionamento giurisprudenziale esposto, non si può fare a meno di considerare l’avvento di una ormai sempre più frequente digitalizzazione del lavoro (in tutti gli ambiti) che, forse, imporrebbe una maggiore flessibilità nell’approfondire talune fattispecie.

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